Terzo settore, abbiamo un problema: scoppia lo scandalo del CARA di Foggia

E’ un’inchiesta de L’Espresso, del giornalista Fabrizio Gatti, a far esplodere quest’oggi un grosso problema nel terzo settore. Un problema che si cristallizza nelle immagini del CARA di Borgo Mezzanone, vicino Foggia. Lì gli immigrati che hanno attraversato il Mediterraneo diventano “numeri” per il gruppo di cooperative bianche e rosse che compongono il consorzio “Sisifo” e il consorzio “Senis Hospes” (LEGGI).

Per tenere ammassati come bestie nel terzo centro di richiedenti asilo in Italia circa 636 esseri umani (ma dalla stima del cronista sono molti di più) vengono erogati 14.000 euro al giorno.

Il Diario di Fabrizio Gatti è un pugno nello stomaco al terzo settore. Definisce in maniera chiara come, per aumentare a dismisura i profitti dovuti dai 15 milioni di euro di appalto (più altri compensi straordinari) il campo sia diventato quasi peggio delle bidonville abusive che – sempre nel foggiano – fornivano (e forniscono) schiavi da lavoro nei campi di pomodori.
In sintesi, l’ammasso di persone che vengono messe nel CARA servono “ai gangster nigeriani per far prostituire le ragazzine”, a fornire “lavoratori in nero” per l’agricoltura della zona, e ad ammassare cani randagi. E chissà a cos’altro. Scrive Gatti:

La ragione del fallimento si trova già nella gara d’appalto per gestire il Cara: premiava il «maggior ribasso percentuale sul prezzo a base d’asta, pari a euro 20.892.600». Un cifra di partenza che equivaleva a 30 euro al giorno a persona. E il consorzio “Sisifo” di Palermo si è aggiudicato il contratto con uno sconto di 8 euro. Ha abbassato la diaria a 22 euro e rinunciato a quasi cinque milioni e mezzo in tre anni. La logica matematica ci suggerisce una sola cosa: o i funzionari della prefettura di Foggia hanno sbagliato a formulare i prezzi, o il consorzio della Lega Coop sapeva di non starci nelle spese. Anche se è davvero difficile pensare che 22 euro al giorno a persona non bastino a fornire il minimo di dignità.

LEGGI IL REPORTAGE SU L’ESPRESSO

 

Ma oltre all’inchiesta del giornalista Gatti per l’Espresso, è davvero interessante riprendere la relazione dell’osservatorio migranti su questa struttura, al capitolo “CRITICITA'”:

Dal punto di vista strutturale, la principale criticità del CARA è rappresentata dalle condizioni dei moduli abitativi e dei servizi, che in alcuni casi sono letteralmente fatiscenti o inservibili. Migliore la situazione nella parte del CARA ospitata dalle strutture in muratura originariamente concepite per ospitare il CPT, ciò crea tuttavia radicali disparità delle condizioni di accoglienza tra ospiti alloggiati nella prima zona ed ospiti alloggiati nella seconda.

Non sono state registrate particolari lamentele riguardo ad i servizi erogati, salvo una generale insoddisfazione per la qualità del cibo servito a mensa.

Più in generale, la tensione emotiva all’interno della struttura è alimentata dai lunghi tempi di permanenza in attesa di una risposta alla propria domanda di protezione internazionale. Il tempo di permanenza medio è di circa 6 mesi, ma sono numerosi i casi di persone che restano nella struttura per oltre 1 anno. Sono proprio gli ospiti “lungo degenti” a manifestare i maggiore problemi di natura psicologica e comportamentale, dovuti allo stress ed all’incertezza circa il proprio destino. Molto frequente l’uso di tranquillanti da parte degli ospiti, che a causa dello stato d’ansia manifestano disturbi del sonno.

L’ente gestore non tiene una statistica sistematica degli eventi critici. Atti di autolesionismo, o manifestazioni di protesta sono in genere legate all’andamento della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, ed aumentano in prossimità di scadenze particolarmente significative (convocazioni da parte della commissione territoriale, dinieghi). Nell’ultimo anno si sono verificate alcune risse tra gli ospiti, in genere dettate da motivi di contrapposizione tra le diverse etnie/nazionalità presenti.

Accanto a tali criticità, che sono tipiche di tutte le strutture analoghe, il CARA di Foggia Borgo Mezzanone presenta alcune peculiarità che lo rendono assolutamente unico. Il CARA è infatti una struttura “porosa”, all’interno della quale chiunque può intrufolarsi utilizzando uno dei numerosi varchi presenti lungo il perimetro del recinto. La situazione è senza dubbio aggravata dalla presenza, accanto alla struttura ufficiale, di un vero e proprio campo “informale” nato nei moduli abitativi abbandonati e mai dismessi siti sulla pista del vecchio aeroporto militare. Tra CARA e campo “informale” c’è una osmosi pressoché completa ed i passaggi tra l’uno e l’altro avvengono attraverso una serie di vistosi varchi presenti nella recinzione esterna del campo ufficiale. Ogni tentativo di chiudere tali varchi ha dato luogo a violente proteste, l’ultima delle quali è avvenuta nel gennaio 2013. Tale è l’anarchia che regna nella struttura che, in occasione del rientro delle navette dal centro città, il cancello centrale viene aperto senza che i militari effettuino alcun controllo sulle persone in ingresso. In questo modo gli ospiti del campo “informale” riescono tranquillamente a raggiungere quest’ultimo attraversando la zona del CARA, senza fare il periplo del recinto che lo circonda. Anche in questo caso, ogni tentativo di imporre una disciplina più rigida vietando il passaggio ai soggetti estranei non muniti di badge ha dato luogo a “vibranti” proteste. Gli ospiti del campo “informale” utilizzano le strutture del CARA e sovente pretendono con una certa insistenza di accedere ad alcuni dei servizi erogati (servizio mensa e pocket money soprattutto), causando numerose tensioni con gli operatori dell’ente gestore, che subiscono continue minacce ed intimidazioni. Di fatto non si è in grado di quantificare il numero esatto di ospiti del CARA, dato che anche all’interno della struttura numerosi posti letto sembrano essere occupati da persone che non avrebbero titolo all’accoglienza. Ciò alimenta l’insicurezza e rende molto complicata la gestione dell’ordine pubblico all’interno del CARA. Trovandosi a dover quotidianamente lavorare in condizioni di grave inferiorità numerica, in casi di eventi critici militari e forze di polizia limitano al massimo il loro intervento, cercando di gestire la situazione in attesa che la tensione scemi, oppure che intervengano rinforzi dall’esterno. La situazione di insicurezza che si vive all’interno del CARA è stata insistentemente sottolineata anche dagli ospiti della struttura che abbiamo avuto modo di ascoltare.

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