La Squadra, cosa fare per formare un perfetto team di soccorso

Team di soccorso, un “case”. Il 3 Maggio 2006, in seguito al passaggio di qualifica, ho preso servizio al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Torino come “Capo Squadra”. Sono stato assegnato alla squadra 61: il distaccamento provinciale permanente di “Stura” turno “B”, con le funzioni di Capo Partenza. Quello era il mio primo “comando”, e ripensando a uno dei più famosi racconti di Joseph Conrad, quella era anche la mia “linea d’ombra”: Ero pronto a superarla?

In una mattina di primavera incontrai quei colleghi con i quali avrei lavorato per 3 mesi, giorno e notte, in decine di interventi, e con i quali ho condiviso episodi tragici, stressanti, la fatica di un lavoro a volte davvero pesante, ma anche momenti piacevoli.

Come impostare il rapporto tra me e queste persone?

Questa è stata la prima domanda che mi sono posto. Ecco una proposta per fare di un gruppo di persone una squadra…e questa non è una fiction!

Team di soccorso, il primo problema del capo squadra:

Il primo problema a cui si trova di fronte il capo squadra e, più in generale, il team leader, che per la prima volta incontra la “sua” squadra, è quello di conoscere le persone; non solo per ricordarsi i nomi di ognuno, ma soprattutto per capirne il carattere, le particolari competenze e le modalità di risposta al verificarsi di una determinata situazione, con lo scopo di interagire con loro al meglio e gestire correttamente le risorse a disposizione.

“La prima impressione è quella che inganna”.

Quest’affermazione può essere vera; è altrettanto indiscutibile, però, che gli elementi che si possono raccogliere dall’osservazione del comportamento delle persone, rivelano l’essenza di essi e, più specificatamente, come la pensano sul proprio lavoro; ci danno cioè la misura della loro motivazione: il vero carburante del lavoro di squadra.

Così, ad esempio, se troviamo qualcuno che non ha cura del proprio equipaggiamento, che dimentica elementi essenziali nell’indossare i dispositivi di protezione individuale, facilmente, dietro questi comportamenti avremo un elemento da tenere d’occhio, a cui concedere fiducia in maniera oculata.

Al contrario, potremo fidarci di quell’elemento che si rivela metodico nel controllo delle attrezzature e nell’applicazione delle procedure previste.

Impegnano a fondo il team leader, quei soggetti che si possono definire come “artisti”; coloro cioè a cui non piace l’ordine e il metodo, ma agiscono istintivamente.

Essi sono risorse inestimabili perché possono contribuire a risolvere una situazione con un colpo di genio ma sono, allo stesso tempo, di difficile gestione.

Il loro comportamento spesso non procedurale, può costituire un pericolo per la squadra.

I momenti ideali per costruire un team di soccorso

I momenti ideali per approfondire la conoscenza tra persone di una medesima squadra, sono i corsi di formazione e le sedute di addestramento.

Il team leader potrà acquisire ulteriore conoscenza della sua squadra proprio durante queste attività.

Attraverso la ricostruzione di particolari scenari operativi, all’interno dei quali condurre prove e simulazioni d’intervento, si potranno anche osservare le reazioni di ognuno e farsi un’idea più precisa delle effettive risorse. Il buon capo squadra, in base alle conoscenze acquisite sulle singole persone e più in generale, sul gruppo, si organizza mentalmente e prepara un piano d’attacco che gli consentirà, nella fase operativa sul campo, d’impiegare le risorse a sua disposizione secondo le specifiche caratteristiche: sarebbe inutile chiedere uno sforzo fisico particolare a chi non è in grado di compierlo, né è proficuo, più in generale, delegare una precisa funzione a chi non sarebbe capace di portare a termine il compito.

Il risultato sarebbe scadente e si potrebbe generare un sentimento di frustrazione in coloro che non sono riusciti nell’intento.

All’inizio avresti la tentazione di consegnare a tutti una copia aggiornata del tuo curriculum vitae, ma non è cosa saggia da farsi.

Vorresti dare un quadro istantaneo delle tue capacità, dire a tutti: “tranquilli… ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare  ho la situazione sotto controllo, fate come vi dico io e tutto andrà bene”.

Ma non è la soluzione migliore. L’ostentazione delle proprie capacità, delle qualifiche, fare l’elenco dei corsi fatti e dei brevetti conseguiti, è estremamente fastidioso e può generare un’antipatia primitiva e effetti collaterali contrari a quelli insperati.

Purtroppo è il tempo che “presenterà” alla squadra il proprio leader e un briciolo di fortuna nell’avere la soluzione giusta nel momento giusto non guasterà di certo! La stima la si ottiene (e la si da) sul campo!

(“Fa che il tuo discorso sia migliore del tuo silenzio!” Dionigi il Vecchio)

L’importanza delle compatibilità nella creazione di un team di soccorso

COMPATIBILITA’ – Conoscere le potenzialità e i deficit di ogni elemento della squadra non è sufficiente per disporre di una squadra affiatata: dobbiamo anche considerare se, e come, i vari componenti interagiscono tra di loro.

Risulta per questo indispensabile calcolare il “fattore di compatibilità”, che è determinato da più elementi; il capo squadra lo potrà trovare ponendosi alcune semplici domande:

  1. Come interagiscono tra di loro i componenti della squadra?
  2. Hanno interessi comuni nell’ambiente di lavoro?
  3. Si incontrano anche al di fuori dell’ambiente lavorativo?
  4. Si trattengono a mensa o nelle pause discorrendo anche di argomenti extra lavorativi?
  5. C’è un team leader naturale e riconosciuto dagli altri?
  6. Si stimano tra di loro?
  7. Ci sono elementi che si burlano di altri?
  8. C’è un elemento in particolare che viene attaccato da tutti gli altri?
  9. Ci sono elementi che rimangono isolati?
  10. Ci sono sottogruppi diversi?

Operare in mancanza di un buon fattore di compatibilità sarebbe come costruire una torre altissima con mattoni anche molto resistenti, ma con uno scadente cemento.

E’ indispensabile quindi individuare un collante relazionale, un fattore che unisca tutti senza ferire nessuno.

E’ da evitare il modello “tutti contro uno”, metafora con la quale si vuole esemplificare un modello organizzativo che prevede di esortare a unire il gruppo sfruttando la capacità collettiva di “fare branco” contro la preda. Il collante può essere, invece, l’attività fisica (una partita di calcio o di pallavolo), una gita, una passeggiata, la visione di un film. Il team leader deve farsi promotore di queste occasioni.

La prossima settimana l’articolo di Alberto Boanini, tratto da Emergency Oggi, continua con una seconda parte dedicata alla gestione dei casi difficili, alle valvole di sfogo e ai momenti di confronto per aumentare l’affiatamento e il team-leading.

Alberto Boarini è Vigile del Fuoco Permanente. Nella sua carriera ha partecipato nel coordinamento dell’intervento di soccorso alla nave da crociera Costa Concordia, con il gruppo di intervento SAF.

Per approfondire:

Leggi la seconda parte dell’articolo

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