Le ONG hanno un sistema di Search and Rescue abusivo?

Sta sollevando parecchio rumore il servizio aereo privato di ricerca e soccorso delle ONG che opeano nel Mediterraneo. Ecco perché non possono farlo.

ENAC – insieme all’ente aereo maltese – sta impedendo il volo di due velivoli da turismo, un Currus Sr22 ed un Mcr-4S, che facevano da servizio SAR privato delle navi da soccorso di Sea Watch. La questione merita approfondimenti.

Premessa: le regole del SAR sono internazionali

L’aereo SR22 della Sea Watch in volo da Malta

Stiamo parlando di due aerei da turismo privati usati come vedette per aiutare i migranti in difficoltà in mezzo al mar Mediterraneo. Se prendiamo i regolamenti ICAO, si tratta di una attività non permessa ai privati, messa in campo da Sea-Watch e dall’associazione francese Pilotes Volontaires.

Il Search and Rescue è una attività di ricerca e soccorso in terra e in mare che – nel nostro paese – per legge compete alle forze militari e alle forze dell’ordine. Neppure gli elicotteri a servizio del 118 possono svolgere missioni SAR, ma solo HEMS. Aeronautica Militare, Marina Militare, Guardia Costiera, Guardia di Finanza e – su terraferma – Vigili del Fuoco (questi ultimi con il certificato HEMTS) hanno le abilitazioni per farle.

Un MCR-4S del 2002 in partenza

Già questo dovrebbe essere abbastanza per capire che un Dun’Aéro MCR 4S e un Cirrus SR22 come “vedette dell’aria” siano inusuali. Ma nel 2018 e nel 2019 questi velivoli hanno operato al fianco delle barche che recuperano i migranti, con voli mirati all’individuazione dei natanti in pericolo, triangolazione delle comunicazioni e geolocalizzazione, così da salvare le persone in pericolo.

La competenza della Guardia Costiera

L’attività di salvataggio e soccorso in mare è regolamentata a livello internazionale, ma queste regole riguardano la superficie del mare, non l’aria. Nel volo, tutte le operazioni di SAR devono essere coordinate e gestite dai militari. In particolari, in Italia ad essere investito del ruolo di Search and Rescue è la Guardia Costiera. Quest’ultima è una specializzazione della Marina Militare Italiana e svolge compiti relativi all’utilizzo del mare. Controlla sia le attività burocratiche che quelle legali. Si tratta – in sintesi – di una polizia marina con compiti civili. A livello territoriale il MARICOGECAP IMRCC è il Comando Generale della Guardia Costiera con funzioni di Centro nazionale di soccorso in mare. Coordina le direzioni marittime a cui fanno capo i centri di soccorso secondari. La Guardia Costiera disciplina, monitora e controlla il traffico navale, la sicurezza della navigazione, il trasporto marittimo. La Guardia Costiera – così come lo stato Italiano – aderisce e rispetta il regolamento internazionale della convenzione di Amburgo sul soccorso marittimo. Ogni volta che c’è una emergenza segnalata al 1530 o al centro internazionale, è la Guardia Costiera che si spende nelle attività SAR, nel collegamento con gli enti omologhi negli stati confinanti e al di fuori della propria area di competenza.

Quali pericoli corre un privato che si mette a fare ricerca e soccorso in mare aperto?

Un aereo che parte di sua spontanea volontà per individuare barche in difficoltà nel Mediterraneo, in sintesi, si sostituisce ai normali canali di ricerca e soccorso che lo Stato Italiano ha predisposto per la sicurezza di tutte le persone presenti nelle sue acque nazionali e nelle acque internazionali di competenza.

E’ come se qualcuno si mettesse a soccorrere persone per strada con una utilitaria bianca dotata di lampeggiante sul tetto. Magari è anche un medico anestesista-rianimatore, ma non vi suona un po’ strana come cosa?

Per il SAR servono veicoli e velivoli certificati e sicuri

Nemo 01 è l’elicottero AW139 della Guardia Costiera. Si tratta di un velivolo estremamente perfomante, pensato per le operazioni in alto mare

Le ONG non stanno usando velivoli certificati per le attività di soccorso in mare. Il Cirrus Sr22 vale oggi fra i 100 e i 150 mila euro, mentre l’Mcr-4S sarebbe costato 130 mila euro all’associazione Pilotes Volontaires. Ma entrambi i velivoli non sono certificati per il soccorso in mare. Come riporta “il Giornale” i due aerei avrebbero effettuato più di 130 missioni dall’inizio dell’anno. Missioni che – vale la pena ricordarlo – sono sempre piuttosto costose, dato che per far volare un aereo servono migliaia di euro in carburante.

Alla fine quindi è arrivato lo stop alle iniziative di Pilotes Volontaires e Sea-Watch da ENAC. L’ente nazionale per l’aviazione civile ha spiegato che i due aeromobili non sono in possesso di permessi di volo speciali, non godono di riconoscimenti per condurre operazioni in alto mare, e gli aerei hanno subito modifiche significative di cui non esiste tracciabilità. Dato che questi aerei vengono “autocostruiti” (pratica comune nell’aviazione ULM e turistica) non è chiaro se gli aeromobili in oggetto hanno subito modifiche che non collimano con gli standard di produzione della casa produttrice. Ma il problema principale è solo uno: nessun aereo, elicottero o ultraleggero privato può sovrapporsi ai compiti che lo Stato Italiano ha affidato alla Guardia Costiera, alla Marina Militare e – quando necessario – all’Aeronautica Italiana.

Sea-Watch vuole ripartire quanto prima: forse con i droni?

Un MCR-4S convertito a Drone

Il progetto Moonbird di Sea-Watch è sostenuto anche dalla Humanitarian Pilots Initiative e sostenuto attivamente da diverse realtà, come la Chiesa evangelica tedesca. Malta, a ottobre 2018, aveva bloccato l’atterraggio di questo velivolo perché operante in conflitto con le normative. Ora anche dagli aeroporti italiani questo velivolo non potrà più attivarsi. Cosa succederà? Sea-Watch e la HPI hanno già affilato le armi legali per dare battaglia su questi pronunciamenti. Ma sarà difficile che un servizio di SAR privato possa riprendere il volo da un aeroporto italiano o maltese. Rimarrebbero la Tunisia e la Libia (!). Oppure servizi di volo con droni, tecnologie ancora border line che vedrebbero impiegati velivoli più complessi ma meno costosi in termini di azione sul campo. Ma potrebbe anche darsi che – per una volta – le ONG private arrivino ad un accordo collaborativo con i militari e la Guardia Costiera, che hanno tutti gli strumenti per effettuare operazioni di perlustrazione, SAR e HEMS in mare aperto, senza far correre pericoli a nessuno e, soprattutto, mettendo a disposizione di persone in difficoltà le migliori tecnologie possibili.

PER APPROFONDIRE:

REGOLAMENTO SAR INTERNAZIONALE

MOONBIRD OPERATION SEA WATCH

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