Bioetica e vita, la scienza della sopravvivenza fra laicità e religione

Analisi della Bioetica Cattolica

Mentre a fondamento della bioetica laica è la qualità della vita e la libertà dell’individuo, in quella Cattolica è il principio della dignità e della sacralità della vita umana dal concepimento alla morte naturale. Questo principio si basa sul fatto che ogni persona è stata voluta da Dio per sé stessa ad immagine e somiglianza del Dio vivente e santo, rendendo la vita di ogni persona non disponibile né nella fase iniziale (esempio pratica dell’aborto) o nella fase terminale (con la sospensione dell’alimentazione e della idratazione artificiale e quindi con l’eutanasia o “suicidio assistito”). Secondo la bioetica cattolica la vita è un dono che l’essere umano deve solo gestire con cura e attenzione, il solo a poterne disporre è Dio: “la vita che Dio offre all’uomo è un dono con cui Dio partecipa qualcosa di sé  alla sua creatura”[1].

Dignità essenziale e irriducibile

Il principio che l’uomo è stato creato a immagine di Dio è stato chiamato in causa da molti studiosi per sostenere le posizioni del Magistero della Chiesa Cattolica sulle problematiche sollevate dall’evolversi della scienza nel campo medico: “Dio, essere personale, dona all’uomo la dignità di persona: tale dignità è essenziale, riguarda il significato più profondo della vita umana e quindi non può essere diminuita o annullata da niente e da nessuno. Da queste premesse deduciamo che neppure malformazioni fisiche e menomazioni psichiche, per quanto gravi possano essere, sono in grado di affievolire il valore della vita umana, al punto da farle perdere il diritto che è fondamentale per ogni uomo: il diritto alla vita”[2].

I problemi etici risolti a favore della vita

Il concetto della “inviolabilità” e dell’“immutabilità” della vita porta alcune conseguenze nell’ambito della biomedicina: il precetto di non uccidere che orienta e regolamenta le decisioni dei medici, operatori sanitari e familiari che devono affrontare situazioni estreme e complicate. Un esempio lo si può riscontrare nell’ambito dei problemi sollevati, nell’ambito dell’opinione pubblica, da aborto ed eutanasia i quali devono sempre essere risolti a favore della vita: nel caso dell’aborto non è lecito ricorrervi neanche in presenza di grave rischio della salute della madre o in quello dell’eutanasia non è giustificato né in situazioni di grande sofferenza né nei casi di una volontaria e consapevole riflessione. Il diritto di salvaguardare la vita è prioritario rispetto a tutto in quanto entità sacra non a disposizione dell’uomo. In sostanza i principi cui si ispirano i documenti del Magistero cattolico che si occupano di questi temi possono così riassumersi:

  • Principio dell’inscindibilità del significato unitivo e procreativo dell’atto coniugale, il dono della vita umana deve realizzarsi nel matrimonio con atti specifici ed esclusivi degli sposi secondo le leggi inscritte nelle loro persone e nella loro unione.
  • Principio cui ciò che è tecnicamente possibile non è moralmente ammissibile. Questo principio è particolarmente applicato alla fecondazione assistita, soprattutto nel campo della ricerca non terapeutica dell’embrione.

Il valore della vita umana

Il giudizio morale sui metodi di procreazione artificiale riconosce che l’embrione sin dal suo concepimento è già un essere umano e la loro manipolazione è una offesa alla sacralità della vita umana, e le parole dell’Evangelium Vitae ne sono la dimostrazione: “Anche le varie tecniche di riproduzione artificiale, che sembrerebbero porsi al servizio della vita e che sono praticate non poche volte con questa intenzione, in realtà aprono la porta a nuovi attentati contro la vita. Al di là del fatto che esse sono moralmente inaccettabili, dal momento che dissociano la procreazione dal contesto integralmente umano dell’atto coniugale, queste tecniche registrano alte percentuali di insuccesso: esso riguarda non tanto la fecondazione, quanto il successivo sviluppo dell’embrione, esposto al rischio di morte entro tempi in genere brevissimi. Inoltre, vengono prodotti talvolta embrioni in numero superiore a quello necessario per l’impianto nel grembo della donna e questi cosiddetti “embrioni soprannumerari” vengono poi soppressi o utilizzati per ricerche che, con il pretesto del progresso scientifico o medico, in realtà riducono la vita umana a semplice “materiale biologico” di cui poter liberamente disporre”[3]. Secondo l’ordine morale cattolico nessun atto può essere lecito se rappresenta una manipolazione dell’embrione:

