Soccorso sui campi di gioco. Una sfida tutta da giocare, soprattutto in ambito dilettantistico

Applicare le regole, in un contesto economico di recessione è molto difficile. È vero che sul fronte prevenzione l’Italia ha vantato per molti anni un primato importante. Ha istituito per gli atleti un sistema di screening cardiovascolare obbligatorio per il rilascio del certificato di idoneità agonistica. Il che consente di ridurre del 90% il rischio di morti improvvise sui campi da gioco (fonte: S.I.C. Società Italiana di Cardiologia dello Sport), anche se resta sempre un margine di pericolo calcolato intorno allo 0,5 /0,7% per patologie che non evidenzia nemmeno lo screening.

Altri possibili esami contribuiscono ad allontanare il rischio della morte improvvisa sul campo, primo fra tutti l’ecocardiogramma, ma resta una sostanziale differenza fra i controlli sui professionisti e quelli sui dilettanti. La legge Balduzzi estende anche a questa categoria l’obbligo di esami preventivi approfonditi per conseguire l’idoneità, ma siamo sicuri che con la scarsità di mezzi attuali, vengano realmente applicati?

Le differenze si fanno ancora più tangibili quando si parla di soccorso a bordo campo. La presenza del medico è prevista solo in 1° categoria, come l’ambulanza: costerebbero troppo. Nel calcio femminile i DAE fino a pochi mesi fa non erano nemmeno previsti, come ha denunciato il capitano della Nazionale femminile Italiana, Patrizia Panico. Dopo il caso Morosini, aveva lanciato l’allarme sollecitando più attenzione sul “calcio rosa” dal punto di vista sanitario e dell’emergenza.

Nonostante l’innalzamento del livello di interesse, sui campi si continua a morire. E i defibrillatori, purtroppo, continuano a mancare, come lo scorso 27 gennaio, quando Alessio Miceli giocatore di 34 anni, militante in seconda categoria, si accascia a terra per un arresto cardiaco. Il 118 interviene subito. Dopo 8′ è già sul campo, ma nonostante i tentativi di rianimazione dei soccorritori, Miceli non si riprende.

Gli atleti più a rischio sono quelli di basso livello agonistico, i dilettanti, gli sportivi che partecipano ai tornei amatoriali.

Meno controlli, meno servizi al soccorso, dunque più pericoli.

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