Mancano le ambulanze: pazienti bloccati per ore sulle barelle

PISA. Quattro ore di attesa per aspettare un’ambulanza con cui spostarsi per non più di 250 metri. Tempi lunghissimi per distanze ravvicinate. È successo al Santa Chiara mercoledì pomeriggio, ma non è che a Cisanello si viaggi su altre velocità. Il disagio è dovuto all’incontro da un eccesso di domanda di trasferimenti interni tra padiglioni e una scarsità di mezzi con cui garantire il servizio. Il risultato è un ingorgo quotidiano che non tutti i pazienti, sistemati su barelle o carrozzine, affrontano con lo stesso spirito di rassegnazione.
Al Santa Chiara una pensionata di 72 anni, ricoverata in Medicina Generale è stata sottoposta a una visita in un edificio lontano non più di 250 metri, ma da raggiungere in ambulanza perché la paziente non camminava da sola.

«Era digiuna dalla mattina – spiega il figlio –. Alle 13 la visita si è conclusa e fino alle 17 non c’è stata un’ambulanza disponibile per riportarla in reparto. Al personale sanitario ho detto che ce l’avrei portata io con la mia auto, ma mi hanno risposto che non era possibile. Mi hanno spiegato che la mattina ci sono due mezzi, mentre il pomeriggio ne circola solo uno. Niente da dire ai volontari del servizio, per carità, ma è il sistema che non funziona per come è stato pensato. Prima di mia madre c’erano quaranta persone di cui occuparsi».
Un’attesa che, moltiplicata per la frequenza giornaliera, diventa un disagio quotidiano che si somma ai pensieri già di per sé poco sereni di chi è ricoverato.

Non è andata tanto meglio, ma le storie nella loro lentezza si somigliano tutte, a un degente di Cisanello, residente a San Giuliano Terme. Da due mesi è in ospedale. È sopravvissuto a un gravissimo incidente stradale. Lo assiste la moglie, Maria Avanzini, che l’altro giorno è stata testimone di un episodio in cui il coniuge per diverse ore è diventato un “pacco” in attesa di destinazione. «Purtroppo, in un ospedale dell’importanza di quello di Cisanello con reparti di eccellenza che sono un punto di riferimento anche a livello nazionale, per i tagli selvaggi effettuati ci sono solo 3 ambulanze interne al mattino e 2 al pomeriggio – esordisce la moglie del paziente –. La conseguenza è che i malati sono costretti, dopo avere effettuato le visite, a stazionare in barella anche per 2-3-4 ore in corridoi tra correnti d’aria in attesa dell’ambulanza di ritorno».
La visita specialistica era fissata per 12. Il ricoverato è stato preso in consegna alle 12,30. Era digiuno perché i pasti vengono forniti alle 13.

«Ho chiesto che venisse portato via direttamente con la sedia su cui era già seduto per evitare trasbordi successivi dalla barella ad un’altra sedia e viceversa – aggiunge la donna –. Non è stato consentito con la giustificazione che le ambulanze in dotazione non sono attrezzate per il trasporto di sedie a rotelle. In realtà direi che non sono idonee neanche per il trasporto delle barelle da momento che non vi sono fermi per bloccarle al pavimento dell’ambulanza e durante il tragitto la barella non solo si muoveva ma dovevamo reggerla in due». Arrivati nel reparto non c’era il sollevatore e l’uomo stato messo su una sedia a rotelle grazie alla disponibilità del medico e di una infermiera che l’hanno alzato con le braccia. Alle 13,45 l’infermiera ha chiamato l’ambulanza di ritorno, ma nonostante i numerosi solleciti è stato prelevato solo alle 15,30.
«L’attesa è stata snervante: mio marito, per giunta digiuno, ha avuto una crisi (erano 15 giorni che non ne aveva più), ha dato in escandescenze, minacciava di buttarsi dalla barella, accusava dolore a una gamba – prosegue lo sfogo –. Io non riuscivo a calmarlo. Ho protestato vivacemente anche telefonicamente con il centro operativo ma l’ambulanza non arrivava, ero esasperata e francamente non so cosa sarebbe potuto accadere se non ci fossi stata io accanto a lui».

La lunga attesa, regola giornaliera in un periodo di picchi influenzali, rischia di mettere in secondo piano quello che chi entra a Cisanello non mette in dubbio: la qualità delle cure. Conclude la moglie del paziente: «È scandaloso che in un ospedale come quello di Pisa, dove in questi mesi ho potuto apprezzare la grande professionalità e umanità di tutti i medici, gli infermieri, gli operatori in tutti i reparti in cui mio marito è stato ricoverato, ci siano inefficienze del genere che gettano ombre e discredito su un’azienda che è sempre stata un vanto per tutta la città».

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