A Milano hanno aperto una mostra sulla resilienza e non potete perdervela

Entrare nella mostra del fotografo Marco Gualazzini potrebbe essere il momento giusto per capire cosa significa davvero la parola resilienza nel mondo contemporaneo.

Fino al 24 marzo alla Fondazione Forma per la Fotografia in via Meravigli 5 a Milano avrà luogo un’esperienza difficile da dimenticare. Si chiama Resilienza, ed è il titolo dell’esposizione fotografica di Marco Gualazzini. Il fotografo italiano ha girato negli ultimi anni decine di paesi dove il resistere a condizioni estreme e difficili è quotidianità. Tutte le foto provengono dall’Africa, terra che ha permesso a Gualazzini di immortalare immagini perfette nel definire questa parola così complessa e importante per qualsiasi essere umano.

Africa, Somalia, Bosaso. 06/10/2015 Haji Mire Primary School in Bosaso, with 9 classes where children study English, Arabic, Maths, Physics and the Koran.

40 fotografie realizzate in 10 anni di viaggi spiegano cos’è una crisi umanitaria, un esodo, un conflitto, nella vita quotidiana di esseri umani come noi. Esattamente come noi. Esseri umani che però, ogni giorno, al risveglio, devono risolvere problemi che a noi sono sconosciuti. Le foto raccontano un corollario di crisi. La Somalia degli Al Shabaab, dove regnano violenza e povertà. Il saccheggio di risorse minerarie con lo sfruttamento di una nuova e più intollerabile schiavitù, quella dei bambini, in Congo. E raccontano anche dell’attechimento sempre più massiccio degli ideali violenti e terroristici di Boko Haram nell’area nigeriana, dove le donne sono poco meno che schiave e gestite come moneta di scambio.

Tutto ciò che noi abbiamo dimenticato nella nostra quotidianità di barconi e immigrati è presente nelle fotografie di Gualazzini. Cause e ragioni che spingono popoli interi a muoversi, a migrare verso l’Europa ma soprattutto all’interno dello stesso continente africano, che come occidentali dimentichiamo sempre essere composto da 48 stati e dimensioni che triplicano quelle dell’Unione Europea. Un movimento visibile nelle foto di Dadaab, il più grande campo profughi del mondo che quasi nessuno, oggi, in Europa, conosce.

La mostra però non racconta del dolore e della sofferenza, ma della resilienza. Dell’atavica capacità umana di adattarsi e di superare il momento difficile, circoscrivendolo a situazione temporanea. Così lo squalo martello portato (verso casa?) da un ragazzo di Mogadiscio racconta che – in qualche modo – si può provare a sopravvivere. Gli occhi di una “prigioniera del velo” che raccontano sotto mille prospettive il totalitarismo teologico e l’assolutismo dell’islam quaedista, dicono che c’è sempre una speranza, anche nelle condizioni più dure. Per dare un ulteriore spunto a tutti voi lettori per visitare questa mostra, vi citiamo le parole di Domenico Quirico nel presentare il lavoro di Gualazzini:

“Non descriverò queste foto, non darò giudizi estetici. Il contenuto è così forte, totale, assoluto che li rende inutili, li supera. Ho sempre pensato che il titolo perfetto per una rassegna di fotografie in questo luogo del mondo fosse l’evangelico “ama il prossimo tuo”. Ecco. Guardate. Le fotografie non si commentano, si assorbono, sempre, perché parlano un discorso scottante di rabbia e di amore.”

Resilient di Marco Gualazzini
Inaugurazione 31 gennaio 2019
Apertura fino al 24 marzo 2019
Da mercoledì a domenica dalle 11.00 alle 20.00
Lunedì e martedì chiuso
www.formafoto.it
INGRESSO GRATUITO

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