La storia di MAF: Quarant'anni di amore e passione per le ambulanze e il soccorso

Testo di: Alberto di Grazia

logo_topLa Toscana, si sa, è terra di conflittualità aspra, in cui le passioni sono espresse in maniere e toni molto decisi e le scintille esplodono improvvisamente, come spesso, altrettanto improvvisamente, si spengono e i toni si smorzano. A Pistoia, il 24 Febbraio 1975, si consuma la rottura dei rapporti professionali fra i titolari della carrozzeria F.lli Mariani, Ardelio – che resta al timone di quella azienda – e Alfredo, che invece ne esce per fondare una nuova attività insieme al figlio Renzo.

foto 001aE’ il 1975, Quarant’anni fa. Ovvio che Alfredo abbia maturato una notevole esperienza nella costruzione di veicoli speciali e che continui quindi la strada conosciuta, in Via Galvani nel quartiere di S. Agostino a Pistoia. Una sede che, a suon di acquisizioni di stabili vicini, si espande fino ad arrivare sulla parallela V. Galilei passando per la traversa che prende il nome dal quartiere, ed estendersi alla fine su 2500 metri quadrati di superficie, praticamente tutti coperti: gli spazi esterni rimasero infatti sempre molto esigui. In questa sede l’azienda ha sviluppato la propria attività fino al 2007 e qui sono nati i primi allestimenti su Fiat 238E del quale occorre subito citare la versione con spoiler sul tetto cabina che raccordava questo con il rialzo e che lo distingueva immediatamente dalla folla dei concorrenti.

Foto 03 Dal depliant di presentazione, la ricostruzione di un intervento sanitarioIl mezzo nasceva come Centro Mobile di Rianimazione ed il suo allestimento ( denominato già New Life, nome storico che è rimasto in listino per decenni) rispecchiava quindi i canoni di questa tipologia di ambulanze, con alcuni accorgimenti quali la centralina cardiologica all’altezza del torace del paziente, ed il set per l’assistenza respiratoria in testa alla barella, in modo da avere i presidi sanitari raggiungibili con il minimo sforzo e soprattutto posizionati là dove sarebbero serviti; gli armadietti, in acciaio come del resto tutto l’arredamento, avevano lastre di plexiglass a chiusura: grazie alla trasparenza di questo materiale l’operatore aveva una immediata visione del contenuto interno, e non vi erano i rischi che invece avrebbe rappresentato una chiusura con i vetri. Ne risultò un mezzo che riscosse un discreto successo e furono parecchi gli esemplari venduti, sia ad associazioni di volontariato che ad Enti pubblici.

 

 

 

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