Verso una missione di soccorso perfetta

Testo di: Rommel Jadaan, medico, Specialista di Medicina Interna e di Medicina d’urgenza SUEM 118, Crespano del Grappa. 

Imparare dalle difficoltà e dagli errori di altri e, loro, dalle nostre

Ogni intervento può essere fatto meglio: qualche volte piccole cose potevano essere fatti meglio, qualche volta grandi cose potevano essere fatte meglio. Qualche volta erano cose che “per un pelo” non accadevano, qualche altra volta gli errori sono capitati, sono stati commessi.

Gli errori subentrano nel soccorso come aspetti giuridico/legali, legati al codice civile o a quello penale. Per questo motivo gli errori possono essere giudicati tali solo dopo sentenze definitive, spesso pubbicate su internet o sui giornali.

Ma più degli errori, vanno analizzati i momenti e le situazioni difficili, quelle che chiamiamo criticità. Sono quelle cose che “per un pelo” non sono accadute, per vari motivi. In queste criticità ci sono quelle che possono accadere a TUTTI in ogni singolo turno. Per fortuna molti sono rari, e si vedono poco. Ma avendoli vissuti si impara cosa NON FARE in certe situazioni.

Un esempio di un problema che potrebbe accadere con qualsiasi operatore in servizio: un Target complicatissimo da raggiungere, per diversi motivi. Se la “prima” squadra che ha avuto questa concreta difficoltà nel trovare la località non informa o non comunica agli altri operatori i problemi del percorso, le varie soluzioni proposte e il modo in cui sono arrivati al punto, l’unica conclusione è che – molto probabile – la prossima squadra in un futuro avrà lo stesso problema.

Un problema raro che ogni soccorritore potrebbe affrontare nella propria carriera è la gestione di un paziente psichiatrico, affetto da psicosi o da disturbo dissociativo dell’identità che mostra “di essere poseduto da un “ demone” con tutta la “sintomatologia” che si può osservare in vari film (o in casi reali come questo).

Altri esempi più frequenti sono l’errore con il farmaco, da asportare o da contrastare perché nessuno se ne è accorto in tempo. Oppure l’avere silenzio radio perché durante tutto il tempo dell’intervento è rimasta impostata su un canale sbagliato. Così magari non si riesce ad avere un supporto per il trasporto del paziente che in qualche intervento può essere più sicuro o più facile per le nostre schiene.

Se ogni uno di noi si mette un attimo a pensare ed a parlare dell’ intervento appena fatto, salta fuori un DEBRIEFING perfetto. Questo processo però come tutti sappiamo viene esercitato sempre troppo poco, e così si perdono un numero incredibile di idee su come quell’intervento poteva davvero essere fatto meglio. Idee che, non espresse, si perdono o diventano convinzioni errate. Questo conferma che parlare insieme nei limiti del rispetto personale e professionale ci fa semplicemente diventare migliori.

Quante volte ci troviamo a sentire: “Oh Dio, è successo anche con me!” oppure “si, mi è capitato anche…”. Questo indica che quel problema o quella criticità sono tanto comuni che vale davvero la pena di parlarne in team un attimo in più, per approfondire e per capire il grado di criticità e la probabilità di ripetizione.

Coinvolgeteci con le vostre esperienze personali. Possiamo analizzare ogni caso con un medico del 118, un infermiere del 118 ed in casi di criticità relativi alla guida anche con un Autista esperto del 118.

Volontari e Professionisti sono invitati a condividere le loro esperienze: Ovviamente l’anonimato è garantito. L’esperienza condivisa verrà condivisa agli esperti solo con informazioni sull’intervento.

Secondo voi, come si potrebbe fare meglio un debrefing con i colleghi per evitare che in futuro succedano ancora problemi?

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