COVID-19, in Israele la risposta rapida all’emergenza è passata dal Made in Italy: l’esperienza con MP3 Piaggio

La motoambulanza? Consente di dimezzare i tempi di arrivo di un soccorritore sul luogo dell’emergenza.

 

COVID-19 IN ISRAELE, L’ESPERIENZA DEI SOCCORRITORI MDA

No, non è un’opinione o un auspicio. E’ il risultato dell’esperienza di chi sulle motoambulanze opera dal vent’anni esatti e risponde, dati ufficiali dell’anno 2019, a 535.800 richieste di interventi in emergenza all’anno.

Ci stiamo riferendo alla Magen David Adom, che con i suoi 650 motociclisti soccorritori e una reattività 24h in ciascun giorno della settimana, risulta essere un pilastro essenziale del sistema di emergenza e soccorso dello stato di Israele.

La funzione dei motociclisti soccorritori non è troppo lontana da quella svolta in Italia da tanti colleghi su automedica, a parte il fatto che la moto a tre ruote si rivela più performante in termini di tempi, per l’appunto, e di accessibilità in luoghi dal fondo impervio, come possono essere i centri storici delle città, le spiagge delle zone rivierasche e molti siti montani.

Ed è superfluo sottolinearlo: nel salvare vite umane, ogni minuto è cruciale.

COVID-19 IN ISRAELE, QUANDO UNA PRIORITA’ E’ LA RISPOSTA IMMEDIATA

Le emergenze mediche richiedono un tempo di risposta estremamente rapido, pochi minuti.

Ed è innegabile, lo sa qualsiasi autista soccorritore, che tempi di risposta delle organizzazioni di emergenza pre-ospedaliera risultano influenzati dalla presenza dei team sul territorio e dal fattore “traffico”.

Abbiamo avuto la possibilità di porre alcune domande a questi valenti soccorritori di un’altra sponda dello stesso mar Mediterraneo, i quali hanno gentilmente acconsentito a risponderci.

In modo non troppo differente da quella svolta dai nostri soccorritori 118, l’attività della Magen David Adom ha ben presto incluso la risposta all’emergenza determinata dalla pandemia da coronavirus.

Ma l’approccio della MDA ha presentato anche alcune peculiarità che è interessante approfondire.

ISRAELE, L’INTERVISTA  AI RESPONSABILI DI MDA SULLA GESTIONE DELL’ EPIDEMIA DA COVID-19

Un’emergenza Covid-19 che ha investito all’improvviso Israele come l’Italia e come il resto del mondo: come avete affrontato un percorso tanto impegnativo?

E’ da febbraio che la MDA, l’organizzazione di emergenza pre-ospedaliera nazionale israeliana sta combattendo il coronavirus.

Ad oggi, il timore di un ritorno di un picco COVID-19 è alto, ma l’efficienza della risposta israeliana fa ben sperare.

Molto di ciò che è stato fatto dalla MDA può essere preso come spunto in ogni parte del mondo. Come la Croce Rossa, la MDA non è sostenuta dallo Stato, ma dalle donazioni, in particolar modo da quelle della comunità ebraica.

Come ha fatto la MDA a rispondere in modo così efficace ad una situazione mai affrontata come la pandemia?

Una situazione davvero mai affrontata. In quel momento diversi turisti che stavano visitando Israele sono stati trovati positivi a COVID-19. Era il 22 febbraio.

In tutta risposta, il Ministro della Salute israeliano ha condotto un’investigazione epidemiologica e ha comunicato pubblicamente i luoghi che questi turisti avevano visitato, chiedendo a tutti i cittadini che erano stati in quelle specifiche aree, di autoisolarsi per 14 giorni.

Chiunque avesse riscontrato in quei giorni febbre alta, tosse o difficoltà respiratorie avrebbe dovuto chiamare la MDA e sottoporsi ad un tampone.

Gli israeliani che sono stati esposti al virus dovevano esser isolati per evitare che la comunità si infettasse a sua volta.

E quale è stata la risposta a questa “chiamata alla responsabilità” rivolta al popolo israeliano?

Immediatamente, migliaia di israeliani chiamarono il 101, e un operatore li ha messi in contatto con i professionisti della MDA.

