Disturbo d'Ansia Generalizzato: che cos'è e come riconoscerlo

Disturbo d’Ansia Generalizzato: in letteratura e in pratica clinica vi è una tassonomia (classificazione, nomenclatura) dei disturbi d’ansia a volte poco attenta a causa della possibile comorbilità con altre patologie e a causa delle similitudini di parecchi sintomi nelle differenti forme dei vari disturbi d’ansia

Ciò è fonte di almeno tre rischi:

  • il primo, più generico, è che si somministrino farmaci non specifici per quel  “tipo” di ansia, ma che ci si soffermi sull’abbinamento antidepressivo – generalmente di tipo SSRI (inibitore della ricaptazione della serotonina) –  e ansiolitico, a volte al bisogno
  • il secondo rischio è che si indaghi poco sugli aspetti di personalità e quindi su quel “tipo” di persona affetta da uno specifico disturbo d’ansia
  • il terzo è che ai Disturbi d’Ansia non sia riservato lo spazio nosografico (ossia di descrizione della malattia) che essi meritano.

Questo è un serio problema di iatrogenesi (vale a dire un errore, una negligenza di prescrizione o di diagnosi) che porta con sé aspetti sociali non indifferenti (il 50% della popolazione mondiale ha avuto almeno una diagnosi per disturbo d’ansia nel corso della vita).

Da un punto di vista funzionale, occorre ricordare che l’alterazione, la disfunzione cerebrale interessata è quella dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, ossia – in breve –  l’asse ormonale che mette in relazione le strutture limbiche, l’ipotalamo e l’ipofisi con il surrene per il rilascio di cortisolo che – se elevato – comporta espressioni comportamentali legati all’ansia.

Infatti, eventi ansiogeni prolungati comportano gli stessi effetti delle modificazioni depressive, ossia riduzione di neurotrasmettitori quali la serotonina e la noradrenalina ma anche e soprattutto l’iperattivazione dell’asse suddetto, con aumento significativo, appunto, dell’ormone cortisolo nel sangue, necessario per contrastare o favorire la risposta davanti all’improvviso cambiamento di situazione.

Questo dato, inconfutabile, dovrebbe meglio indirizzare sulla prescrizione farmacologica.

Inoltre, sarebbe opportuno tener conto del paradigma “diatesi – stress”, cioè dell’interazione tra la predisposizione alla nascita di un certo disturbo (diatesi, che comporta anche aspetti di personalità) e le condizioni esistenziali perché esso si manifesti (che comporta aspetti affettivi-emotivi).

A riprova dell’importanza delle caratteristiche di personalità coinvolte nei Disturbi d’Ansia, il DSM 5 – oltre alla classificazione vera e propria dei Disturbi d’Ansia prevede le seguenti categorie a se stanti:

  • Disturbo di Personalità Evitante (ossia Disturbi Fobici)
  • Disturbo di Personalità Ossessivo-compulsivo

Nella buona pratica clinica, per una corretta indicazione terapeutica è necessario attenersi ad almeno questi criteri:

  • indagare capillarmente sulla natura del disturbo d’ansia, secondo tutte le indicazioni ricavabili da attenta anamnesi e da attento ascolto della descrizione dei sintomi
  • effettuare un quadro il più attendibile possibile della personalità del paziente
  • comprendere il senso soggettivo di ansia descritto dal paziente
  • osservare lo stile di vita e le compromissioni, ove vi siano, delle relazioni lavorative e sociali
  • porsi in un empatico ascolto della sofferenza del paziente e in stretta collaborazione tra psichiatri e psicoterapeuti per verificare la capacità di tollerare una psicoterapia, il più delle volte assolutamente necessaria in associazione o in sostituzione a quella farmacologica con remissione delle acuzie  (gli antidepressivi e gli ansiolitici sono la quarta categoria farmacologica di maggior prescrizione ed in particolare tra gli ansiolitici il delorazepam è il più venduto al mondo)
  • non sottovalutare le dinamiche dei disturbi d’ansia, classificandoli superficialmente come il “male del secolo”.

Nella pratica diagnostica che utilizza il DSM 5, per i due disturbi d’ansia considerati a se stanti e inclusi nei disturbi di Personalità, e cioè il Disturbo Evitante ed il Disturbo Ossessivo Compulsivo, occorre attenersi ai seguenti due criteri:

1) Criterio A: valutazione del livello di compromissione dei 4 “Elementi di funzionamento della Personalità, che sono:

Dominio del Sé: 1) Identità di Sé – 2) Autodeterminazione

Dominio Interpersonale: 3) Empatia – 4) Intimità

2) Criterio B: almeno due sotto-domini o tratti:

Affettività Negativa (labilità emotiva, ansietà)

Distacco (evitamento).

Occorre inoltre attenersi alla seguente struttura gerarchica:

Disturbo di Personalità ansioso-evitante: Spettro dei Disturbi Internalizzanti (ossia di “ripiegamento” su se stessi)

Disturbo ossessivo-compulsivo: Spettro dei Disturbi Nevrotici.

Indipendentemente dalla modalità diagnostica, si evidenzano la necessità e l’utilità di ben differenziare i vari tipi di disturbi d’ansia al fine di somministraare ed indicare la terapia  più adatta.

Disturbo d’Ansia Generalizzato (Generalized Anxsiety Disorder: GAD)

Si tratta sicuramente del disturbo d’ansia apparentemente più facile da diagnosticare.

