Sei convinto che i social media siano inutili in emergenza? Devi guardare questi dati
Quando accade un’emergenza bisogna sempre cercare – prima di tutto – di mettersi al riparo. E subito dopo? “Di certo non serve twittare che c’è stato un terremoto” è la acida battuta che circola da tempo sui social network. Ma guardando i numeri e le situazioni in cui i social media stanno soverchiando la comunicazione tradizionale, viene proprio da pensare il contrario.
I social sono diventanti fondamentali per la nostra vita, e lo sono per la gestione delle nostre emergenze. Non solo la rete dati è la prima che riesce ad essere ristabilita dopo un evento catastrofico, sia esso naturale o terroristico. Ma la comunità di persone che utilizzano i social network ormai è talmente estesa da raggiungere la metà (il 46% per l’esattezza) della popolazione mondiale. 3 miliardi e mezzo di persone su 7 miliardi hanno una connessione di qualche tipo con la rete internet. 4 miliardi e 700 milioni di persone hanno una connessione mobile e 2,4 miliardi di persone hanno attività sui social media. Non solo è impossibile ignorare questi dati, ma sta diventando scriteriato non includere i social in servizi di allertamento per l’emergenza.
Lo si è visto con gli attentati a Bruxelles e – negli Stati Uniti – con i servizi offerti durante alluvioni o tornado. La forza di penetrazione e condivisione dei social è straordinaria e fa fare un passo in avanti decisivo ai sistemi di allertamento.
Facebook, con un miliardo e 650 milioni di utenti, WhatsApp con un miliardo di utenti, Messenger con 900 milioni e Instagram con 400 milioni, sono i più grandi competitor di questo mercato, e diventano dei supporti per ricerca dispersi, segnalazioni emergenze specifiche o controllo dello stato di salute (il famoso safety check di Facebook) di amici e parenti. A queste attività si collega la possibilità di inviare messaggi push a tutti gli utenti di una determinata zona per avvisarli di non uscire di casa o di recarsi al punto di raccolta più vicino, quando si tratta di effettuare evacuazioni o attività post emergenza. Un allertamento massimo impensabile con i mezzi tradizionali.
In una Europa Occidentale dove il 48% delle persone ha un social network e una connessione dati, significa che se c’è una emergenza e tu non sei connesso, lo è sicuramente chi ti sta a fianco o il tuo vicino di casa. Soprattutto in un’italia dove questa soglia aumenta al 65%.
Per questo inserire i social network nei sistemi di comunicazione in emergenza è fondamentale. Se infatti non ho il tuo numero di cellulare ma solo i tuoi dati anagrafici, posso farti avere un messaggio di allerta anche sui social, dove non solo ho la certezza di trovarti, ma ho anche la sicurezza che tu abbia letto o meno il messaggio inviato. E posso fare tutto con rapidità, precisione ed efficacia. Sono questi gli ingredienti fondamentali per avere buone operazioni in contesti di emergenza, dove il tempo è il fattore decisivo e dove le comunicazioni sono drammaticamente difficili. Utilizzare un sistema completo e totale può migliorare gli interventi di soccorso e limitare l’impatto di una calamità su tutta la popolazione. I cittadini informati sono cittadini coscienti, e questo fa si che possano tutelarsi, e tutelare il prossimo.
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