Ecco le linee guida d'intervento post-sisma della Protezione Civile

E’ stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2014 la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 14 gennaio 2014 relativa al Programma nazionale di soccorso per il rischio sismico. La Direttiva fornisce – per quanto riguarda il rischio sismico – le indicazioni per la redazione della pianificazione dell’emergenza, in particolare di livello nazionale, in continuità con le indicazioni riportate nella Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 dicembre 2008, presupposto indispensabile per assicurare la capacità di allertamento, attivazione e intervento del Servizio nazionale della protezione civile in caso di emergenza.

Dopo il terremoto del 2009 in Abruzzo e quelli in Emilia Romagna e nel Pollino del 2012, infatti, è emersa la necessità di superare il classico approccio alla definizione di scenario di riferimento contenuto nei piani di emergenza nazionali, che non devono essere tarati per fronteggiare un singolo evento di riferimento, anche se storicamente significativo, ma devono consentire l’intervento rispetto a qualsiasi terremoto nell’area oggetto di pianificazione. Tappe importanti per la redazione del documento sono state le attività di pianificazione realizzate in occasione delle due esercitazioni nazionali di protezione civile che si sono svolte in Calabria nel 2011 e in Basilicata nel 2012. La Direttiva è stata condivisa con le Regioni e le Province Autonome, con le strutture operative nazionali, con le aziende dei servizi essenziali e di viabilità, ed è stata approvata in Conferenza Unificata a novembre 2013.
La pianificazione di emergenza per il rischio sismico. La pianificazione dell’emergenza di protezione civile è un’attività di sistema, cui devono concorrere tutti i soggetti competenti, ed è su questo presupposto che la Direttiva dà indicazioni per definire i piani di emergenza ai vari livelli. L’efficacia della risposta del Sistema nazionale della protezione civile a un’emergenza, infatti, è fortemente condizionata dalla piena e completa definizione di adeguati strumenti di pianificazione comunali, intercomunali e provinciali e dalla definizione del modello d’intervento regionale. Queste pianificazioni, da un lato, devono fornire indicazioni sulle modalità di attivazione del sistema territoriale di protezione civile e, dall’altro, riportano gli elementi conoscitivi di base utili alla piena applicazione del modello d’intervento nazionale.
Il modello d’intervento. Il Programma nazionale di soccorso per il rischio sismico stabilisce che nei piani di emergenza deve essere definito il modello d’intervento, che riporta l’insieme delle azioni e degli elementi funzionali alla gestione operativa che consentono di fronteggiare una situazione di emergenza. Il modello d’intervento definisce ruoli e responsabilità dei vari soggetti coinvolti, con il relativo flusso delle comunicazioni, e individua anche i luoghi del coordinamento operativo. In emergenza, vista la complessità delle attività da realizzare e la numerosità dei soggetti coinvolti, il lavoro è organizzato per obiettivi assegnati alle diverse funzioni di supporto attivate nei centri di coordinamento. Tutti gli enti e le amministrazioni competenti in ordinario rispetto alle diverse tipologia di attività contribuiscono al raggiungimento di questi obiettivi. L’attivazione delle funzioni di supporto è comunque flessibile e variabile a seconda delle caratteristiche dell’evento.
I Piani nazionali. La Direttiva introduce per la prima volta la definizione dei Piani per l’attuazione delle misure di emergenza o Piani nazionali (art. 5, comma 2 della legge n. 401/2001), da redigere su scala regionale, e composti da una prima parte descrittiva sulla struttura organizzativa nazionale e da una seconda con l’organizzazione di protezione civile e gli elementi conoscitivi del territorio.
La struttura organizzativa nazionale, articolata per funzioni di supporto, è indipendente dalla localizzazione dell’evento e individua gli obiettivi e le azioni che vengono realizzate, in caso di emergenze nazionali, dal Comitato operativo della protezione civile e dalla Direzione di Comando e Controllo. L’organizzazione di protezione civile e gli elementi conoscitivi del territorio di una determinata regione, invece, sono definiti in base alle informazioni fornite dalle Regioni e dalle Province Autonome al Dipartimento della Protezione Civile, e che sono contenute nei piani di emergenza regionali e provinciali. Gli elementi contenuti nella seconda parte dei Piani nazionali permettono di perseguire gli obiettivi riportati nella struttura organizzativa nazionale.
I Piani di settore delle componenti e delle strutture operative. La Direttiva stabilisce che le componenti e le strutture operative devono predisporre pianificazioni di settore che consentano l’integrazione del proprio modello organizzativo per l’intervento in caso di emergenza di protezione civile, con le attivazioni dei livelli nazionale e territoriali, nel rispetto dell’organizzazione interna e della propria catena di comando e controllo.
La verifica dei Piani, la formazione e la comunicazione. Il Programma nazionale di soccorso fornisce indicazioni per aggiornare e verificare i piani di emergenza, anche attraverso periodiche esercitazioni e prevede che vengano promossi percorsi formativi per gli operatori chiamati a partecipare alla redazione e all’attuazione dei piani, nonché iniziative e percorsi educativi sulla cultura di protezione civile, soprattutto per supportare i Sindaci nella comunicazione ai cittadini dei contenuti dei piani di emergenza.

 

 

CLICCA QUI PER IL TESTO

Potrebbe piacerti anche