Ma non è così, perché i segni e i sintomi portano a pensare molto più facilmente ad una diagnosi di Depressione Reattiva e, pertanto, a volte è così curata.

L’ansia generalizzata si manifesta senza un apparente motivo, anche da un giorno all’altro ma non passa nel tempo a venire, anzi, diventa uno stato d’animo “spaventato”.

La persona normalmente in grado di gestire la comune ansia che il vivere chiama a tollerare, improvvisamente non lo è più e tutto diventa fonte di preoccupazione e di soffocamento paralizzante.

La persona “non sa perché”: sa solo che non può fare a meno di essere “in ansia” per tutto e qualsiasi evento, anche lieve, la spaventa al punto da non riuscire a mettere in atto i più minimi rimedi protettivi.

L’umore è triste perché c’è quel sentimento frustrante che toglie energia e perché la preoccupazione e lo spavento indifferenziati e ingiustificati portano al blocco ideativo; quindi è la paura e non la perdita di interesse (come del caso della depressione) a mobilitare ogni investimento.

La persona si sente, in un qualunque momento della giornata o della notte, sopraffatta improvvisamente da pensieri che appaiono troppo grossi da affrontare, perché caricati da un’ansia divenuta ormai ingestibile.

Anche ansie e preoccupazioni legittime diventato insormontabili e fonte di immobilismo.

Tutto appare gigantesco, al di là delle proprie possibilità e pure all’improvviso in momenti di calma arriva un restringimento alla gola che rende vulnerabile a tutto.

È evidente la portata sociale e relazionale di una situazione del genere e la cascata dei comportamenti è davvero da tenere presente per chiunque sia accanto ad una persona in tali condizioni.

Se la paura spaventa ma fa mettere in atto tutta l’allerta cerebrale, l’ansia generalizzata blocca e pietrifica talmente tanto da non riuscire a mettere in atto proprio nulla.

Il filo da cogliere al volo è contenuto nella frase “non so perché” che generalmente viene detta: è proprio perché non si sa perché che occorre aiutare “a sapere”.

Un tranquillante generico per il giorno e uno dei più blandi ipnoinducenti per la notte possono essere più che sufficienti, magari abbinati a qualche integratore alimentare in caso di sensibile astenia.

Obbligatoria, invece, una psicoterapia o psicodinamica oppure comportamentale.

Vignetta clinica su Disturbo d’Ansia Generalizzato (Generalized Anxsiety Disorder: GAD)

Carla ha trent’anni; è una giovane donna molto carina, elegante e raffinata ed ha un ottimo lavoro di  traduttrice.

Si definisce caratterialmente ansiosa per via della simultaneità del suo lavoro e ha sempre un po’ paura di non stare al passo ma, riuscendoci sempre, la sua ansia è controllata, grazie anche all’esperienza.

È in fase di preparativi per l’imminente matrimonio; il suo fidanzato è un medico tedesco, conosciuto durante un convegno.

Improvvisamente, Carla “si ammala” di ansia e non riesce a fare più nulla, si sente come paralizzata e avverte che tutte le incombenze la soffocano.

Decide di rivolgersi ad uno psicanalista, perché non riesce a capacitarsi.

Durante i primi colloqui conoscitivi, Carla è talmente in ansia che si pone in comportamenti e atteggiamenti già visibilmente non conformi allo stile di chi cerca aiuto.

È agitata, la postura è tutta tesa alla provvisorietà (busto eretto, seduta in punta di sedia, borsetta sulle gambe) come se dovesse andar via improvvisamente.

Questo viene colto come buon segnale predittore, perché è considerabile come atteggiamento inconscio che lì, nel setting delle sedute, avrebbe potuto trovare “qualcosa” per farla scappar via e questo la spaventa.

Nel prosieguo dei colloqui è raccolta l’anamnesi, verificata la motivazione alla comprensione e al cambiamento, insieme alla capacità all’impegno e alla tolleranza della frustrazione e si propone una psicoterapia psicodinamica breve focale, ossia con un numero fisso di seduta e con l’obiettivo (focus) di fare chiarezza sulla natura dell’ansia.

Già dalle prime sedute emerge che l’ansia è sì generalizzata su tutti i fronti ma il fattore scatenante è da ricercare nella decisione di sposarsi.

La terapia breve punta molto – proprio perché limitata temporalmente – sull’emersione, molto sollecitata dall’analista, delle emozioni inconsce.

Non c’è voluto molto a scatenare emozioni violente di tipo sessuale molto contorte ed è emerso, con l’insistenza dell’analista a procedere sulla strada della messa in scena evocativa della violenza, a scatenare il lei il motivo latente della sua ansia generalizzata: tutto in lei era diventato preoccupante  ed insopportabile da gestire a causa del ricordo di alcune scene repulsive – attraenti  del film “Il Portiere di notte” (storia molto complessa sadomasochistica tra un ex generale tedesco del SS e una ex prigioniera).

Attrazione-repulsione che sono state ben rimosse e sepolte nell’inconscio, ma aver dovuto stampare le partecipazioni in lingua italiana e in lingua tedesca ha acceso la miccia di una bomba tanto pericolosa quanto importante da disinnescare.

Ne va di mezzo la qualità e la scelta della sessualità e la capacità di separare fatti e persone.

Questa vignetta clinica ben dimostra sia la necessità di occuparsi della persona e non solamente del sintomo e sia quella della difficoltà a districarsi nei meandri dell’ansia.

Per approfondire:

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