La diagnosi non invasiva in emergenza-urgenza

Diagnosi non invasiva: l’importanza crescente di ecografia ed ecocolordoppler

Di Danilo Scafi, Coordinatore infermiere di area critica
Federica Scoppetta Infermiere
Gino Capitò, Medico
Claudio Nazzaro, Medico

 

Diagnosi non invasiva: uno sguardo d’insieme

Nell’ultimo ventennio l’ecografia e l’ecocolordoppler sono stati oggetto di un crescente e generalizzato interesse in quasi tutte le specialità cliniche, in quanto metodiche di immagine ben accetta ai pazienti, di rapida esecuzione, di relativo basso costo, generalmente non invasiva, priva di controindicazioni ed in grado di fornire informazioni utili ed attendibili nel processo diagnostico-terapeutico di numerose situazioni cliniche. Tale interesse ha coinvolto anche la Medicina d’Urgenza e il Pronto Soccorso nell’ambito della quale il management del processo diagnostico-terapeutico è certamente peculiare.

Diagnosi non invasiva: la tempestività nella valutazione

L’impiego dell’ecografia-ecocolorDoppler in emergenza/urgenza ha il peculiare obiettivo della valutazione diagnostica del paziente acuto al più presto e in tempi brevi.

Basandosi sull’uso di apparecchiature trasportabili o portatili, l’ecografia è eseguibile anche al letto del paziente, a domicilio o in qualunque altra sede. Essa può fornire informazioni diagnostiche di natura morfologica e funzionale, strategiche nei processi decisionali della Medicina d’urgenza.

Diagnosi non invasiva nella vita del medico urgentista

L’Ecografia, pertanto, può entrare a pieno titolo nel bagaglio strumentale del medico urgentista, tanto da essere definita una sorta di “stetoscopio ottico”, in grado di consentire l’estensione dell’esame obiettivo, in termini anatomici e funzionali, alle strutture interne del corpo umano.

Le principali applicazioni ultrasonografiche ed i rispettivi obiettivi diagnostici nelle Emergenze/Urgenze sono riassunti nella Tabella 1.

Diagnosi non invasiva come supporto-guida

L’ecografia, inoltre, si presta come supporto-guida per procedure operative in emergenza/urgenza:

– Accessi vascolari centrali e periferici

– Pericardiocentesi

– Paracentesi

– Toracentesi

– Rimozione corpi estranei

– Aspirazione vescicole

– Impianto di pacemaker

Diagnosi non invasiva: lo sviluppo di problematiche

Sulla base di queste premesse si sviluppano le problematiche inerenti l’organizzazione logistica e le competenze professionali della metodica con il relativo percorso formativo.

L’allocazione delle risorse ecografiche rappresenta un problema della gestione ospedaliera, con un dibattito aperto sulla allocazione centralizzata o decentrata dei servizi ecografici. Da una parte vengono sollevate esigenze di economia di gestione a sostegno della centralizzazione; dall’altra vengono sollevate esigenze di competenza e di peculiarità specialistica, nonchè di migliore fruibilità per l’utenza, a sostegno del decentramento.

In realtà, in una visione generale, le due opzioni dovrebbero essere valutate secondo la tipologia di ogni singola realtà ospedaliera, in rapporto alle dimensioni, alla architettura, al livello ed al grado di diversificazione specialistica degli ospedali. Infatti, possono essere teorizzate due situazioni estreme, con scelte diametralmente opposte. Da una parte, il caso di un ospedale di

Una terza opzione, intermedia, più equilibrata ed in grado di rispondere con efficienza  piccole dimensioni, in monoblocco, in cui l’allocazione centralizzata potrebbe garantirebbe una economia di gestione, preservando l’outcome ecografico; dall’altro il caso di un ospedale di grandi dimensioni, in padiglioni e/o esteso su un’ampia superficie e con numerose competenze specialistiche, in cui sarebbe improponibile la centralizzazione unificata dell’attività ecografica.

