Migranti, il dottor Bartolo: “Il campo di Lipa è disumano, ho vomitato dal dolore”

Campo di Lipa, il medico di Lampedusa, oggi europarlamentare, ha visto con i suoi occhi l’inferno della rotta balcanica: “C’erano 960 persone, molti giovani, tremolanti e ammassati in tende bucate”

Il campo di Lipa “è disumano. Sono stato male, tanto da vomitare. E ho pianto”.

Pietro Bartolo, lo storico medico di Lampedusa oggi europarlamentare, ha visto con i suoi occhi l’inferno della rotta balcanica.

Quel luogo simbolo di una tragedia consumata al freddo, fotografata tra la neve.

E a Bartolo, che ha convissuto con la tragedia della rotta mediterranea, le immagini della Bosnia gli si sono inchiodate dentro: “Mi hanno ricordato cose viste nei film, nei documentari, lette nei libri”, dice intervenendo in Consiglio comunale, a Firenze.

Lo testimonia, e si commuove: “Vedere una radura piena di neve, una recinzione metallica con il filo spinato, insormontabile.

E dentro tende misere, coperte di neve, e un capannone più grande, con fuori una fila di circa cento persone, con qualche coperta addosso, alcuni in ciabatte.

Tremolanti, camminavano piano piano, in fila” per il pasto: “Un tozzo di pane e una scatoletta.

C’erano non so quanti gradi sottozero, io ero tutto vestito: avevo il giubbotto, il passamontagna, la calzamaglia” sotto i pantaloni “ma dopo dieci minuti stavo morendo di freddo.

E molti di loro erano a piedi nudi, si lavavano in mezzo alla neve, senza corrente, luce, acqua corrente”.

Circa 960 persone, dice, e una distesa di tende. Tende “in cui sono entrato. Alcune con buchi, in cui entrava la neve”.

I dialoghi del medico al campo di Lipa

E dentro, ammassati, “molti giovani, tanti minorenni.

Un ragazzino di 16 anni, pachistano, mi ha detto di aver tentato di passare la frontiera per 70 volte e per 70 volte l’hanno ricacciato indietro, togliendogli tutto: le scarpe, il telefonino per parlare con la famiglia.

L’hanno picchiato con il manganello ricoperto con il filo spinato”.

Ferite che ha mostrato al dottore: “Si è abbassato i pantaloni e mi ha fatto vedere una ferita putrida, infetta”.

Storie sentite “a decine. Tutte uguali: picchiati, massacrati dalla polizia croata, inseguiti dai cani.

Questo mi hanno raccontato”. E questi “sono i fortunati”, perché hanno “un posto dove stare.

Ma nella foresta adiacente vivevano le famiglie, con bambini piccoli, di due, tre anni.

Una signora mi ha detto che la polizia addirittura toglie ai bimbi il pannolino, mandandoli in mezzo alla neve. Disumanità pura e inaccettabile“.

L’Europa, prosegue, “ha dato oltre 80 milioni per la gestione del fenomeno migratorio, di cui abbiamo visto ben poco”.

La grande responsabilità “è proprio dell’Europa, degli Stati membri e della Commissione: non si può assolutamente lavarsi la coscienza dando dei soldi, esternalizzando le frontiere”.

Invece “dobbiamo trovare delle soluzioni per queste persone, per questi bambini definiti nemici della ‘fortezza’ Europa.

I bambini, ma quale colpa hanno questi bambini, queste famiglie, che scappano dalle guerre, dalle persecuzioni, dalla miseria, dai cambiamenti climatici?”.

“LA CULTURA DELL’ODIO È UN CRIMINE, NON È POLITICA MA CIALTRONERIA”

“La cultura dell’odio, del rancore” non è politica, ma “cialtroneria.

È sbagliata ed un crimine: l’istigazione all’odio va perseguita.

La buona politica, invece, deve dare risposte” e decidere “se chiudere i porti o aprirli, se fare morire questa gente in mezzo al Mediterraneo, a Lipa, oppure se salvarle”.

Lo sottolinea Pietro Bartolo, intervenendo ai lavori del Consiglio comunale di Firenze.

Per l’eurodeputato “il fenomeno della migrazione è nato con l’uomo e ci sarà sempre, nessuno lo potrà fermare”.

Un fenomeno “che va affrontato diversamente, non con il contrasto, con i rimpatri, i fili spinati, i muri”, quelli di pietra o cemento e quelli “mentali, che sono più difficili da abbattere”.

Per approfondire:

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Agenzia Dire

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