Scontro fra medici e infermieri nel 118: la posizione di SIAARTI su Venturi

Si parla sempre di guerra fra professionisti medici e infermieri, ma dopo le parole di Venturi è il momento di andare oltre. Che soldi e che soluzioni per garantire a tutti i cittadini cure e assistenze dignitose e corrette?

 

Le parole polemiche dell’assessore alla sanità dell’Emilia Romagna Sergio Venturi hanno sferzato l’ambiente sanitario. L’ex direttore generale dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma e di quella di Bologna, nonché stimato professionista che da più di vent’anni si occupa di gestione sanitaria, ha voluto scatenare il dibattito politico, per muovere le acque in un momento in cui tutti vorrebbero tante riforme nel settore sanitario, ma nessuno si sta adoperando seriamente per trovare le risorse adeguate. La risposta di SIAARTI è giunta forte e chiara a tutela dell’integrità delle attività del medico. Riportiamo quindi il comunicato integrale


È in atto da tempo il tentativo di risolvere il problema della carenza di personale medico afferente ad alcune specializzazioni attraverso approcci non sempre ortodossi e a volte fantasiosi. Surrogare o sminuire la professionalità di un dirigente medico, raggiunta attraverso un faticoso percorso di formazione teorica e pratica, è una via semplicistica e pericolosa. Nessuno affiderebbe un aereo a uno steward o a una hostess in carenza di piloti. Crediamo davvero sia giunto il momento di fare chiarezza, non solo per i professionisti della sanità ma soprattutto per i pazienti e i loro familiari, che credono fermamente nell’efficienza del Sistema Sanitario Nazionale e si affidano, con fiducia, alle nostre cure.
La carenza di specialisti, nello specifico in Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore, è il risultato di una non adeguata programmazione sanitaria negli anni, della non favorevole congiuntura economica e, soprattutto, dell’idea, sempre più diffusa, che considera la tutela della salute solamente una voce di spesa e non un valore aggiunto per il Paese.
Le specializzazioni medico-chirurgiche a maggiore stress e burn-out lavorativo, come l’Anestesia e Rianimazione, stanno soffrendo le maggiori defezioni da parte dei giovani professionisti. Tale dato altro non è che un indicatore precoce delle criticità del sistema sanitario nel suo insieme. Il test di ammissione alle Scuole di Specializzazioni sanitarie, svolto ora a livello nazionale e non più locale, ha ulteriormente evidenziato le debolezze di un sistema incapace di intercettare le reali inclinazioni dei medici neo-laureati. Spesso chi si avvicina alle discipline meno ambite, come la nostra o la Medicina d’Emergenza-Urgenza, è poco motivato, lontano dalla propria sede di residenza e non raramente finisce per abbandonare la Scuola o, peggio, per abbracciare obtorto collo una professione che non ama e non amerà, con tutti i risvolti negativi che ciò comporta dal punto di vista professionale.

Nel tentativo di affrontare tale momento di crisi, “la toppa è apparsa peggiore del buco” con stravaganti approcci e discutibili soluzioni che vanno dalla riduzione della durata del percorso formativo, all’assunzione di dirigenti medici non specialisti, pur se iscritti alle Scuole di Specializzazione, come se “guidare con il foglio rosa equivalesse a possedere la patente a tutti gli effetti”.

La proposta dell’Assessore alla Sanità della Regione Emilia-Romagna Sergio Venturi è una delle tante, forse la più estrema e colorita, che denuncia la trasformazione dei medici in “passacarte” e invoca allora la soluzione più immediata: delegare al personale infermieristico e/o tecnico l’attività medica, rischiando però una dequalificazione dell’offerta sanitaria correlata alla diversa formazione delle figure professionali che si vorrebbero coinvolgere in un’attività medica, peraltro di alta specializzazione. Contestualmente si potrebbe anche innescare una tensione tra professionisti che, in verità, ogni giorno collaborano e trovano le migliori sinergie sul campo.
Pensiamo, ma soprattutto ci auguriamo, che tali affermazioni siano solo una “boutade” ad effetto, perché sono ben noti gli aspetti medico-legali, giurisprudenziali e soprattutto scientifici che identificano i confini delle responsabilità sanitarie e delle loro interazioni.Portare a paragone servizi sanitari di altri Paesi senza una puntuale contestualizzazione (rischi-benefici) è fuorviante, non prendendo minimamente in considerazione il contesto normativo, formativo-educazionale, medico-legale e socio-culturale, nello specifico dell’Europa.
SIAARTI rappresenta gli specialisti e gli specializzandi in Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore, professione che non conosce equipollenze. Mentre è possibile cioè concorrere per altre discipline con vari titoli di specializzazione, ciò non è possibile per la nostra; è necessario viceversa riconoscere a questa professione una specifica necessità formativa, caratterizzata da percorsi altamente complessi e da rendere pertanto più attrattiva. Pensare, come suggerisce Venturi, di delegarne la condotta a terzi appare davvero curioso e non orientato alla sicurezza di pazienti e operatori, soprattutto considerato che il limite tra medicina perioperatoria e cure intensive è sempre più sfumato. Si ricorda infatti che i dirigenti medici specialisti in Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore non si occupano solamente di erogare differenti tecniche di anestesia in sala operatoria, ma anche dell’assistenza ai punti nascita, in terapia intensiva, rianimazione, emergenza in ambiente intra- ed extra-ospedaliero inclusa la terapia iperbarica, senza dimenticare la terapia del dolore acuta e cronica e le cure palliative ed al fine vita.

Pensiamo davvero di avere il coraggio di abbassare il livello di sicurezza nel nome della sola valutazione economica o di carenze generate da errori di programmazione del passato?
Vogliamo davvero riavvolgere il nastro della storia e tornare alle origini, quando mortalità e numero degli eventi avversi erano davvero importanti?

Se il nostro tanto vituperato Sistema Sanitario Nazionale ogni giorno svolge un grande servizio per tutti, lo fa in virtù della progressiva crescita professionale e scientifica che ogni dirigente medico sostiene giorno per giorno.
Riteniamo che il dirigente medico debba davvero riprendersi il ruolo centrale nel Sistema Sanitario Nazionale, funzione non delegabile, e al medico stesso chiediamo quali possano essere le soluzioni al momento di crisi. Del resto, quando un organismo è malato è proprio al medico che ci si rivolge.

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