Ebola e razzismo, quando la malattia peggiore è l'ignoranza

“Se la bimba africana entra a scuola, noi non facciamo entrare i nostri figli”. E’ iniziato così il terribile primo giorno di scuola per una famiglia dell’Uganda a Roma, dopo il rientro per una vacanza in Uganda, terra di origine dei genitori. Contro la piccola si sono scagliate le mamme dei compagni d’asilo, che si trova a Fiumicino. Una volta saputo del viaggio della bimba hanno parlato con le maestre e posto l’aut-aut.

Il caso è stato sollevato a ottobre, ma è bene tornarvi sopra per sottolineare come il pericolo maggiore che si corre in caso di pandemia è il rischio psicosi dovuto a troppa ignoranza sul tema. A partire dalla conoscenza sanitaria del problema e del rischio di contagio, si arriva fino ad una mancanza di conoscenza anche geografica della situazione. L’Uganda infatti, paese dove la famiglia si era recata in viaggio, dista 6500 chilometri dalla Liberia. Se ci limitassimo solo a questo dato, Palermo sarebbe più a rischio perché dista dal focolaio Ebola africano meno di 5.800 chilometri.

Il papà della bambina ha raccontato la storia al quotidiano on line In terris: «Abbiamo passato giorni di angoscia – racconta al quotidiano Eppure non c’era alcun motivo reale per poter solo immaginare qualche rischio; l’unica spiegazione è che venivamo dall’Africa. Ma l’Uganda non è un paese contagiato e comunque ho fatto fare alle mie figlie tutte le analisi necessarie a stabilire la loro totale buona salute. Non solo, ma mia figlia non ha avuto alcun sintomo particolare, né una febbre né un raffreddore. Ciò che è accaduto è pura follia».

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