Il riposo prima di salire in ambulanza: una riflessione sulla normativa

C’è una direttiva chiara sugli orari di Lavoro,  che si dovrebbe applicare allo stesso modo sul dipendente e sul volontario. Ma c’è un vuoto interpretativo che crea disparità notevoli fra il volontario e il dipendente professionista. Vediamo quali grazie anche all’articolo di Paolo Vaccarello

L’orario di lavoro in qualunque settore professionale, e anche nel volontariato, si rifà a un quadro normativo molto chiaro. Il Decreto Legislativo 66/2003 è stato aggiornato recentemente con la legge 161 del 2014, diventata operativa nel novembre del 2015. Ogni discussione sul tema degli orari di lavoro – ripetiamo, sia per il dipendente che per il volontario – si dovrebbe quindi rifare al Decreto Legislativo 66/2003, ovvero alle norme immediatamente esigibili sull’orario di lavoro e sui riposi. Questo perché il volontario in pubblico servizio, come il soccorritore che fa 118, è equiparabile al lavoratore dipendente per quanto riguarda i diritti e i doveri sulla sicurezza, tra i quali è presente l’obbligo al riposo. 

Queste norme, sinteticamente, richiedono il rispetto del limite massimo di 12 ore e 50′ di lavoro giornaliero. Il rispetto del limite massimo di 48 ore di durata media dell’orario di lavoro settimanale, compreso lo straordinario, come previsto dall’articolo 4, comma 2 dell’art. 4 del D.Lgs. 66/2003. E infine il rispetto del limite minimo di 11 ore continuative di riposo nell’arco di un giorno. Su questo punto particolare si pone l’attenzione di molte sigle sindacali e di molti professionisti dell’emergenza, che temono l’azione del volontario che non rispetta i turni di riposo, ma al termine del proprio orario di lavoro sale in ambulanza per prestare la sua opera nel settore dell’emergenza-urgenza. A tal proposito Paolo Vaccarello, vice segretario regionale della FIALS e infermiere del 118 in Centrale Operativa Emilia Ovest, ha scritto un post sul suo blog che vuole essere un contributo alla discussione e al miglioramento delle condizioni di operatività di tutti i componenti del soccorso. Ecco il testo:

 

Correva l’anno 2015 e nel mese di ottobre salivano le preoccupazioni per l’imminente scadenza dell’ennesima deroga all’applicazione del Dlgs 66/2003 prevista il 25 novembre 2015. La norma non è altro che il recepimento di alcune direttive Europee sull’orario di lavoro ma l’attuazione è stata a lungo rimandata, come al solito, senza intanto prevedere delle misure in grado di arginare i possibili effetti sul mondo del pubblico impiego e in particolare su quello della sanità.

La norma prevede tra le altre cose dei paletti sugli orari di lavoro dei turnisti con limiti su riposi giornalieri, settimanali e sull’orario di lavoro settimanale. Una norma pensata sia per garantire il benessere psico-fisico del lavoratore che per ridurre e prevenire possibili errori, infortuni o malattie da accumulo di stress lavoro-correlato. Insomma, garantire il benessere dei lavoratori e la sicurezza di lavoratori e utenti nel caso, ad esempio, del mondo sanitario. Quindi almeno 11 ore di riposo tra un turno e l’altro, almeno 1 riposo di 24 ore consecutive ogni 7 giorni, massimo 48 ore di lavoro settimanale “a qualunque titolo prestate”…

Qualcuno potrebbe dire: <<Ok ma questa mancanza vale per tutte le forme di volontariato>>. Si potrebbe aprire una discussione generale ma in realtà non è così perchè il volontariato nel soccorso è una forma in cui volontario e dipendente hanno le stesse mansioni, la stessa responsabilità davanti al giudice, svolgono le stesse operazioni e gli stessi adempimenti burocratici per un servizio di pubblica utilità che va garantito per legge. Così è soltanto il volontariato in Protezione Civile ma in quel caso il servizio, salvo rare eccezioni, non è distribuito h24 su 365 giorni all’anno. Nel soccorso sanitario il servizio deve essere garantito senza soluzione di continuità ma i vincoli del Dlgs 66/2003 vengono applicati solo ai dipendenti.

