[CASE REPORT] PNX iperteso: un codice verde traumatico... con brutta sorpresa

Una calda fine mattina d’estate, il telefono del 118 squilla e chi è di turno al centralino risponde. Ci attivano per un trauma da caduta con un codice verde. Usciamo io e l’autista, un dipendente (il sottoscritto qui in Italia svolge servizio volontario come soccorritore dato che la figura del paramedico ed il mio diploma di CLS-P non sono riconosciuti). In uscita dalla sede confermo telefonicamente la partenza alla centrale e, pignolescamente, ne approfitto per chiedere lumi sull’evento e sulle condizioni del paziente. Mi viene risposto trattarsi di una caduta non bene identificata e che le indicazioni fornite dal chiamante erano state confuse; l’operatore mi dice quindi di ‘…andare a vedere e di tenerlo informato…’.

UN VERDE PREOCCUPANTE
Giungiamo sull’obbiettivo senza dispositivi (il verde non ne prevede l’uso nel nostro territorio di competenza), si tratta di una concessionaria chiusa per ferie. Mentre avviso la centrale dell’arrivo sull’obbiettivo vedo una donna agitata e spaventata nel piazzale che ci aspetta. Mi presento e mi qualifico insieme al collega ed alla mia domanda sul motivo della chiamata mi risponde che suo padre è caduto accidentalmente. Trovo l’uomo, sui cinquantacinque anni, seduto su una seggiola all’interno dei locali, con accanto un’altra figlia che insieme alla sorella lo stava aiutando mentre egli faceva qualche lavoretto di manutenzione. Osservo l’uomo e noto subito che non risponde alle mie domande e che presenta un vistoso ematoma delle dimensioni di un mandarino in sede temporale destra. È confuso, non orientato, respira affannosamente ed è bagnato, ma mi viene specificato che una delle figlie ha tentato di limitare l’ematoma tamponandolo con acqua fredda. Do priorità al rachide e lo immobilizzo manualmente mentre il collega applica il collare e poi si sostituisce a me al rachide, per consentirmi di valutare il paziente.
La situazione è preoccupante, anzi, non mi piace per niente, ed insisto con le figlie per sapere la dinamica della caduta e da quanto è avvenuta. Mi indicano il ponteggio del piazzale antistante e dicono che il padre è caduto dal primo livello del medesimo circa un quarto d’ora prima e che si ė trascinato da solo all’interno dei locali.

COLLABORAZIONE E REATTIVITA’
Si tratta quindi di trauma da dinamica maggiore ed il paziente ė un potenziale politraumatizzato. Contatto immediatamente la centrale mentre chiedo alla figlia di tenere bloccata la testa del padre esattamente come sta facendo il mio collega e di non lasciarla per nessuno motivo. Dico quindi al collega di preparare immediatamente una maschera con reservoir e somministrare O2 al massimo flusso possibile.  Sto attendendo che l’operatore mi risponda e continuo ad osservare il paziente che risulta tachipnoico (conto circa otto atti respiratori in quindici secondi) in aumento, un polso radiale che quasi non riesco a sentire e, soprattutto, mi pare di notare una asimmetria degli emitoraci. Eseguo un veloce report telefonico all’infermiere di centrale sottolineando che il paziente è in peggioramento e questi mi comunica che l’automedica di zona è impegnata su un altro intervento, e che quindi, dirotterà l’ambulanza medicalizzata da un’altra sede che arriverà in circa venti minuti. Gli dico anche che mi sto preparando eventualmente a ventilarlo con O2 ai max flussi. Avverto il collega che già sta sgranando gli occhi nell’ascoltare la comunicazione, circa i tempi di arrivo del medico e questi, consapevole della gravità della situazione, inizia a protestare e a dirmi che dobbiamo evitare qualsiasi iniziativa ed attendere il suo arrivo. Gli rispondo che ho bisogno di lui e gli faccio capire che il paziente probabilmente non ha tutto quel tempo. Si oppone e malgrado la mia gentilezza e determinazione, riesco a convincerlo solo dopo avergli detto che mi assumerò tutta la responsabilità dell’intervento.

IMMOBILIZZAZIONE E PNX IPERTESO
A questo punto la priorità ė immobilizzare il paziente su asse spinale e prepararsi a ventilarlo. Ci accordiamo sulla manovra di abbattimento e mentre io tengo immobilizzata la testa del paziente, il collega fa in modo che la seggiola su cui è seduto si appoggi con lo schienale a terra. Quindi il collega posiziona l’asse vicino alla seggiola e poi delicatamente fa scivolare via quest’ultima da sotto la schiena del paziente tirandola da sotto le gambe, il quale risulta ora allineato supino a terra. Con il collega ora alla testa e l’aiuto delle figlie eseguiamo sincronizzati un veloce log-roll e posizioniamo il paziente sulla spinale, dopo che il sottoscritto ha ispezionato tutto il rachide. A questo punto mi prendo il tempo anche di auscultare vertici e basi dei polmoni e sento dei crepitii in quello destro, rumori che mi fanno sospettare un PNX iperteso, esito compatibile con la caduta da circa tre metri sul fianco destro, associato all’evidente trauma cranico. Prima che il collega copra con la metallina ed immobilizzi definitivamente il paziente sulla spinale, verifico le pupille che risultano subreagenti e miotiche, valuto torace, addome, arti che non mi danno segni preoccupanti e velocemente collego l’ambu alla O2.