Diagnosi non invasiva: problematiche peculiari

Se questo può essere un approccio di ordine generale, l’organizzazione dell’ecografia in emergenza/urgenza pone, tuttavia, problematiche peculiari, dipendenti da due principali fattori:all’insieme delle esigenze, è quella della centralizzazione per gruppi di unità operative, secondo cui centralizzare non significa unificare, bensì creare più gruppi di competenze specialistiche attorno ad un numero ottimale di risorse strumentali (ecografi), sulla base di criteri logistici, di affinità di competenze, di volume di esami, di peculiarità delle applicazioni. Un esempio potrebbe essere quello di laboratori ecografici dipartimentali. L’insieme di tali gruppi verrebbe a costituire nell’ospedale una rete di nodi centralizzati, in cui ogni nodo è rappresentato da uno strumento eventualmente multidisciplinare, cui afferiscono specialisti di più unità operative, in una logica di utilizzo intensivo della strumentazione e di potenziale interscambio culturale.

a) necessità di ridurre al minimo i tempi delle decisioni cliniche e dell’assistenza;

b) disponibilità di specifiche risorse, strumentali e professionali.

A seconda di tali disponibilità possiamo disegnare due diversi indirizzi organizzativi:

L’ECOGRAFIA PER O NELLA MEDICINA D’URGENZA

1) Nel primo caso varie Unità operative (Radiologia, Medicina Interna, Cardiologia, Ginecologia, ecc.) possono concorrere con le proprie risorse ecografiche a supportare i processi decisionali dei Medici d’Urgenza, con i limiti imposti dalla diversità delle competenze specialistiche e dalla logistica relazionale (contatti, spazi, percorsi, tempi, ecc.). In tale condizione le risorse della metodica sono orientate per l’UO di Medicina d’Urgenza, rimanendo esterne alla stessa.

2) Nel secondo caso la metodica viene organizzata all’interno dell’UO di Medicina d’Urgenza, secondo due possibili modalità operative:

a) allocazione di un ecografo multi-disciplinare nella Medicina d’urgenza (risorsa strumentale interna), utilizzato dai vari specialisti per la Medicina d’Urgenza (risorse professionali esterne); in tale condizione migliora la logistica per il paziente, ma non si modificano gli altri svantaggi, logistici e non, del ricorso a diversi specialisti;

b) allocazione di una ecografo multi-disciplinare nella Medicina d’Urgenza, utilizzato dai Medici Urgentisti (risorse strumentali e professionali interne); in tale condizione gli aspetti logistici assumono una valenza ottimale ed il paziente viene valutato, anche ecograficamente, dallo specialista dell’Emergenza/Urgenza, che riassume competenze pluri-specialistiche in un breve arco di tempo.

Diagnosi non invasiva: il paziente in stato di shock

Un esempio paradigmatico è quello del paziente che giunge al PS in shock: teoricamente la competenza ecografica è multipla, ma spesso il radiologo ha poca confidenza con l’ecocardiografia e viceversa il cardiologo con l’ecografia addominale, per non citare la necessità del ginecologo se il paziente è una donna in età fertile.

Il Medico di Emergenza, diversamente, può riassumere in sé una sintetica capacità di approccio al paziente acuto, anche avvalendosi direttamente dell’ecografi a, nell’ottica di migliora re e stabilizzare le funzioni vitali, nel più breve tempo possibile, definendo quindi le cause dello squilibrio per risolverle, per

mantenere il ri-equilibrio e prevenire complicanze; per assumere, infine, le decisioni più appropriate in merito a osservazione, ricovero o domiciliazione. In questo senso, ma non solo, l’impiego dell’ecografi a in emergenza è fondamentalmente volto a rispondere a pochi, specifici ed essenziali quesiti, quali la presenza di versamenti, attività cardiaca e altri richiamati nella tabella 1, potenzialmente e opportunamente gestibili dallo stesso  Medico d’Urgenza.

