Come si interviene su pazienti traumatici in alta montagna? - Presidi, consigli ed esperienze

Quando si tratta di un paziente traumatico, il soccorritore sa bene che l’attenzione e la cura perCnsas sasl 6 ogni movimento o intervento è essenziale per poter garantire sicurezza al paziente ed evitare ulteriori danni alla parte traumatizzata. Come ben sappiamo, un trauma può essere causato da diverse ragioni, ma sia che il paziente sia in mezzo ad una strada di città o su un impervio sentiero in alta montagna, resta comunque un paziente traumatico, che va quindi trattato con i giusti presidi e la dovuta attenzione.

Avvicinandoci alla stagione estiva, a molti capiterà di fare una scappata in montagna per praticare le attività all’aria aperta che preferisce. Ma dallo sport più estremo come il free climbing alla più comune passeggiata, può sempre capitare di farsi male, soprattutto se poco esperti.

 

 

Riguardo al trattamento di pazienti traumatici in alta montagna a causa di incidenti all’aria aperta, abbiamo intervistato il dottor Mario Milani, referente della Commissione medica del CNSAS Lombardo.

Che tipo di approccio occorre tenere in caso di persona a cui si sospettano fratture durante sport estremi in montagna?

“A seconda dell’ambiente e della situazione specifica in cui versa il paziente, noi attuiamo l’approccio più adatto impartito nei corsi PHTLS e linee guida internazionali. L’approccio consiste appunto nella valutazione della condizione meteorologica, dell’anatomia del luogo e delle condizioni del paziente. Quello che fa differenza è la questione di disponibilità di mezzi in quei momenti. Quando si ha un traumatizzato in strada, si ha a disposizione l’ambulanza, mentre in quota, anche se si ha a disposizione l’elicottero, diventa complicato portarsi letteralmente dietro presidi di un certo ingombro e di un certo peso, poiché poi occorre portarli “in spalla”. La sicurezza della scena è una delle prime cose da valutare. La squadra di soccorso deve accertarsi che l’ambiente e le condizioni di salvataggio siano sicure, altrimenti non possono operare. Avere anche solo le condizioni minime e indispensabili per portare l’infortunato in area sicura, è essenziale per non mettere a repentaglio la propria vita e quella del paziente. Anche se il desiderio di salvare il ferito e il senso di solidarietà ci fanno sentire il bisogno di andare oltre al consentito, si cerca di mantenere una certa attenzione alla sicurezza.”

Quali sono gli strumenti più utilizzati per l’immobilizzazione dei pazienti traumatici in montagna?

“Innanzitutto direi l’immobilizzatore/estricatore modello KED, materasso a depressione e collari cervicali. La tavola spinale è poco usata perché un paziente non può starci sopra immobilizzato per più di qualche ora, altrimenti le lesioni che non ci sono, gliele creiamo noi. Il presidio più performante in assoluto il materasso a depressione. Assicura un’immobilizzazione assolutamente efficace, il paziente è comodo e può restare immobilizzato per molto tempo senza soffrire o accusare ulteriori lesioni. Inoltre è isolante e impermeabile. Per lo più tendiamo ad utilizzare dispositivi militari, poiché abbiamo necessità di strumenti e dispositivi performanti e leggeri. Anche noi del soccorso alpino, come i militari abbiamo una grossa problematica: la gestione di lunga durata. Nel nostro caso, un traumatizzato, per esempio, in grotta richiede anche 1 o 2 giorni di tempo per portarlo in salvo. Durante un nostro intervento in Germania, per portare in salvo un traumatizzato, ci abbiamo impiegato 11 giorni.”

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Qual è la fase di salvataggio che richiede più tempo?

