Emergenza sanitaria e povertà, come intervenire prima su chi non può accedere all'assistenza medica? Un esempio da ASL e Caritas

A dispetto di quello che potrà dire qualunque politico, oggi l’incidenza della povertà sulle capacità di spesa degli italiani è drammatica. Un italiano su tre ha difficoltà ad acquistare farmaci, curarsi e garantire a se stesso e ai propri familiari il diritto alla salute. 5 milioni di famiglie nel 2016 hanno limitato l’accesso agli esami clinici per motivi economici, e le richieste di farmaci per il banco farmaceutico è salita del 16%. 557 mila persone sotto la soglia di povertà ha chiesto farmaci al Banco Farmaceutico. Questo problema sta iniziando ad avere eco drammatiche in molte parti d’Italia e si riverbera – nei picchi invernali – anche sui servizi di emergenza. Persone che non avrebbero necessità di cure immediate ma che per indigenza non possono accedere a farmaci da banco, si rivolgono al Pronto Soccorso sperando di vedersi somministrare un farmaco. Persone che non hanno sistemi per accedere ai servizi di assistenza domiciliare o non hanno un ISEE che rispecchia la reale situazione familiare (perché magari nell’anno precedente a quello della necessità avevano un lavoro) si trovano nell’impossibilità di trovare una risposta di qualunque tipo. Va tenuto conto che secondo la ricerche del CREA, solo l’Emilia Romagna l’anno scorso ha superato il tetto del 10% di anziani over 65 assistiti a domicilio. In ben 11 regioni (Valle d’Aosta, Bolzano, Toscana, Piemonte, Puglia, Campania, Marche, Calabria, Liguria, Trento, Molise) questa percentuale scende sotto il 4%.

La situazione è drammatica e diverse associazioni di volontariato hanno iniziato ad occuparsene. Ma sono le azioni organizzate di concerto che possono avere un impatto più efficace sulla radice del problema. Esistono molti esempi dal citato Banco Farmaceutico agli ospedali mobili che sono stati organizzati in varie parti d’Italia, Milano in particolare.

Un altro esempio che attira attenzione è il protocollo ASL-Caritas firmato a Parma, che riconosce le attività del punto di ascolto sanitario creato dal vescovado parmigiano in centro, di fianco al Duomo. Si tratta di un servizio di primo supporto per le persone indigenti che non possono curarsi in altro modo. Sono stati – nel 2016 – quasi due mila le persone – su 27 mila poveri monitorati da Caritas – che hanno avuto bisogno di questo servizio. Ne parla in un ampio servizio Repubblica Parma, in un articolo di Raffaele Castagno.

“Con questo accordo – spiega la direttrice della Caritas Maria Cecilia Scaffardi – prende forma piena e sistematica l’attività del Punto d’ascolto, che si affianca ai servizi pubblici già esistenti, per migliorare l’accesso alle cure. Vogliamo accogliere la persona nella sua globalità, anche quando si presenta un problema di salute, risultato del suo stato d’indigenza. Chi ha poche risorse economiche – prosegue – a volte viene privato della volontà di curarsi, innescando fenomeni di depressione e peggiorando la situazione”.

“È una collaborazione che va avanti da tempo – afferma Elena Saccenti direttrice generale di Asl – ed è molto importante perché esiste l’obiettivo comune di farsi carico dei bisogni sanitari della persona”.

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