Paura e strategia del terrore, tra pericolo reale e percepito

La paura del terrorismo è al primo posto fra le angosce che dominano l’immaginario collettivo. A cosa è dovuta? Si può curare e si può intervenire a livello sanitario?

Francia, Belgio, Germania, tra i paesi più colpiti dalla furia degli attentati terroristici che negli ultimi mesi hanno di fatto generato un clima di paura senza precedenti. La paura, come ben si sa, è un meccanismo emozionale primitivo, che in qualche modo ha permesso l’evoluzione della specie umana e che ha la sua sede nella profondità dell’encefalo in una struttura molto antica: il sistema limbico. Esso è formato, oltre che dal talamo e dall’ipotalamo, dall’ippocampo e dall’amigdala; quest’ultima, nello specifico, pare sia in grado di memorizzare semplici ricordi di sensazioni che abbiamo imparato in qualche modo a temere. Qui hanno luogo i meccanismi definiti del “circuito primitivo“, che generano una reazione emotiva a fronte di qualsiasi stimolo o minaccia, valutandone la pericolosità. Questo circuito e sì molto rapido, ma è anche molto poco preciso. Successivamente all’impulso generato dall’amigdala, il nostro cervello lavora per affinare la reazione agli stimoli; questo avviene facendo filtrare le informazioni attraverso la corteccia, che collega il circuito primitivo ai ricordi conservati nella memoria, fornendo una risposta più chiara, dettagliata e soprattutto consona alla reale entità dell’offesa. Il collegamento tra il sistema limbico e la corteccia prefrontale è definito “circuito razionale“, che fornisce una risposta più lenta ma molto più approfondita. Un terzo circuito, ancora poco conosciuto, è quello definito “circuito conscio“, il più potente e capace di fungere da decisore supremo della risposta da dare nei confronti della minaccia; analizza e sceglie pertanto la miglior reazione tra quelle offerte dal circuito razionale, generando una risposta (definita arousal) che favorisce ogni eventuale successiva azione (fuga, lotta, ecc.). Esaminato l’ancestrale meccanismo della paura, è opportuno fare una analisi sul fenomeno del terrorismo. Il termine terrorismo in origine definiva una forma di governo basata sul terrore; Dionisio da Siracusa (465 a.c.), Nerone (54 d.c.), passando per Adolf Hitler (1934) per arrivare a Pol Pot (1976) rappresentano solo alcuni esempi. Un uso giornalistico del termine lo ha esteso a gruppi criminali più o meno politicizzati che usano il terrore come strumento per perseguire i propri scopi. Talvolta si tratta semplicemente di organizzazioni malavitose dedite magari allo spaccio di stupefacenti o al contrabbando, oppure di vere e proprie fazioni il cui intento è la destabilizzazione dell’ordine costituito, come nel caso dei miliziani dell’IS (che ricordiamo essere un gruppo jihadista salafita attivo in Siria e Iraq il cui capo, Abu Bakr al-Baghdadi, nel giugno 2014 ha unilateralmente proclamato la nascita di un califfato nei territori caduti sotto il suo controllo in una fascia di territorio compresa tra la Siria nord-orientale e l’Iraq occidentale). La paura del terrorismo è attualmente al primo posto tra le angosce che dominano l’immaginario collettivo. Alcuni studi statistici hanno permesso di rilevare che un italiano su due prova un grande senso di insicurezza e quindi di prostrazione legato al diffondersi del terrorismo, mentre cala contestualmente la preoccupazione nei confronti della criminalità comune, mentre rimangono diffuse e consolidate le paure legate alla crisi economica, all’estensione delle soglie di povertà, ai disastri naturali e ai fenomeni migratori; aumenta la percezione di quanto descritto tra le persone adulte rispetto ai giovanissimi (15-24 anni) e si impenna nei soggetti che trascorrono più di 4 ore davanti alla televisione (Mazzeo, 2016). Ovviamente questi dati hanno un importante riscontro nella vita psichica di ogni soggetto, al punto che tra chi si rivolge alla psicoterapia è facile rilevare una netta predominanza delle sindromi ansiose di varia tipologia. Il senso di incertezza, i confini sociali molto diversi dal passato, la metamorfosi della moralità, i legami instabili e disgregati, il cambiamento dei punti di riferimento, la variazione del tessuto delle reti sociali e del modello classico di famiglia (condizioni che Zygmunt Bauman definisce tipiche della “società liquida”) si traducono in un senso di costante timore verso ignote minacce esterne: dal prendere un aereo al frequentare luoghi molto affollati, fino all’inconscio senso di smarrimento che si prova quando non si ha la connessione internet o il telefono semplicemente “non prende”; reazioni di una psiche che deve giocoforza adattarsi ad un mondo travolto da un repentino quanto insolito cambiamento. Oltre a questo, la moderna società mediatica basata soprattutto su televisione e social network plasma cuori e menti, bombardandoci di informazioni e garantendo a chiunque la possibilità di condividerle, prescindendo dalla bontà e liceità delle stesse (a tal proposito si era espresso anche il compianto Umberto Ecohttp://goo.gl/HhpwPk). I social network non sono da demonizzare e possono sicuramente aiutare a sentire le persone più vicine nei momenti critici, a sentirci meno soli; ma è proprio la solitudine uno di quegli stati d’animo che riduce la sensazione di controllo sulla realtà e quindi aumenta il livello di ansia. Tutte queste sollecitazioni portano l’individuo a perdere il controllo sulla percezione del rischio. Utile alla comprensione di quanto scritto è lo studio del Dr. Peter M. Sandman, che mette appunto in risalto come attualmente il riscaldamento globale, il cancro o l’incidente d’auto siano notevolmente sottostimati, a differenza di rischi risibili come l’elettrosmog, la caduta dell’aereo o la possibilità di un attacco terroristico che risultano assolutamente sovrastimati, modificando in generale la percezione dello status quo.

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Approfondimenti:

“I dati del terrorismo globale” Repubblica, 2015 (http://goo.gl/u2wgq9)

“Outrage Management (low hazard, high outrage)” Dr. Peter M. Sandman, 2012 (http://goo.gl/H9otVx)

RISK (A series of educational wall charts) Susanna Hertrich, 2010-2011 (http://goo.gl/u2wgq9)


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