Soccorritore e testimone in attentato a Londra: "Ecco come ho visto reagire la macchina del soccorso inglese"

Come e con quali mezzi il sistema di emergenza inglese ha reagito all’attentato dello scorso 22 marzo? Un collaboratore di Emergency Live e Fiammeblu era esattamente sul ponte di Westminster durante le concitate fasi successive all’attacco, ecco in un report esclusivo la visione di un evento simile con gli occhi di un soccorritore

Motomedica dell'NHS in servizio a Londra - Foto Marco Sennaroli, Fiammeblu
Motomedica dell’NHS in servizio a Londra – Foto Marco Sellaroli, Fiammeblu

Si chiama Marco e il  22 marzo scorso era all’uscita della linea District, quando si è visto di fronte un militare delle forze speciali, armato e allarmato, che lo indirizzava verso il ponte di Westminster, insieme ad altri turisti. Erano trascorsi pochi minuti dall’attentato causato da un terrorista che ha causato la morte di 5 persone e il ferimento di altri 40 fra cittadini inglesi e turisti. Marco è un soccorritore che da vent’anni presta servizio a Milano, ed è uno dei fotografi del portale Fiammeblu. Data la sua esperienza e la sua conoscenza dei mezzi, abbiamo scelto di pubblicare quest’intervista “a freddo” rispetto all’evento di Londra, per capire e affrontare meglio le principali problematiche che si possono vedere – anche come osservatori esterni – in situazioni di emergenza così gravi e così allarmanti.

Attentato con due zone calde e una stazione metropolitana in mezzo

“Il fatto è che io ero a Londra a fare il turista, e stavo seguendo un normale giro turistico – inizia a raccontarci Marco-. Quando sono sceso alla stazione di Westminster non c’era nessuna avvisaglia di cosa avremmo trovato sopra. Soltanto riemergendo mi sono trovato davanti 2 poliziotti in assetto antisommossa, una cosa molto anomala a Londra, dove i poliziotti girano per tradizione non armati. Ci stavano urlando di allontanarci verso il Westminster Bridge, e lì ho iniziato a vedere ambulanze e persone a terra che venivano trattate immediatamente. Penso di essere arrivato circa 5-10 minuti dopo gli impatti. L’area non era ancora stata completamente sigillata e non so se il primo triage era stato completato. Sono però certo che non avessero ancora chiuso l’uscita della metro e che non ci fossero ancora idee chiare sull’avvenimento. Mentre i poliziotti in tenuta anti-sommossa ci facevano allontanare dal Parlamento infatti, sul ponte abbiamo trovato altri poliziotti – stavolta in livrea tradizionale – che ci indicavano di tornare indietro. Eravamo quindi bloccati fra le due zone calde dell’attentato. Non potevamo andare verso il Parlamento, e neppure attraversare il ponte. Quando i poliziotti si sono visti probabilmente è stato chiaro ad entrambe le aree che c’era qualcosa che non andava” cioè che in mezzo alle due zone dell’attacco terroristico c’era un punto di sbocco della metro, che andava chiuso per evitare problemi.  Fra il ponte – dove sono state investite una cinquantina di persone – e il Parlamento dove è stato ucciso un poliziotto – ci sono infatti circa 200 metri. Le due “aree” sono state unite quando è stato aperto un passaggio tramite una scala laterale e siamo stati fatti scendere sul lungo Tamigi, e siamo stati spostati e scortati fino all’area del London Eye.

 

Mezzo della Polizia metropolitana in servizio a Londra, blocco su Westminster Bridge - Foto Marco Sennaroli, Fiammeblu
Mezzo della Polizia metropolitana in servizio a Londra, blocco su Westminster Bridge – Foto Marco Sellaroli, Fiammeblu

“L’intervento, quando sono arrivato io, era iniziato da poco. Ho visto sul ponte una ambulanza e una automedica. Progressivamente sono arrivati tutti gli altri mezzi. Solo una parte dei feriti in quel momento erano valutate da professionisti dell’NHS, mentre altri feriti venivano assisti dalle persone che erano in zona, forse qualche first responders ma non c’erano ancora molti paramedici”.

 

Risorse elevatissime, ma un problema enorme di traffico

Il lato più interessante per un soccorritore però è certamente quello di vedere una macchina di maxi-emergenza che entra in azione per assicurare la migliore copertura sanitaria possibile nel minor tempo possibile. “Dal punto di vista delle risorse non mi è sembrato un intervento che – sulla scala di Londra – abbia procurato momenti ingestibili, anzi. I soccorsi sono arrivati in modo ordinato e progressivo, con gradualità. La criticità principale che ho visto su Londra però è dovuta al traffico e al comportamento dei londinesi alla guida. Da questo punto di vista, sono rimasto sbalordito dal comportamento degli autisti. Quando sentono una sirena infatti, invece di dare strada gli autisti si bloccano completamente, non sanno più cosa fare. In questo modo una città estremamente canalizzata come Londra si blocca, figurarsi poi quando viene chiusa un’arteria frequentata e centrale. Ci sono stati grossi problemi di circolazione e probabilmente alcuni ritardi nell’arrivo delle ambulanze sono stati procurati da questa situazione. Ho visto ambulanze spegnere le sirene perché impossibilitate fisicamente a superare 3 autobus bloccati in colonna. Non so se il problema sia dovuto ad una formazione delle scuole guida  o ad altro, ma la grossa difficoltà che ho visto è principalmente questa”. Fra i mezzi particolari visti in queste situazioni c’era sicuramente il supporto logistico NHS per le maxi emergenze, un mezzo relativamente compatto vista la dimensione della maxi-emergenza e le paure di ulteriori attacchi (come accaduto a Bruxelles). “Credo che abbia influito molto sulla gestione della situazione la vicinanza con un ospedale di medie dimensioni come il St. Thomas’ Hospital. Ecco: l’anomalia dei minuti successivi all’attentato è stato vedere alcune ambulanze private, solitamente usate per i trasporti sanitari interni, sfrecciare in sirena come se fossero stati mezzi dell’NHS. Non è una cosa che capita spesso a Londra.”

Mezzi speciali e sicurezza anche sull’acqua

motonave di soccorso della RNLI inglese - Foto Marco Sennaroli, Fiammeblu
motonave di soccorso della RNLI inglese – Foto Marco Sellaroli, Fiammeblu

“Per quanto riguarda la donna caduta, o sbalzata, giù dal ponte nel Tamigi, è invece intervenuto il London Fire Brigade – continua Marco – con mezzi acquatici, insieme alla RNLI. Mentre ci stavano scortando verso il London Eye mi ha fatto specie vedere le barche dell’Harbour Master, l’autorità portuale del Tamigi, che facevano blocco navale per isolare la zona anche dall’acqua. E’ stato invece piuttosto normale vedere l’MD902 Explorer della London Air Ambulance atterrare in zona e ripartire per ben due volte con feriti a bordo. A Londra è quasi quotidiano l’intervento di questo elisoccorso che atterra dove c’è spazio”.

 

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