Violenza sulle donne, come affrontare il primo approccio, per evitare un secondo abuso

Tutti gli anni, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, Emergency Live si è occupato della sensibilizzazione dei soccorritori, primi attori nella catena di soccorso che possono intervenire conoscendo e attivando la rete di supporto che permette a questi esseri umani di liberarsi da una schiavitù fatta di dolore e martirio.

Ci siamo chiesti anche quest’anno come dovrebbero approcciarsi i soccorritori ad una paziente con traumi e lesioni indicatori di una sospetta violenza sulle donne, e siamo arrivati alla domanda fatidica:

Violenza sulle donne: come si parla ad una persona che ha subito una violenza domestica?

Purtroppo nella maggior parte dei casi, le botte e i soprusi non vengono denunciati direttamente dalla vittima stessa e i soccorritori potrebbero trovarsi di fronte una paziente che presenta contusioni, lesioni o traumi che potrebbero far pensare a episodi critici, ma che lei stessa fa apparire come causa di un semplice “incidente”. Magari una banale caduta dalle scale. Per capire in maniera più approfondita come un soccorritore dovrebbe interfacciarsi, dal punto di vista psicologico ad una paziente in una situazione delicata come questa abbiamo intervistato la dottoressa Alessandra Bosaia, psicologa-psicoterapeuta, specialista in psicologia clinica e consulente presso il Centro Disturbi del Comportamento Alimentare presso l’Ospedale San Raffaele, la quale ci ha dato una panoramica degli elementi che i soccorritori devono tenere a mente e degli aspetti psicologici legati ai servizi di tipo critico come questo.

Violenza sulle donne: quali sono le movenze e l’approccio verbale che dovrebbero iniziare a mettere in allerta il soccorritore?

La datazione delle ecchimosi è importante e da modo al soccorritore di capire meglio la situazione

“Innanzitutto sottolineo l’importanza della valutazione delle lesioni che necessitano di un intervento immediato. Una volta fatto questo, il soccorritore deve valutare altri fattori che possono rivelarsi determinanti nel cogliere una possibile situazione di violenza sulle donne. Un primo fattore è quello del contatto visivo: la vittima tende ad evitare gli sguardi e soprattutto ad evitare di guardare negli occhi il soccorritore che sta intervenendo e che sta cercando di instaurare una relazione con la paziente. Un altro indicatore è evitare la prossimità, ovvero la vicinanza di un’altra persona. Chi ha subito una possibile violenza tende a tenersi lontano dal proprio interlocutore, quindi anche quelli che sono i normali interventi del soccorritore, come per esempio l’applicazione dei presidi, potrebbero risultare un problema poiché la vittima tende a mantenere una certa distanza.

I primi momenti del soccorso servono anche per fare un’attenta analisi del contesto

Un altro fattore da considerare è il racconto dell’accaduto. Una paziente che ha subito violenza potrebbe raccontare i fatti in maniera non coerente con quello che poi il soccorritore osserva, magari un ambiente caotico, confuso e disordinato. Inoltre le domande che generalmente il soccorritore fa non trovano nella paziente delle risposte precise. Tende a dare risposte frammentate, cambia la versione dei fatti o la sua versione non è la medesima di quella riportata dai presenti insieme a lei, che potrebbero essere i familiari oppure anche la persona che ha agito verso la paziente.

Non sottovalutiamo quelli che sono i segnali di uno stato emotivo importante, ovvero che la persona ha appena subito un possibile trauma. Quindi quelli che sono i segnali di ansia, spavento, addirittura tremori della paziente quando si avvicina un membro della famiglia o il conoscente che ha agito verso di lei, sono elementi che dovrebbero suscitare allerta nel soccorritore. Per cui è importante per l’equipaggio esaminare attentamente la coerenza delle informazioni che ricevono. Può anche essere che la paziente utilizzi un metodo di comunicazione molto ridotto, frammentata, veloce, come se volesse chiudere in fretta la conversazione sulla dinamica dei fatti. Importante è che il soccorritore adotti un metodo di ascolto attivo, partecipe ma soprattutto non giudicante e non inquisitorio che è fondamentale per l’aggancio con la paziente.”

Per infermieri e medici dell’emergenza territoriale, come si può iniziare ad approcciare una vittima di violenza per costruire un rapporto di fiducia?

“ E’ importante creare un clima di accoglienza e per fare questo è importante porsi in un atteggiamento di ascolto incondizionato senza mostrare di avere fretta o pregiudizi. La persona deve essere lasciata libera di parlare senza interruzioni, dandole lo spazio e il tempo di riportare i fatti e, se riesce, il proprio vissuto emotivo, rispettando le pause del racconto. Astenersi dal commentare l’accaduto ed ovviamente evitare atteggiamenti di sufficienza. Ma se i medici e gli infermieri in base alla loro esperienza e preparazione riscontrano degli evidenti elementi di sospetta violenza sulle donne è importante farlo presente. Questo però sempre in maniera non inquisitoria, rassicurando e tranquillizzando la vittima dicendo che l’operatore è formato per gestire al meglio queste situazioni e che sono situazioni che possono accadere ed è importante riportare quello che è veramente accaduto perché ci sono persone preposte per dare aiuto in questo.”

