Embolia, parliamo di ostruzioni della nostra circolazione sanguigna

Con il termine embolia si definisce l’ostruzione di una arteria o di una vena provocata da un corpo estraneo alla circolazione sanguigna; questo corpo estraneo viene definito embolo. Un embolo è una massa solida, liquida o gassosa che ostruisce il normale flusso circolatorio. Nel caso interessante un’arteria il quadro clinico può farsi gravissimo; possono infatti verificarsi ischemia cerebrale, ischemia cardiaca o polmonare. Esistono diversi modi di classificare; generalmente lo si fa in base al tipo e all’apparato che è coinvolto nel problema. Di seguito alcuni tipi di embolia: gassosa, lipidica, amniotica e polmonare.

Embolia gassosa

Si parla di embolia gassosa se l’embolo è rappresentato da una bolla di gas; la gassosa arteriosa (nota anche come EGA), è una rara, ma seria patologia da decompressione che può colpire coloro che praticano le immersioni subacquee. Il motivo principale della formazione di embolia gassosa è dovuto generalmente al mancato rispetto dei cosiddetti tempi di decompressione. Se non si rispettano tali tempi infatti, la variazione improvvisa della pressione porta alla formazione di bolle d’azoto nel flusso sanguigno. La gassosa potrebbe verificarsi anche nei voli ad alta quota nel caso la cabina manchi di adeguata pressurizzazione. Più raramente può verificarsi nel caso di soggetti che sono affetti da malattie polmonari o nei quali siano presenti conformazioni anatomiche particolari. La sintomatologia è generalmente costituita da vertigini, difficoltà respiratorie, pallore, visione offuscata, disorientamento e problemi cardiaci. Il subacqueo che viene colpito potrebbe avvertire un forte dolore al petto durante il percorso di risalita, dolore causato dalla rottura del tessuto del polmone. Nel caso di un subacqueo in cui, subito dopo l’uscita dall’acqua (o comunque nel giro di breve tempo), si verifichino una o più delle manifestazioni ricordate sopra, si deve sempre sospettare la presenza di un’embolia gassosa. L’embolia gassosa è una condizione decisamente seria che deve essere trattata nel più breve tempo possibile se si vogliono evitare gravissime conseguenze. Non appena è possibile si deve intraprendere il trattamento in camera iperbarica; durante il trasporto del soggetto verso l’unità di soccorso può essere utile il trattamento con ossigeno.

Embolia lipidica

Si parla di embolia lipidica (nota anche come embolia adiposa, embolia liquida, embolia grassosa o sindrome lipido-embolica) quando l’embolo è costituito da un ammasso lipidico. Questo tipo di embolia si verifica generalmente in seguito a fratture delle ossa lunghe, anche se in diversi casi essa è associata a situazioni di tipo non traumatico. L’embolia lipidica si presenta con manifestazioni di tipo polmonare e neurologico solitamente associate a emorragie petecchiali. A differenza di quanto accade con altri tipi di embolia, l’occlusione dei vasi sanguigni è solitamente incompleta oppure transitoria perché gli emboli lipidici sono fluidi e deformabili. Un fattore di rischio riconosciuto per l’embolia lipidica è l’età: i giovani di sesso maschile con fratture delle ossa lunghe presentano un aumento del rischio. Si è osservato che l’embolia lipidica si verifica più frequentemente nel caso di fratture chiuse e nel caso di fratture multiple; queste ultime infatti rilasciano nei vasi midollari notevoli quantità di lipidi e, conseguentemente, il rischio di embolia lipidica in questo tipo di fratture è molto più alto che nelle fratture singole. La manifestazione sintomatica dell’embolia lipidica è generalmente preceduta da una latenza asintomatica che va dalle 12 alle 48 ore. L’embolia adiposa può essere di tipo fulminante oppure tardivo. La prima forma si presenta con un quadro piuttosto pesante (cuore polmonare acuto, insufficienza respiratoria ecc.). Nell’embolia adiposa la sintomatologia è molto varia: possono verificarsi tachicardia e tachipnea, ipocapnia e iposseiemia, trombocitopenia, rialzo febbrile e, ma più raramente, problemi di tipo neurologico. Le emorragie petecchiali, l’unico segno patognomonico dell’embolia lipidica, compaiono solitamente in modo tardivo e nella stragrande maggioranza dei casi tendono a scomparire nel giro di poche ore. La diagnosi di embolia lipidica non è delle più agevoli dal momento che, eccezione fatta per il rash petecchiale, non vi sono altri segni specifici che possono agevolare il compito del medico. Allo scopo di ridurre al minimo il rischio di embolia lipidica è necessario che le fratture delle ossa lunghe vengano ridotte nel più breve tempo possibile. Per prevenire la formazione di embolie adipose, si possono somministrare farmaci corticosteroidei in alti dosaggi.

