Dakar 2014: morti e feriti tra i piloti riaprono il capitolo sicurezza

Morto un motociclista belga, tanti altri salvati dai soccorsi. L’edizione 2014 del rally raid Dakar, che si corre su massacranti piste dell’America Latina, riapre le polemiche su una disciplina sportiva ritenuta troppo pericolosa. L’organizzazione ha investito molto per innalzare i sistemi di sicurezza e di emergenza ai tanti, possibili, incidenti dei partecipanti, ma alcune smagliature mostrate quest’anno riaprono gli interrogativi.

Innanzitutto la tragica fine del 50enne veterano delle piste Eric Palante, motociclista belga, ritenuto dall’organizzazione dapprima disperso, poi localizzato solo molte ore dopo dal “camion spazzatura”, il veicolo di assistenza che recupera i mezzi incidentati. Palante pare essere deceduto a seguito di un collasso cardiocircolatorio dovuto all’ipertermia. Altri motociclisti sono stati salvati in extremis, prostrati caldo e disidratati, come l’italiano Francesco Catanese, ritiratosi nel corso di una prova speciale e prelevato dall’elisoccorso che lo ha trasportato al centro medico a seguito della corsa dove è stato reidratato.

Il rally maraton più famoso al mondo allunga così la sua lunga scia di lutti, iniziata alla fine degli anni ’70 sulle piste africane e proseguita anche in Sudamerica: oggi l’attenzione alla sicurezza dei piloti partecipanti nelle tre categorie (moto, auto e camion) si incentra sull’utilizzo delle comunicazioni satellitari e sulla georeferenziazione dinamica dei partecipanti, che permette di seguirli passo passo, uno per uno, garantendo soccorsi più rapidi in caso di incidente. Ma la natura della competizione e i difficili territori attraversati, dai deserti ai passi andini a 4.600 metri di quota, espongono la macchina dei soccorsi a operare in situazioni difficilissime, con alcune, tragiche, inefficienze.

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