Violenza sulle donne: l’importanza dell’ambiente. Ci sono aspetti da tenere in conto che possono essere indicatori?

“Dipende dalla scena. I soccorritori devono prestare estrema attenzione alla scena già dal momento in cui la raggiungono. Prestare attenzione a rumori, suoni, urla che possono far pensare ad una lite accesa e quindi dare un’idea ai soccorritori già da subito di cosa andranno ad affrontare. Una volta arrivati nel luogo dell’evento, occorre osservare. Osservare la scena molto bene. Il disordine, il caos, oggetti sparpagliati a terra, sedie rovesciate, bottiglie di vetro abbandonate oppure oggetti potenzialmente pericolosi come forbici o coltelli possono essere indicatori di episodi di violenza. Quindi massima attenzione dei soccorritori sia per una loro sicurezza e protezione personale, sia per monitorare un eventuale cambiamento di clima sulla scena dell’evento. Per questo è importante avvicinare la vittima in un luogo sicuro, appartato che può essere una stanza dell’abitazione, oppure se accade per strada, va bene l’ambulanza per cercare di allontanarla da quello che è la fonte di ulteriore ansia e agitazione, e che potrebbe tradursi in un timore a raccontare.”

 

La prudenza però è d’obbligo, così come la riservatezza. E’ il caso di scrivere o di comunicare in modi diversi, quando ci si rende conto di una situazione così complessa?

“La prima cosa da fare per il soccorritore è creare l’aggancio. Il primo approccio lo effettuiamo di solito con la voce. Ci possono essere situazioni in cui questo non è immediato e semplice, quindi potremmo chieder alla paziente se ce lo vuole scrivere. Ovviamente tutto ciò che diventa altro nelle forme di comunicazione, lo dobbiamo sottoporre al triagista in ospedale. Quindi tutto quello che i soccorritori raccolgono sulla scena è da riportare poi una volta che avviene la presa in carico del paziente.”

Violenza sulle donne: il debriefing. Quale aspetto andrebbe approfondito in debriefing, dopo un intervento su violenza domestica?

“La finalità del debriefing è quella di andare a normalizzare le esperienze emotive che i soccorritori sperimentano in un servizio considerato critico. E’ importante dare giusto spazio alle emozioni che provano durante il servizio in casi come questi che vanno oltre il quotidiano: il senso di impotenza, senso di rabbia, atteggiamento giudicante. Qui diventa importante facilitare la verbalizzazione e l’esternalizzazione di queste emozioni e cercare di normalizzarle come reazioni emotive normali che un equipaggio sperimenta in un servizio particolare. Ed è importante dare peso alla dimensione dell’equipaggio, non solo al singolo soccorritore. Un buon servizio è dato anche dalla dimensione dell’equipaggio perché il lavoro lo si fa in squadra.”

I bambini: se ci sono figli, quali precauzioni è il caso di prendere? Si “spalleggia” la paziente nella comunicazione con una terza parte familiare?

“Fondamentale è valutare l’età dei figli. Sicuramente la presenza di minori deve essere osservata, valutata e gestita. Se possibile allontanare i figli dalla raccolta di informazioni. Devono essere anche loro accompagnati in un luogo sicuro. E’ importante valutare le persone che sono sul luogo della scena, come eventuali vicini di casa. E’ importante segnalare alla centrale operativa la presenza di minori, segnalare la situazione di conflittualità più o meno verbalizzata e capire insieme alla centrale come poter gestire al meglio la presenza di minori. Non abbiamo una risposta standard, non vanno lasciati a casa, non vanno sempre portati in Pronto Soccorso. Occorre valutare dettagliatamente come agire in casi come questi con l’aiuto della centrale basandosi sull’età dei figli e in base all’entità dell’intervento su cui si sta intervenendo.”

 

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Dott.ssa Alessandra Bosaia

Psicologa-psicoterapeuta, specialista in psicologia clinica.
Consulente presso il Centro Disturbi del Comportamento Alimentare presso l’Ospedale San Raffaele.
Collaboratrice con diverse associazioni che operano nel sistema emergenza-urgenza (supporto e sostegno ai soccorritori, formazione ai corsi per diventare soccorritore-esecutore).
Master in “Interventi relazionali in contesto d’emergenza”.
Soccorritore-esecutore presso Sos Uboldo.

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