Più che per altre metodiche di immagini, infatti, la diagnosi ecografica costituisce un processo dinamico che si articola durante l’esame; ne consegue che la valutazione specialistica delle informazioni ecografi che non dovrebbe essere successiva bensì contestuale all’esame, in relazione alla interpretazione delle immagini, alla conferma o meno dei quesiti clinici pre-esistenti ed alla valutazione di quelli che possono essere indotti dallo stesso esame ecografi co.

Questo modello operativo, ancorchè ottimale, presuppone una adeguata competenza ecografica dei Medici urgentisti, sufficientemente estesa nell’équipe per garantire la presenza di un medico competente in ogni turno di lavoro.

La Letteratura al riguardo, essenzialmente statunitense, indica che il Medico d’urgenza è in grado di effettuare esami tecnicamente accettabili in circa il 90% dei casi, con una accuratezza diagnostica (valutata da altri specialisti) mediamente intorno all’80-90%, a seguito di un training di variabile durata. In questi

studi, l’esame ecografi co del medico urgentista era generalmente focalizzato su specifici problemi diagnostici: idronefrosi, aneurisma aortico, colelitiasi, versamento peritoneale, versamento pericardico e gravidanza extrauterina (pelvi), con una durata, per ogni esame, inferiore a 10 minuti.

Dal punto di vista normativo, la definizione della competenza ecografica (“chi” e “come”) non trova a tutt’oggi uno specifico riferimento giuridico, sostanzialmente perché l’ecografi a non costituisce una “specialità”, il cui esercizio è per Legge opportunamente regolamentato, bensì una “metodica diagnostica”, peraltro non radiogena, applicabile in diversi ambiti specialistici.

L’esigenza di tutelare l’utenza, la disciplina e gli stessi operatori è stata parzialmente colmata dal pronunciamento di Società scientifiche e del Consiglio Superiore di Sanità. Quest’ultimo, nel documento approvato il 21/7/1983, ha affermato che: “Per una corretta esecuzione dell’indagine ecografi ca è fonda-

mentale un’adeguata preparazione clinica, per cui la partecipazione ai corsi di perfezionamento in ecografica deve esser riservata a coloro che già possiedono una specializzazione in una delle materie attinenti i vari settori della diagnostica ecografica o una specializzazione affine”.

In pratica, la figura più idonea all’esercizio dell’attività ecografica, risulta quella del medico specialista nell’ambito della propria specializzazione, con competenza ecografica maturata attraverso corsi di perfezionamento universitari o corsi teorico-pratici di società scientifiche, qualora il piano di studi della specialità conseguita non avesse previsto l’insegnamento della diagnostica ecografica, sotto forma di insegnamento autonomo o di insegnamento nell’ambito della diagnostica strumentale.

UN DOCUMENTO ESSENZIALE

Più recentemente, questo orientamento è stato confermato dal documento congiunto sottoscritto dalle due società scientifiche che raggruppano il maggior numero di ecografisti italiani, la SIUMB e la SIRMN, la prima di natura multispecialistica, la seconda di natura radiologica.