  • La fecondazione artificiale eterologa non è conforme alle proprietà oggettive ed inalienabili del matrimonio (il figlio, quale immagine vivente dell’amore dei genitori, può scoprire la sua identità e le sue origini parentali per ricostruire la sua identità personale solo nel matrimonio e soprattutto nella sua indissolubilità).
  • La maternità sostitutiva è moralmente inammissibile in quanto contraria agli obblighi di una madre verso il proprio figlio perché offende la sua dignità e il suo diritto ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato dai genitori legati nel matrimonio.
  • La sofferenza per la sterilità coniugale, pur rappresentando una sofferenza per gli sposi non poter avere figli, non può essere una giustificazione, infatti la Chiesa chiede di tener presente che il matrimonio, inteso come vita coniugale, non perde di valore nell’ipotesi non vi sia procreazione. In questo caso l’amore può essere donato attraverso l’istituto dell’adozione perché il rapporto che scaturisce fra l’adottato e l’adottante è così forte, intimo e duraturo da non essere inferiore a quello fondato sull’appartenenza biologica.
  • Il ricorso all’aborto, la Chiesa lo definisce come “omicidio” che non può essere giustificato in nessun caso e da nessuna ragione, neanche se serve a salvare la vita della donna: la vita è un dono e come tale deve essere difeso.

La posizione della Chiesa: il martirio e la conservazione

La posizione ufficiale della Chiesa nel rapporto tra morale e bioetica è ben chiara nell’Enciclica Veritatis Splendor: “il rapporto tra fede e morale splende in tutto il suo fulgore nel rispetto incondizionato che si deve alle esigenze insopprimibili della dignità personale di ogni uomo, a quelle esigenze difese dalle norme morali che proibiscono senza eccezioni gli atti intrinsecamente cattivi. L’universalità e l’immutabilità della norma morale manifestano e, nello stesso tempo, si pongono a tutela della dignità personale, ossia dell’inviolabilità dell’uomo, sul cui volto brilla lo splendore di Dio. L’inaccettabilità delle teorie etiche teleologiche, consequenzialistiche e proporzionaliste, che negano l’esistenza di norme morali negative riguardanti comportamenti determinati e valide senza eccezioni, trova conferma particolarmente eloquente nel fatto del martirio cristiano, che ha sempre accompagnato e accompagna tuttora la vita della Chiesa”[4].

Ed ancora: “Di fronte alle norme morali che proibiscono il male intrinseco non ci sono privilegi né eccezioni per nessuno. (…) Così le norme morali, e in primo luogo quelle negative che proibiscono il male, manifestano il loro significato e la loro forza insieme personale e sociale: proteggendo l’inviolabile dignità personale di ogni uomo, esse servono alla conservazione stessa del tessuto sociale umano e al suo retto e fecondo sviluppo”[5].

Non uccidere, nè permetterlo

Il massimo principio morale da rispettare secondo la Chiesa è quello di “non uccidere” che determina, di conseguenza, la condanna, senza appello, dell’aborto e dell’eutanasia: “la scelta deliberata di privare un essere umano innocente della sua vita è sempre cattiva dal punto di vista morale e non può mai essere lecita né come fine né come mezzo per un fine buono. È, infatti, grave disobbedienza alla legge morale, anzi a Dio stesso, autore e garante di essa; contraddice le fondamentali virtù della giustizia e della carità. Niente e nessuno può autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzate. Nessuno, inoltre, può richiedere questo gesto omicida per sé stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo”[6]. Le Leggi che non tutelano la vita umana, in qualsiasi momento, devono essere rifiutate e ostacolate da chiunque: “le leggi che autorizzano o favoriscono l’aborto e l’eutanasia, si pongono dunque radicalmente non solo contro il bene del singolo, ma anche contro il bene comune e pertanto sono del tutto prive di autentica validità giuridica. (…) Ne segue che, quando una legge civile legittima l’aborto o l’eutanasia cessa, per ciò stesso, di essere una vera legge civile, moralmente obbligante”[7].

Questi principi della Chiesa e della loro influenza sulle decisioni da parte di legislatori e politici italiani lo si è visto in occasione dell’approvazione delle leggi sul divorzio e sull’aborto, sulla procreazione assistita e sull’iter legislativo della proposta di legge sull’eutanasia. Secondo la Chiesa la scienza e la tecnica devono rispettare i criteri fondamentali della morale cioè devono essere al servizio dell’uomo, dei suoi diritti inalienabili ma soprattutto secondo il progetto e la volontà di Dio.

 

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