Giochiamo a salvare le persone, invece che ad ucciderle?

Contributo di Dario Muzzarini, DAEdove

In questi giorni, si sta parlando moltissimo del tristemente noto gioco “Blue Whale” che ha causato oltre 160 decessi di adolescenti. Il gioco, per chi non lo conoscesse, prevede un percorso di 50 prove autolesioniste, di cui l’ultima prevede il suicidio attraverso il “salto” dal tetto di un palazzo alto. 

Ovvio lo scalpore e l’indignazione verso gli ideatori di questo gioco al massacro, tuttavia evidentemente ci sono ragazzi in età adolescenziale facilmente condizionabili da menti perverse.
Tuttavia, vogliamo credere che ci siano molti più ragazzi che abbiano qualcosa di buono da dire e da fare per la collettività. Da qui, nasce l’idea di DAEdove (applicazione per smartphone che mappa i defibrillatori presenti sul territorio nazionale) di creare un gioco “sano” come risposta culturale a un gioco “insano”. Una provocazione, ma anche qualcosa di più.
Il gioco prevede 22 attività legate alla diffusione dell’applicazione DAEdove, alla consapevolezza dell’importanza delle tecniche di rianimazione e della defibrillazione precoce, agli stili di vita virtuosi fino a un generale approccio verso il volontariato. Si chiama DAEhunter, introducendo nel contesto nazionale la figura del “cacciatore di DAE”, ovvero una persona che va a cercare i defibrillatori che trova per strada e li inserisce nella mappa.
Le attività presentate dal video introduttivo presente sulla pagina facebook di DAEdove, sono ad esempio “invitare 20  amici a scaricare l’applicazione”, alzarsi presto al mattino e andare a mappare 3 DAE (in risposta alla pratica agghiacciante di BLUE WHALE di alzarsi presto per vedere filmati Horror e ascoltare musiche particolari) o alzarsi presto e fare 5 km di corsa, fino a frequentare un corso per l’utilizzo del DAE. Gradualmente le attività crescono in termini di impegno e coinvolgimento, fino a prevedere di convincere qualcuno ad acquistare un defibrillatore e iscriversi al corso per soccorritori.
L’ultima prova, quella più difficile, in Blue Whale era il suicidio (si diceva “Saltate da un edificio alto. Prendetevi la vostra vita”). Questa incomprensibile scelta viene contrapposta all’attività conclusiva in DAEhunter, ovvero “salva una vita”.
L’idea quindi è di stimolare, i giovani ma non solo, a iniziare un percorso virtuoso che porta gradualmente l’individuo non a riprendersi la propria vita saltando da un edificio alto, ma a donare qualche ora della propria vita per aiutare gli altri, fino magari a salvare una vita.
Nell’introduzione al gioco viene infatti riportato l’auspicio degli ideatori che attraverso il percorso di DAEhunter si possa, nel tempo, arrivare a salvare tante vite quante sono quelle perse per il gioco Blue Whale.
È difficile, e forse un po’ utopistico, immaginare che i giovani scelgano una strada più virtuosa e meno sensazionalistica iniziando il percorso di DAEhunter. Ma ci piace sognarlo e chissà che da un gioco che è oggi un incubo, non possa invece nascere qualcosa che trasformi i sogni in realtà, una sorta di redenzione della società verso l’autolesionismo crescente e che sembra ormai un destino triste e inarrestabile.

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