Tale documento, fra l’altro, afferma che la competenza ecografica deve risultare costantemente aggiornata, tramite processi di formazione continua ed aggiornamento, con verifica periodica. In ambito italiano, tuttavia, non risulta acclarato lo standard del percorso formativo, in termini qualitativi e quantitativi, in grado di poter definire la citata competenza. L’obiettivo della formazione dovrebbe consistere nel raggiungimento della capacità, sia cognitiva che manuale, di acquisire e di interpretare le immagini ecografiche, attraverso corsi comprendenti lezioni teoriche, dimostrazioni ed esercitazioni pratiche. Esperienze statunitensi riportate in Letteratura (Mandavia e Coll., 2000) indicherebbero un corso di 16 ore in due giorni come sufficiente per fornire le basi teoriche sulle principali applicazioni dell’ecografia in emergenza. Il corso teorico andrebbe seguito da un training pratico che, secondo la statunitense ACEP (American College of Emergency Phisicians), dovrebbe prevedere la diretta esecuzione, validata da un supervisore, di almeno 25-50 esami per ognuna delle principali applicazioni d’emergenza (traumi, emergenze cardiache, aneurisma aortico, vie biliari, reni, pelvi, gravidanza 1° trim.). A nostro avviso, tuttavia, la tendenza a limitare il percorso formativo alle principali applicazioni di emergenza può costituire un elemento pericolosamente riduttivo del processo formativo, non offrendo gli strumenti cognitivi adeguati per affrontare le inevitabili problematiche di diagnosi differenziale, con conseguente rischio di errore diagnostico e delle relative conseguenze. Più corretto sarebbe un processo formativo che abbracci ampiamente anatomia, semeiotica e patologia nell’arco di circa 30 ore di lezioni teoriche, seguito da un training di dimostrazioni pratiche su modelli umani e portatori di patologia, in un arco di almeno 40 ore, e dalla diretta esecuzione e refertazione di almeno 250 esami, suddivisi nelle varie applicazioni d’emergenza, con sorveglianza e verifica di un tutor.

La SIUMB (Società Italiana di Ultrasonologia), che associa oltre 2.000 medici di tutte le estrazioni specialistiche, rilascia una Attestazione di Competenza in Ecografia dopo un iter formativo che prevede il superamento di due Corsi: 1) un Corso teorico di formazione della durata di circa 30 ore, articolato in 5 giorni consecutivi e tenuto una volta l’anno presso la sede del congresso nazionale societario; 2) un Corso pratico di almeno 80 ore, articolato in quattro settimane, consistente in un training presso Scuole ospedaliere o universitarie riconosciute dalla stessa Siumb, secondo predeterminati criteri di accreditamento. La Siumb, inoltre, organizza anche corsi avanzati o specialistici, per i quali l’accesso è preferenzialmente riservato a quanti hanno superato il percorso formativo generale. Ritenendo l’Ecografia in Emergenza/Urgenza una metodica specialistica applicata allo studio di diversi apparati, si può giudicare quanto meno opportuno un percorso formativo di base sovrapponibile a quello proposto dalla Siumb, in grado di fornire le basi di una ampia cultura ultrasonografica, seguito da uno specifico percorso specialistico in Emergenza/Urgenza, come quello proposto dall’ACEP. In pratica, andrebbe previsto: a) un primo livello di formazione ecografica generale, in grado di conferire le conoscenze di fisica, anatomia e semeiotica ecografiche e la capacità di distinguere il normale dal patologico, ossia di riconoscere le alterazioni e di definire le principali patologie; b) un secondo livello, specialistico, in grado di conferire la capacità di interpretare le alterazioni, ossia la capacità di definire le condizioni patologiche, soprattutto di quelle relative alla propria specialità. Sulla base dell’attuale scenario, è auspicabile che per la formazione ecografica in Emergenza/Urgenza venga definito uno standard formativo che contempli contenuti, tempi e modalità didattiche, periodicamente verificato e quindi rivalutabile nel tempo. A tal fine andrebbero anche individuate le sedi formative, presso strutture accreditate del SSN, secondo criteri predeterminati volti ad assicurare un livello quali/quantitativo adeguato allo standard atteso. Altresì, sarebbe opportuna l’emanazione di linee-guida volte ad ottimizzare indicazioni e modalità di esecuzione dell’indagine ecografica, anche in Emergenza/Urgenza. Allo stato attuale, in assenza di specifiche norme giuridiche, risulta centrale il ruolo delle società scientifiche per la definizione e la promozione dei percorsi formativi per l’Ecografia in Emergenza/Urgenza.

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