"Questa è la Puglia che voglio ricordare". Uno sguardo su una scena dell'inferno di Corato

Non ci sono parole per descrivere il dolore, la rabbia e la tristezza che si prova quando si è coinvolti in una tragedia come quella di Corato in Puglia. Noi vogliamo restare in silenzio per rispettare le vittime e per mandare un abbraccio, in silenzio ai parenti e a tutti quelli che in questo momento soffrono. Ma ci sono parole che vanno spese e sono da spendere per i soccorritori. Tutti, nessuno escluso, hanno fatto un lavoro straordinario, in condizioni stressanti anche dal punto di vista climatico. Non vogliamo pensare infatti a come ci si debba sentire dentro un inferno di  lamiere, con 40 gradi, chili di divisa e attrezzatura addosso. Per questo riprendiamo solo una piccola parte del post di Nicola Nocella, coratino, che ha raccontato la sua visione dell’evento da compaesano di tante vittime.

 

Alle undici e mezza c’è stata la tragedia.
Nemmeno a mezzogiorno c’erano già tutti i soccorsi. Tutti. Una macchina perfetta. Quattro elicotteri della protezione civile. Dopo poco più di un’ora c’era già un ospedale da campo pronto accanto  al disastro. Alle due e mezza negli ospedali c’erano tutti i medici che potevano esserci. Alle tre meno un quarto c’era già la FILA di donatori in giro nei punti di raccolta. Ci hanno chiesto di tornare domani.
E gli operatori del servizio di donazione erano lì da stamattina. E adesso, scrivo alle 23, sono ancora lì.
Come tutti i vigili del fuoco. Tutti i volontari. Tutti i poliziotti e tutte le guardie forestali.
Dopo tre ore dalla tragedia, il palazzetto dello sport di Andria era un grande centro di raccolta. Di protezione per i parenti. E di informazione.
Questa Puglia, che molti hanno saputo solo sputtanare, si è rintanata nel suo cuore e ha fatto in modo che riprendesse a battere.
Non sono mai stato più orgoglioso di essere coratino, di essere pugliese.

E adesso, al buio, mentre ancora si scava, mentre i politici sono già arrivati e andati, la gente comune arriva nel luogo del disastro per portare acqua, cibo e abbracci a chi è lì da stamattina.

E’ una tragedia immane, l’hanno detto tutti. Ma le parole, quelle cose che sono così importanti, a volte vanno usate a ragione:
una, tragedia, immane

Presto torneranno a fare rumore solo i nostri ulivi, il nostro orgoglio più grande, che sono lì da centinaia di anni e ci resteranno ancora, mentre continuano a crescere e rinascere ogni volta, ogni giorno, per tornare a vivere.
Come hanno insegnato a farlo a noi.

Che tornino a frinire le cicale.

 

CONTINUA

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