Qui nasce il corto-circuito. Il volontario può, ad esempio: svolgere un turno notturno in ambulanza di 12 ore ed il giorno successivo recarsi al proprio lavoro o viceversa terminare la giornata di lavoro alle 17 e prestare servizio in ambulanza dalle 20 alle ore 8. Può svolgere anche 24-36-48 ore di turno consecutivi (es nei week end) in ambulanza, può superare anche di molto il limite di 48 ore settimanali cumulando il proprio lavoro con il volontariato o saltare sistematicamente il riposo settimanale dal lavoro per un turno in ambulanza.

Ma a chi giova tutto questo? sicuramente alle casse dello stato perchè, come scritto prima, il servizio deve comunque essere garantito per legge. Nel caso di errore o grave infortunio al lavoro o durante il servizio in ambulanza dovuto ad un accumulo di stanchezza chi ne risponde? L’argomento della normativa sull’orario di lavoro andrebbe seriamente affrontato per verificare questi aspetti anche se è chiaro che andrebbe contro gli interessi economici di stato e regioni che con il volontariato in ambulanza possono indirizzare ingenti risorse verso altri settori.

Probabilmente è anche per questo motivo che in realtà dove il servizio di emergenza territoriale è misto pubblico (AUSL) – associazioni di volontariato si assiste a rinnovi di convenzione che ampliano le ore di servizio alle associazioni e riducono quelle in carico direttamente alle ausl con proteste da parte di sindacati e lavoratori. Sui social si assiste intanto alle solite divisioni o “guerre tra poveri” dove ho avuto modo di leggere di volontari che difendono la propria “professionalità” e non vedono nulla di strano in queste situazioni.

Bene, adesso sto per scrivere qualcosa che provocherà molti mal di pancia: il volontario del soccorso è per definizione da dizionario un dilettante. Cioè una persona che nella vita svolge o ha svolto un altro mestiere e dedica parte del proprio tempo libero ad aiutare gli altri in attività più o meno sporadiche e comunque mai continuative, strutturate ed esclusive. Si possono fare tutti i corsi e re-training di questo mondo ma senza continuità e metodi di selezione severi non si arriverà (quasi) mai a livello di chi quel mestiere lo fa quotidianamente e in via esclusiva.

Oggi sarebbe il caso di rivedere il sistema di emergenza territoriale perchè, sebbene il volontario sia una risorsa importante nel sistema, data la complessità attuale dei pazienti, delle tecnologie, dei presidi e dei percorsi diagnostico-terapeutici non è più pensabile di basare intere aree o interi sistemi esclusivamente sulla forza lavoro dei volontari. Sarebbe più sensato un impiego come “risorsa ausiliaria” e aggiuntiva ad un equipaggio minimo di 2 professionisti (nel senso che di mestiere fanno quello e basta). Gli aspetti del Dlgs 66/2003 sopra esaminati lasciano pensare che, stante la situazione, conviene ancora di più affidare il servizio pubblico di emergenza ambulanze ad associazioni piuttosto che gestirlo direttamente, scaricando queste ulteriori responsabilità sull’aggiudicatario che tanto, si sa, nessuno andrà mai a controllare.

FONTE: QUANDO LO DICO IO

NOTA: Ai fini della corretta valutazione della normativa di riferimento, aggiungiamo i documenti tramite i quali è possibile capire meglio il quadro di riferimento a cui affidarsi.

Il decreto legislativo 66/2003 modificato e aggiornato nel 2014: CLICCA QUI

Orario lavorativo europeo: l’analisi delle conseguenze: CLICCA QUI

La tutela dei lavoratori e dei volontari nell’ambiente di lavoro, l’applicazione degli orari di riposo nel Dlgs 81/2008: CLICCA QUI

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