Embolia amniotica

Si parla di embolia amniotica (anche embolia da liquido amniotico) quando si verifica un passaggio di liquido amniotico nella circolazione della partoriente. L’embolia amniotica è un evento gravissimo, sia per la madre che per il feto, e solitamente si verifica durante il travaglio. Questo tipo di embolia si presenta generalmente con una triade ritenuta classica per questo tipo di evento: ipossia, ipotensione e coagulopatia. Si stima che nei soggetti sintomatici la percentuale di mortalità si aggiri tra il 65% e l’80%. Nelle donne che sopravvivono all’embolia amniotica il rischio di riportare deficit permanenti di tipo neurologico è elevatissimo (85% circa). La morte sopravviene generalmente entro due ore dalle manifestazioni sintomatologiche. Non è affatto facile fornire dati precisi sull’incidenza di questo tipo di evento perché la diagnosi di embolia amniotica è difficile e controversa, e non esistono esami diagnostici che siano in grado di dare conferma della presenza di embolia amniotica. La diagnosi è prettamente clinica e viene posta per esclusione. I criteri che vengono richiesti per porre la diagnosi di embolia amniotica sono: ipotensione improvvisa oppure arresto cardiaco; ipossia improvvisa (cianosidispnea o arresto respiratorio); coagulopatia, confermata da esami di laboratorio, contestuale a emorragia di tipo massivo che si verificano in assenza di altre condizioni quali, rottura dell’utero, distacco placentare, atonia. Detti sintomi devono verificarsi durante il periodo di travaglio oppure durante l’esecuzione del taglio cesareo e comunque entro mezz’ora dal post-partum; devono inoltre essere assenti altre condizioni che possano determinare la sintomatologia precedentemente esposta. Il trattamento dell’embolia amniotica ha come obiettivo principale quello di riuscire a mantenere l’ossigenazione, riportare alla normalità i valori della pressione arteriosa e della gittata cardiaca e quello di correggere la coagulopatia. Sfortunatamente, anche quando il trattamento è tempestivo, ha spesso esito infausto e, anche nei soggetti che riescono a sopravvivere, in molti casi si verificano deficit di tipo neurologico.

Embolia polmonare

Si parla di embolia polmonare (EP) quando un embolo ostruisce completamente o parzialmente uno o più rami dell’arteria polmonare. Nella stragrande maggioranza dei casi (95% circa) gli emboli sono originati da una trombosi venosa profonda a carico degli arti inferiori (tromboembolia polmonare, nota anche come TEP); nei casi rimanenti gli emboli sono costituiti da materiale diverso (lipidi, liquidi, gas ecc.). La polmonare è caratterizzata da fattori di rischio che possono essere congeniti (per esempio deficit di antitrombina III, deficit di proteina C, deficit di proteina S ecc.) oppure acquisiti (tabagismo, obesità, neoplasie, aterosclerosi, iperomocisteinemia, assunzione di pillola anticoncezionale, terapia ormonale sostitutiva, ospedalizzazioni, interventi chirurgici, infezioni di tipo acuto e lunghi viaggi aerei). La sintomatologia è alquanto variegata; i sintomi che compaiono più comunemente sono dispnea, dolore al petto ed emottisi; possono inoltre fare la loro comparsa altri sintomi quali gonfiore alle estremità, colorazione bluastra della cute, tachicardia o altre forme di aritmia, sudorazione eccessiva, capogiri, svenimento, rialzo febbrile. La diagnosi richiede l’esecuzione di diversi tipi di esame: dosaggio del d-dimero, TAC ed emogasanalisi. Altri esami che possono essere richiesti in caso si sospetti sono elettrocardiogramma, angiografia polmonare, SPECT polmonare, scintigrafia ventilo-perfusoria, ultrasonografia agli arti inferiori, ecocardiogramma. Il trattamento deve venire effettuato il prima possibile allo scopo di scongiurare gravi complicazioni o addirittura la morte. Le opzioni terapeutiche sono di tipo farmacologico e chirurgico. A seconda della gravità dei casi i farmaci utilizzati sono gli anticoagulanti o i trombolitici. L’intervento chirurgico può essere richiesto per la rimozione di emboli di notevoli dimensioni. Nei soggetti che non possono assumere anticoagulanti o nei quali questi ultimi non hanno efficacia può rendersi necessaria l’introduzione di un filtro nella vena cava inferiore (filtro cavale); tale filtro impedisce agli emboli di raggiungere i polmoni.

Fonti

www.embolia.it

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