Inizio a ventilare ed erogando 15 l/min il saturimetro indica una SpO2 pari all’87% e una Fc=130; la Fr=28 e la Pa=75/45. Sincronizzo la mia ventilazione col respiro del paziente la cui frequenza inizia a scendere pur rimanendo ovviamente in respiro spontaneo. La manovra da i suoi frutti perché percepisco gradualmente un distress respiratorio minore ed un respiro più regolare anche se, comunque, crepitante. Devo andarci cauto durante le ventilazioni per non aggravare la situazione con pressioni troppo intense ed improvvise. Trovarmi di fronte alla necessità urgente di un drenaggio toracico che non posso fare non è una prospettiva simpatica, oltre al fatto che non sono in grado di stimare i danni neurologici.

Il collega richiama la centrale per farsi dare una stima aggiornata sui tempi di arrivo del medico e ci dicono che la cavalleria sta arrivando.

Sono circa altri dieci/quindici minuti intensi perché sono consapevole della gravità del paziente e sulla possibile evoluzione delle sue condizioni. Deve essere intubato e trattato farmacologicamente, molto probabilmente drenato, ed io non posso farlo…
Iniziamo a sentire la sirena in arrivo sempre più vicina fino a quando arriva il medico, faccia conosciuta e stimata; gli faccio un veloce end-over e lui, dopo aver valutato e auscultato il paziente, emana la sua diagnosi: PNX iperteso, trauma cranico e shock ipovolemico con sospetta frattura clavicolare.

Mi faccio da parte per fare spazio alla squadra sopraggiunta ma il medico mi chiede di supportarlo continuando a ventilare il paziente prima di intubarlo e poi di assisterlo durante questa fase. Sono francamente felice di poter lavorare con lui ma continuo a dare occhiate al paziente e prego che ce la faccia. Dopo averlo intubato e trattato, lo caricano e lo portano via in codice rosso.

A distanza di qualche ora portiamo un altro paziente in PS e chiediamo notizie del paziente precedente.

La diagnosi finale è: PNX iperteso, emorragia cerebrale, frattura della C2, frattura della clavicola dx. È ancora in sala, grave, ma le condizioni sono stabili.

Successivamente verrò a sapere che è in reparto dopo alcuni giorni di permanenza in rianimazione.

RIFLESSIONI
A posteriori mi faccio alcune domande: se non fossi riuscito a convincere il mio collega come sarebbe andata a finire?

Oltre agli eventuali effetti sul paziente, che risvolti legali avrebbe potuto implicare il mio operare alla luce dell’obbligo di legge di agire, avendo un titolo ma non riconosciuto in Italia?

In contesti extra-nazionali sarebbe stato praticamente un intervento di normale routine ed avrei anche potuto fare ben altro ovvero trattare il paziente opportunamente, ecc.

Ma la vera questione che mi sta a cuore è un’altra: credo che l’emergenza per sua natura sia materia critica e che nessuno possa prevedere con precisione matematica un intervento ‘banale’ da uno complesso. Non posso quindi condividere affatto la tesi di chi afferma che l’80% delle chiamate sono cose sciocche e quindi che la possibilità di andare incontro ad un evento ingestibile sia prossimo allo zero.

Intendo affermare che chi ha il compito istituzionale di gestire l’emergenza extraospedaliera troppe volte si scorda che sta scommettendo sulla pelle dei paziente e sulla responsabilità del soccorritore.

C’è un vuoto ed una contraddizione normativa enorme che devono essere sanati ma anche la necessità di una presa di coscienza collettiva sui parametri, gli standard, l’organizzazione e la formazione del personale dell’emergenza sanitaria extraospedaliera.

Orlando F. Valente
CLS-P & soccorritore prof. TEMSI

Breve profilo professionale
Sono un professionista della sicurezza, tecnologica e personale, ed ho conseguito una laurea in Computer Science (informatica) ed una in Emergency in ambito militare (emergenza/urgenza per paramedici CLS-P).  Ho maturato le mie esperienze all’estero, in aree a rischio. Ho avuto la soddisfazione di frequentare il I corso TEMSI (Harvard / Boston EMS) presso la facoltà di Medicina di Firenze di cui sono divenuto successivamente docente.
Sono formatore di Primo Soccorso per alcuni enti certificatori nazionali ed internazionali nonché formatore BLS-D. Collaboro con alcune società nella formazione del personale sanitario impiegato in aree a rischio. Adoro l’emergenza extraospedaliera e credo nella crescita professionale del personale dedicato a questa; svolgo quindi anche servizio volontario come soccorritore in Italia e come paramedico in India presso ospedali rurali.

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