Dentro la centrale 118 Emilia Ovest di Parma: come sarà il 112 che verrà in Emilia Romagna?

Visita nella centrale operativa di Parma, che ha già tutto ciò che serve per agire come NUE112 e sta sperimentando (e testando) diverse innovazioni tecnologiche.

A due anni dalla partenza del 118 Emilia Ovest, che serve un milione e 200 mila abitanti su un’area di 8.500 chilometri quadrati, e gestisce più di 128 postazioni contemporaneamente, che bilancio si può fare?

Il dr. Adriano Furlan, direttore della CO118 Emilia Ovest
Il dr. Adriano Furlan, direttore della CO118 Emilia Ovest

PARMA – Centrale Unica. Una parola che diventerà presto normalità per tutte le forze dell’ordine e di sicurezza in Italia, ma che sta ancora trovando diverse resistenze nell’applicazione totale. Quel NUE112 che dovrebbe essere il futuro, ad oggi è applicato in poche aree e il 2017 è già indicato come l’anno della svolta, con l’obiettivo di coprire 30 milioni di Italiani con il cosiddetto “Numero Unico”.

Bisogna però fare qualche piccola premessa, perché questa storia parte da molto lontano. Era il 1992 quando sono state conferite alle Regioni italiane le responsabilità di organizzare le reti di comunicazione per il soccorso 118. Una rete fondamentale in ogni paese, ma che in Italia è stata messa in piedi concedendo grandi spazi di autonomia alle Regioni, che si sono mosse rispetto a ciò che avevano a disposizione sul territorio, in relazione all’emergenza sanitaria.

Il viaggio di Emergency Live dentro il 118 parte da chi, fra i primi, ha interpretato il numero unico di soccorso: la Regione Emilia Romagna. Un po’ perché giochiamo in casa, un po’ perché abbiamo visto cosa è stato fatto in situazioni limite (ricordiamo bene le fasi drammatiche dell’alluvione di Parma, con metà Emilia senza linea telefonica per l’allagamento della centrale Telecom e le soluzioni ingegnose applicate dal 118 e dalla Protezione Civile per operare e “sentire” il territorio), la nostra scelta è stata quella di partire dal servizio guidato dal dottor Adriano Furlan e dal dottor Antonio Pastori,  responsabile infermieristico. Quindi ci siamo trovati in una atipica, temperata, mattina di dicembre a visitare la CO di Via del Taglio, a Parma: 8 professionisti a turno che gestiscono un milione e 200 mila abitanti, quasi 9.000 chilometri quadrati di area geografica,  quasi 115 mila chiamate all’anno di cui 23.500 codici rossi.

Il dr. Antonio Pastori, coordinatore infermieristico della CO118 Emilia Ovest
Il dr. Antonio Pastori, coordinatore infermieristico della CO118 Emilia Ovest

Una centrale che vive su un’organizzazione capillare dei compiti, divisi in quattro aree tematiche: pre-filtro, primo contatto(call taker), gestione ordinaria e gestione elisoccorso (call dispatch). Quattro centri nevralgici seguiti in un open space dove tutti possono vedersi e capire – nei momenti più complessi e concitati – quali sono i carichi dei rispettivi colleghi, come proseguire nella telefonata e quali sono i servizi più vicini da attivare per servire al meglio i pazienti che richiedono l’aiuto del 118.

Dal 118 al 112: 25 anni di innovazioni e miglioramenti che non si possono dimenticare

Ma dato che il nostro viaggio – come abbiamo detto – parte da lontano, abbiamo affrontato il tema 118 con Antonio Pastori, responsabile Infermieristico del 118 di Parma, partendo dall’inizio: “Quando il progetto 118 è partito c’era una grande differenza fra nord, centro e sud Italia” spiega Pastori. “Mentre in Lombardia, Emilia e Piemonte la grande presenza di Croce Rossa Italiana e Associazioni di Volontariato ha permesso una capillarità sanitaria molto forte, dando alla rete dell’emergenza una sicurezza di sviluppo molto avanzata, in altre regioni il sistema era poco presente. In Basilicata per esempio, è stato necessario un grande lavoro per rendere capillare il servizio”.

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L’operatività della CO è garantita da uno spazio completamente open di grandi dimensioni, dove con una occhiata si possono capire il carico di lavoro dei colleghi e le necessità

Da questo dato parte per forza un’analisi più approfondita della funzionalità del 118 e delle esigenze che l’operatore di emergenza sanitaria sente in maniera più pressante: la necessità della localizzazione e della valutazione della criticità della situazione.

“La richiesta Europea di attivazione del NUE112 – spiega Pastori – ha fatto partire alcune sperimentazioni. Tra queste la regione Lombardia nel 2011 ha attivato il Call center laico NUE112 di Varese, replicato poi a Brescia, a Milano ed usato in seguito come modello anche dalla regione Lazio sul distretto telefonico 06 di Roma.

Ad oggi  la funzione indirizzo per l’attivazione del NUE 112  è assegnata al Ministero dell’Interno  che ha il compito di coordinare, sulla base dell’esperienze pilota di Lombardia e Lazio, i vari attori per l’attivazione delle CUR (centrali uniche di risposta) di primo livello  su tutte le Regioni italiane”.

Emilia, unica a dividere il passaggio di riforma delle centrali dall’introduzione del 112

L’Emilia Romagna però non è stata con le mani in mano. Avendo attivato per prima il 118 nel 1992, è stata anche tra le prime regioni che si è dotata di centrali operative 118  d’area vasta in tutto il suo territorio, costruendo così le basi tecnologiche ed organizzative per il consolidamento del sistema, anche in vista dell’introduzione del NUE 112. Nel 2014 viene definito dal Ministero dell’ Interno  il calendario per l’introduzione del NUE integrato (si tratta  in pratica di una infrastruttura tecnologica che pur non prevedendo l’istituzione di una CUR di primo livello permette alle centrali esistenti Emergenza Sanitaria, Polizia,  Carabinieri e Vigili del Fuoco di accedere alla posizione del chiamante e di scambiare efficacemente la scheda contatto tra le varie forze coinvolte nella gestione dell’emergenza). Attualmente in Regione Emilia Romagna questo servizio è attivo sulle province di Ravenna, Forlì, Cesena, Rimini e Modena.

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