“Sicuramente le tempistiche di allarme. Se il telefonino funziona e il paziente o chi è con lui riesce a mettersi in contatto con noi, l’allarme viene lanciato subito e quindi non ci sono problemi. Ma nel caso in cui il telefonino non funzioni oppure la vittima è impossibilitata a telefonare, i tempi si allungano drasticamente. Altro elemento che richiede tempo è il tempo di approccio. Noi sappiamo dov’è localizzato il paziente, ma per raggiungerlo può occorre molto tempo a causa dell’impervietà delle zone. Tutto questo, calcolando le condizioni meteo. Teniamo conto poi che in caso di incidente in montagna, prediligiamo, se possibile, sempre un dispatch in elicottero, non solo per un codice rosso (che rappresenta il 5/8% dei casi) ma anche per un codice giallo. Anche solo una slogatura o frattura ad una caviglia, per esempio, pur banale che sia, potrebbe rivelarsi seriamente pericolosa. In caso di basse temperature, si rischierebbe l’ipotermia. Un’altro scoglio è l’imprecisione dei dettagli dell’incidente forniti dai testimoni alla scena. Spesso ci ritroviamo delle telefonate di persone che non sanno spiegare nel dettagli che cosa sia successo, oppure addirittura, persone che non sanno nemmeno dove si trovano. Per quest’ultimo caso, molto utili sono le applicazioni per mobile “GeoRescue” (gratis per tutti i soci CAI) e “WhereAREU” che lanciano un allarme con le coordinate gps. In questo modo riusciamo ad ottenere le giuste coordinate per la geolocalizzazione della vittima, con un errore veramente minimo.”

 

In caso di PNX (pneumotorace) post-traumatico, come vi comportate?

“In caso di lesioni pneumo-toraciche che un paziente riesce a sopportare, e se il paziente non è iperteso, si procede al trasporto senza particolari problemi. Nel caso invece in cui un paziente cominci ad accusare dei problemi, si procede alla ventilazione. Si procede poi al trasporto e si tiene monitorata la situazione, continuando ad intervallare le ventilazioni. Un medico o un infermiere dell’area clinica c’è sempre, quindi queste tipologie di problemi che risultano essere particolarmente gravi e pericolose, vengono immediatamente riconosciute e trattate. Le PNX post-traumatiche sono causate sempre da trauma toracico, che può essere provocato da una caduta, oppure dall’urto contro corpi esterni, che può essere la caduta di un masso da una parete, e così via. Nell’ambito della valutazione A, B, C, D, questa rientra nelle categorie A e B. In uno di questi casi in alta montagna, la problematica maggiore è che non si ha l’ossigeno a disposizione. In ambiente ostile o remoto, quando accadono traumi da codice rosso che presentano un emorragia interna e che necessitano di urgente intervento chirurgico, noi purtroppo non possiamo fare molto. Anche se ci portassimo l’ossigeno, una bombola dura massimo mezz’ora. Ma il trasporto richiede ore e ore.”

Qual’è lo sport in alta montagna in cui avete riscontrato più incidenti?

“Al primo posto c’è il trekking. Nonostante possa sembrare uno sport banale e semplice, ci sono diversi fattori che entrano in gioco. Innanzitutto, il numero di persone che fanno escursioni e che vanno a camminare sui sentieri è estremamente superiore a quelli che praticano altri sport di montagna. In secondo luogo, l’esperienza. La maggior parte delle persone che fanno trekking non lo fanno come sport frequente e tendono a farsi male più facilmente. Generalmente non sono infortuni estremamente gravi. Ma una cosa importante è avere sempre la giusta attrezzatura per poter affrontare questo tipo di sport, partendo soprattutto dalle giuste calzature. Troppo spesso si assiste a salvataggi di persone che si sono incamminate attraverso i boschi e i pendii rocciosi senza le scarpe adeguate.”

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In caso di fratture durante sport in corda, qual’è l’approccio da tenere?

“L’approccio dal punto di vista tecnico è molto più difficoltoso se non si dispone di elicottero. Ovviamente in caso di dispatch con elicottero, ci si avvicina con molti meno problemi, si monitora la condizione del paziente, si applicano corsetto, steccobenda o collare, si aggancia il paziente e lo si porta in PS. In caso di raggiungimento della scena senza elisoccorso, la procedura è sempre la stessa, solo cambia il metodo di trasporto. Visto che occorre effettuare un trasporto a spalla, il paziente sarà posto nella barella portantina, poiché il trasporto non avverrà completamente in orizzontale, ma anche in verticale o in diverse inclinazioni. Occorre quindi monitorare il paziente in ogni momento, per evitare complicazioni.”

Quali presidi di autosoccorso si consigliano?

Bende, garze, sottili steccobende con anima di alluminio modellabili, cerotti e farmaci personali. Sembrano banalità, ma sono piccole cose che fanno la differenza ed evitano l’insorgenza di ulteriori problematiche.”

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