Dall'ergastolo all'assoluzione. L'infermiera Daniela Poggiali torna in libertà

La donna di 45 anni, ex infermiera nell’ospedale di Ravenna, è stata scagionata completamente in appello dalle accuse che – tre anni fa – hanno sconvolto la vita di una persona e attivato una macchina del fango contro un’intera categoria. Assoluzione perché “il fatto non sussiste”

BOLOGNA – La Corte d’Assise del Tribunale di Appello in secondo grado ha assolto l’ex infermiera Daniela Poggiali dalle accuse di omicidio premeditato volontario, nel caso della morte di una paziente 78enne presso l’ospedale di Lugo di Ravenna, in Emilia-Romagna. La donna era stata imputata e condannata all’ergastolo in primo grado perché – secondo l’accusa e il giudice – aveva iniettato una dose letale di potassio nell’anziana donna. In questo momento viene in mente la dichiarazione chock del giudice in primo grado, Corrado Schiaretti, che disse: “fredda, spietata, intelligente. Nemmeno lei (la Poggiali ndr) sa quanti pazienti ha ucciso”.

Dopo aver passato tre anni dietro le sbarre del carcere femminile, la Poggiali è quindi libera di tornare a casa. E’ caduto completamente il castello accusatorio della Procura di Ravenna, che aveva chiesto e ottenuto l’ergastolo riconoscendo la Poggiali colpevole di aver iniettato una dose letale di Potassio all’anziana Rosa Calderoni. Durante il periodo in carcere alla Poggiali è stato anche notificato l’avviso di conclusione delle indagini per il decesso dell’anziano Massimo Montanari, 95 anni, morto il 12 marzo 2014 nello stesso reparto dove la donna lavorava.

Condannata per uno scatto fotografico?

Nell’immaginario collettivo Daniela Poggiali è l’infermiera che posava sorridente a fianco di un morto.  E’ stata la foto che ha fatto il giro del web e che ha condannato la Poggiali molto prima del termine del processo di primo grado. Per quella foto la Poggiali ha cercato in tutti i modi di scusarsi, ma era troppo tardi.  Restava solo la Corte d’Appello, che ha visto arrivare sul tavolo dei giudici bolognesi una nuova perizia. Da lì, da una interpretazione di 3 medici super-partes, è iniziata ad accendersi una luce nuova sui fatti di Ravenna. I tre periti nominati dai giudici hanno stabilito – come riportato da un esauriente articolo de L’Espresso – che le cause del decesso della paziente potessero essere probabilmente naturali, per la paziente di 78 anni. Non è stato possibile identificare una patologia unica acuta che abbia causato con alta probabilità la morte del paziente. Secondo i periti interpellati dal Tribunale di secondo grado «la somministrazione rapida e letale di potassio sarebbe stata possibile solo dalla giugulare», ma questa «avrebbe dovuto causare l’arresto cardio-respiratorio nelle immediatezze dell’infusione». La paziente al centro dell’inchiesta invece morì circa un’ora dopo il passaggio dell’infermiera Poggiali dalla stanza di degenza.  Daniela Poggiali in questi anni ha continuato a proclamare la sua innocenza. E finalmente qualcuno sembra aver fatto chiarezza su tutto il procedimento. La Procura di Ravenna ha però fatto appello alla Corte di Cassazione.

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