Umbria, un esempio di remote medicine strategy in Italia? La gestione dell'emergenza in zone complesse e poco popolate

La gestione dell’emergenza diventa più difficile se il territorio montagnoso, se la popolazione è difficilmente raggiungibile e se le condizioni operative non sono sempre ottimali. Ecco perché la riorganizzazione delle ASL Umbria 1 e ASL Umbria 2 va osservata con interesse da parte di tutta Italia

BOLOGNA – Potremmo definirlo un esempio di remote medical management nel cuore dell’Italia quella dell’ASL Umbria che cerca una strada per garantire a tutti un sistema sanitario di qualità e di alto livello, nonostante infrastrutture e fondi siano sempre troppo pochi.

Oppure potremmo più semplicemente chiamarlo un metodo per affrontare il territorio complesso dell’Umbria basandosi sui principi cardine del 118, ovvero tempestività operativa e massime competenze necessarie profuse sul territorio.

Fatto sta che incontrare i formatori dell’ASL Umbria 1 durante Exposanità, a Bologna, apre la visione di un’Italia che fa operazioni di soccorso di emergenza-urgenza con criteri e metodologie avanzate, su un territorio molto complesso per geografia, localizzazione degli ospedali, condizioni meteo e – soprattutto – antropizzazione.

La gestione dell’emergenza: pianificazione e azione

Abbiamo parlato con il dottor Manuel Monti, direttore responsabile del 118 dell’Ospedale di Assisi, e incaricato della gestione della pianificazione della macroemergenza dell’USL Umbria 1. E’ lui a guidarci nelle specificità del “Cuore Verde” d’Italia e a farci capire l’importanza della costruzione del team e della sua localizzazione:

“Il nostro territorio è particolare, per questo motivo abbiamo numerose postazioni. Avendo di fronte diversi tipi di interventi, dobbiamo localizzare sul territorio diverse automediche affiancandole con la tradizionale ambulanza di soccorso dove operano autista soccorritore e infermiere, oppure autista infermiere e medico con lo scopo di fornire servizio avanzato di supporto”.

Per l’Umbria la necessità di avere una rete di volontari e di soccorritori con competenze basiche diventa una vera e propria esigenza operativa. Il territorio e il numero di abitanti infatti è relativamente piccolo, ma la difficoltà d’intervento causata da strade complesse, localizzazioni remote e un servizio di elisoccorso che deve ancora essere potenziato (Umbria e Marche stanno discutendo da tempo su questo punto ndr), richiede un maggior numero di persone che sappiano quantomeno compiere le manovre di base BLS e sappiano usare il defibrillatore”.

“Da questo punto di vista in ASL1 abbiamo centri di formazione avanzata uniformi e cerchiamo di fare attività di formazione per affrontare le condizioni più difficili, sia per il mondo laico che per il mondo professionale avanzato. La nostra realtà fa più di 3.000 ore di corsi all’anno, sia per i soccorritori a cui insegnamo il BLS-D sia per infermieri e medici di area critica ai quali facciamo un continuo training sui protocolli ALS e ACLS. Tutti i nostri corsi sono certificati IRC”.

ASL Umbria: la figura dell’infermiere nella gestione dell’emergenza

Ma non c’è solo questo lavoro continuo di training per garantire al territorio una copertura massima sia nel campo base che nel campo avanzato: la Regione e le due ASL infatti stanno cercando di ragionare in maniera rinnovata sui temi delle maxi-emergenze, anche a seguito dei diversi terremoti che hanno colpito il Centro Italia e hanno costretto molte realtà a ripensare il proprio sistema di cura e salvataggio.

“Abbiamo attivato i piani peimaf (piani di maxi-emergenza ndr) per tutti gli ospedali dell’Umbria e stiamo formando tutti i dipendenti delle ASL per renderli partecipi e pronti ad operare nell’ambito delle maxi emergenze. Dobbiamo essere sempre pronti a rispondere agli eventi catastrofici in ogni situazione possibile”.

Per questo in Umbria la figura dell’infermiere non è al centro di polemiche, ma fa parte di un processo di sviluppo delle competenze che serve a migliorare la cura al paziente.

“Per noi è fondamentale la gestione della figura infermieristica – conclude Monti – perché questi professionisti lavorano spesso con il medico ma mantengono un’autonomia che gli permette di lavorare da soli, anche in condizioni estreme.

Con i corsi e con le specializzazioni future l’infermiere potrà lavorare sempre meglio in un contesto rinnovato, che sia a fianco del medico oppure in condizioni differenti, dove dovranno essere gestite le sue competenze nel sistema integrato dei servizi. Per questo le figure infermieristiche devono raggiungere maggiore autonomia con le competenze. Per lavorare in perfetta sicurezza.

Ed i miglioramenti sono ancora adesso in avanzamento, perché mentre scriviamo nuove automediche sono in consegna per l’ASL1 Umbra. Si tratta di SUV a trazione integrale che diventano fondamentali per la gestione logistica dell’emergenza. “Nel nostro territorio stiamo creando nuove piazzole per l’elisoccorso, redistribuendo il territorio di competenza e rispettando la nuova riorganizzazione degli ospedali periferici.

Le piazzole permetteranno l’intervento puntuale anche in zone che possiamo definire “scomode” ma che devono essere servite con qualità, sempre. Le nuove automediche raggiungeranno molto più velocemente il punto dell’evento. Si cerca sempre di migliorare il sistema”.

 

Potrebbe piacerti anche