Molti di loro non sapevano con certezza se si fossero esposti al contagio.

Alcuni erano stati infettati ma non presentavano sintomi, mentre altri manifestarono febbre e difficoltà respiratorie.

Nonostante ciò, non hanno ricevuto trattamenti specifici poiché non compresero la ramificazione dei sintomi.

Da quel momento è iniziata la guerra di Israele contro il virus.

Che cosa ha determinato, in termini organizzativi, l’impegno dei volontari MDA?

Immediatamente MDA ha rimpolpato le proprie centrali operative aggiungendo più volontari e creando postazioni operative di dispatch aggiuntive (call-answering desks).

Soccorritori con responsabilità amministrative e apprendisti paramedici sono stati formati per coprire il ruolo di operatori telefonici di una linea dedicata e di organizzatori di dispatch.

Negli stessi giorni, MDA ha formato migliaia di volontari che allestirono tende per ospitare eventuali postazioni operative aggiuntive e ha trasferito del personale nelle aziende e nelle scuole, chiuse per colpa della pandemia, per utilizzare le loro linee telefoniche.

Le telefonate ricevute da MDA sono salite esponenzialmente.

In tempi di “normalità”, MDA coinvolge 80 operatori telefonici che rispondono a circa 6 mila telefonate ogni giorno.

A metà marzo, MDA aveva già 500 operatori telefonici che in un solo giorno hanno risposto a 82 mila telefonate.

Da quando la pandemia ha colpito Israele, MDA ha risposto a ben 2 milioni di telefonate, facendo guadagnare al call center il primato nella lotta al coronavirus.

A tutti coloro che sono stati esposti al virus è stato richiesto di stare nelle proprie case in quarantena e in una stanza separata dai propri familiari.

Persone che hanno presentato anche sintomi leggeri, sono state registrate su un sistema di tracciamento dedicato.

Gli scopi di questa prima fase sono stati raggiunti, assicurando che tutti coloro che sono risultati infetti sono stati in quarantena evitando di infettare altre persone.

Il passo successivo è stato quello di effettuare tamponi a chi è stato esposto e ha mostrato qualche sintomo.

In molti paesi, casi come questi sarebbero stati trasportati in ospedale, ma questo avrebbe significato lo spostamento di questi pazienti fuori dalle loro case e potenzialmente, permettere loro di infettare altri.

Per prevenire ciò, i professionisti della MDA si sono equipaggiati di DPI adeguati, come le tute, e si sono recati a casa dei pazienti ad effettuare loro i tamponi, impedendo così che tali pazienti interrompessero la quarantena.

I test a domicilio sono stati integrati dai centri Drive-Through che MDA ha organizzato nel Paese.

Fino ad ora, più di 260 mila israeliani si sono sottoposti al test. Il modo in cui la MDA ha trattato questa crisi è servita da modello che potrebbe essere implementato in altre aree, non solo in risposta al COVID.

Come organizzazione a servizio della comunità, la MDA può rapidamente espandere i propri servizi, attivato volontari aggiuntivi e assumere altri ruoli.

MP3 PIAGGIO COME STRUMENTO DI RISPOSTA IN EMERGENZA, QUALCHE RIFLESSIONE

L’intervista si conclude, congediamo il nostro gentile interlocutore.

Effettivamente raggiungere i luoghi da controllare con il metodo adottato da MDA potrebbe essere una valida soluzione.

Del resto il drive-trough è un approccio che ha ottenuto una certa approvazione anche nel nostro paese (in coda postiamo gli articoli correlati).

Che il futuro per una fase 3 che coniughi salute pubblica nazionale e ritorno alla vita “normale” sia in questo?

Con soccorritori che si spostano rapidamente e in modo snello nei vari luoghi nei quali si sospetta necessario un tampone o un altro tipo di assistenza sanitaria, e che altrettanto rapidamente l’eventuale test raggiunga i centri laboratoriali per gli esiti del caso?

Non pare essere tanto peregrina, come ipotesi: da un lato velocizzerebbe alquanto le procedure covid, dall’altro consentirebbe di riservare le ambulanze a trasporti di natura più consueta e tradizionale.

PER APPROFONDIRE:

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