Iraq - Squadre di pompieri in lotta con i pozzi di petrolio dati alle fiamme

Fonte: Gli Occhi della Guerra

Ad Agosto 2016 le forze irachene sono riuscite a liberare Qayyara, una cittadina a sud di Mosul, dai soldati dell’ISIS. Questa riconquista è stata di grande importanza soprattutto perché ha permesso a Baghdad di impossessarsi nuovamente dei giacimenti petroliferi che rendono celebre questa cittadina e che producono un ricavo di circa 1 milione di dollari al giorno.

Dopo aver perso terreno, lo Stato Islamico ha completamente distrutto 13 pozzi, lasciandoli inagibili e producendo un ingente danno a Baghdad. Avendo distrutto i pozzi con bombe e dinamite, questi 13 giacimenti continuano a bruciare, creando un disastro ambientale ed economico senza precedenti.

Infatti, il governo iracheno perde circa 2mila barili al giorno. Un disastro economico enorme che, però, non è nulla se si pensa ai danni ambientali che derivano da questa situazione. Il petrolio sporca e inquina ogni lembo di terra che incontra.

Diversi pozzi sono stati chiusi e resi inagibili dalle forze armate irachene, ma la maggior parte di essi è ancora in fiamme. Ma quel che è peggio è che difficile è la missione dei Vigili del Fuoco di spegnere con l’acqua questi fuochi immensi che creano colonne di fumo e fuoco alte più di 20 metri. L’acqua nei pozzi limitrofi non è sufficiente e talvolta si tenta con il fango, oppure, in casi estremi, con il cemento.

E’ difficile anche riuscire ad avvicinarsi alle fiamme a causa del calore emesso. Ma nonostante questo, intere squadre di esperti e pompieri stanno infatti cercando di contenere il danno. Un lavoro massacrante che passa inosservato, ma di grande importanza per il futuro del Paese.

I pompieri riescono nella loro missione grazie anche ad alcuni container anneriti dal fuoco e muniti di una finestrella, che sono trasportati da una ruspa blindata il più vicino possibile alle fiamme, così da riuscire a lanciare continui fiotti d’acqua. Il fuoco crea una pressione altissima e i getti, per contrastarlo, devono avere un diametro ampio.

L’ingegnere che gestisce la squadra spiega il procedimento usato dai pompieri e dai tecnici per arginare le fiamme:

“La prima scelta per combattere il fuoco è ovviamente l’acqua. Ma non sempre è sufficiente e adatta. Ogni pozzo è differente. Se dovesse essere il caso quindi, si può passare all’acqua salata, che è più densa. Solo in casi estremi, infine, si procede con sabbia, fango oppure cemento. In questo caso, è probabile che dovremo cementarlo, dal momento che l’acqua non è abbastanza”.

L’acqua disponibile in quest’area, grazie a delle pompe, è portata dal fiume Tigri. Tuttavia il lavoro è arduo e richiede tantissimo tempo, durante il quale i soldati dell’esercito portano di che dormire e di che mangiare ai vigili del fuoco e ai professionisti che stanno combattendo questa lotta non solo contro il disastro ambientale ormai imminente, ma anche contro il disastro economico.

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