Linfedema, come riconoscere i sintomi della malattia e come trattarla

Il linfedema è una malattia tutt’altro che rara: a soffrirne è circa 1 persona su 20, ovvero 300 milioni in tutto il mondo. Solo in Italia vi sono 40.000 nuovi casi all’anno, in particolare, donne tra i 30 ed i 40 anni.

Che cos’è il linfedema?

Il linfedema è una patologia cronica a carattere evolutivo, disabilitante ed ingravescente.

E’ caratterizzata da un rallentamento o da un blocco della circolazione linfatica a carico dell’arto superiore e/o inferiore.

I sintomi del linfedema

Si manifesta con un gonfiore localizzato all’arto colpito che può insorgere all’improvviso e poi, eventualmente, scomparire dopo il riposo notturno.

Con il trascorrere del tempo, la parte edematosa (ovvero gonfia) si indurisce, si infiamma, provocando:

  • fastidio
  • dolore
  • deficit funzionale.

Esistono diversi gradi di gravità del linfedema. La stadiazione o classificazione si basa su criteri clinici e diagnostico-strumentali tra questi:

  • l’entità e consistenza dell’edema;
  • l’andamento clinico della malattia;
  • la variazione nel corso della giornata e quella in relazione alla posizione;
  • le alterazioni cutanee correlate alla malattia.

Oltre a questi aspetti, sono utili la misurazione e la comparazione del volume degli arti che permettono di stabilire la gravità del quadro clinico”. 

Linfedema, le cause

Le cause di questa malattia possono essere varie, a seconda che i linfedemi siano:

  • primari (congeniti, precoci o tardivi);
  • secondari (spesso correlabili ad un trattamento oncologico).

Il linfedema primario

Il linfedema primario è su base congenita: dovuto ad una malformazione e quindi ad un malfunzionamento dei vasi linfatici o dei linfonodi.

Nel dettaglio, si classificano come:

  •  primari congeniti sporadici o ereditari (già presenti dalla nascita);
  • primari precoci (che compaiono prima dei 35 anni);
  • primari tardivi (che compaiono dopo i 35 anni).

Il linfedema secondario

Il linfedema secondario, invece, insorge più frequentemente a seguito di interventi chirurgici per patologia tumorale.

Nel caso delle donne, è molto frequente in seguito al trattamento di un tumore della mammella (dopo asportazione dei linfonodi ascellari e radioterapia) o dell’utero (asportazione dei linfonodi pelvici).

Negli uomini, invece, il linfedema secondario è molto frequente in seguito al trattamento del tumore prostatico (dopo asportazione dei linfonodi pelvici).

Oltre a questi, vi sono poi altre categorie di linfedema:

  • di origine parassitaria (con la tipica infestazione da filaria, presente soprattutto nelle zone tropicali e sub-tropicali);
  • post-attinici;
  • correlati ad insufficienza venosa cronica degli arti inferiori;
  • associati a problematiche sistemiche, ad esempio cardiache, epatiche, stato anasarcatico);
  • post traumatici.

Come si diagnostica il linfedema

Nella maggior parte dei pazienti si può arrivare a una diagnosi di linfedema attraverso un esame clinico e l’anamnesi del paziente.

A questi si associano indagini strumentali specifiche, tra cui innanzitutto la linfoscintigrafia, esame che permette di:

  • studiare adeguatamente il sistema linfatico;
  • valutare la compromissione del circolo linfatico profondo e/o superficiale;
  • porre una corretta indicazione chirurgica.

Non invasiva e facilmente ripetibile, la linfoscintigrafia è molto utile anche nell’ambito della prevenzione del linfedema secondario a patologia tumorale e nel l’ambito del follow-up dopo interventi di chirurgia e microchirurgia linfatica.

Esistono poi esami di secondo livello che si eseguono a seconda di ogni singolo caso specifico.

Il trattamento integrato e completo del linfedema

Innanzitutto è importante sottolineare che oggi il linfedema, se diagnosticato in tempo e trattato in modo adeguato, può essere curato sino alla guarigione.

I migliori risultati si ottengono bilanciando terapia fisica decongestionante e chirurgia, con un protocollo di cura sequenziale che ha come obiettivo il miglioramento e, ove possibile, la normalizzazione della qualità di vita del paziente.

L’associazione di metodiche fisiche manuali e/o meccaniche di drenaggio, decongestionanti e farmacologiche offre la possibilità di un miglioramento significativo.

La chirurgia 

Inoltre, in sinergia con questi trattamenti, gli approcci chirurgici sono fondamentali per l’ottenimento di risultati stabili nel tempo.

Negli stadi precoci della malattia, ottimi risultati si ottengono con la Microchirurgia Ricostruttiva Linfatico–Venosa Multipla (MLVA), tecnica mininvasiva all’avanguardia, che consente la ricostruzione del circolo linfatico, sia superficiale sia profondo.

La tecnica MLVA permette di ridurre in modo significativo l’eccesso di volume di uno o più arti affetti da linfedema, con una ripresa rapida da parte del paziente delle normali attività quotidiane.

Questi risultati consentono di ridurre progressivamente, in alcuni casi anche sospendere, la necessità di terapie medico-fisico e riabilitative, compreso l’impiego del tutore elasto-compressivo.

Nei casi di linfedema in stadio avanzato, vi è una tecnica chirurgica complementare e successiva alla microchirurgia: la Fibro-Lipo-Linfo-Aspirazione con Procedura Lymph Vessel Sparing (FLLA).

Questo tipo di liposuzione consente l’asportazione mini-invasiva del tessuto fibrotico e adiposo depositato sull’arto affetto da linfedema a causa della stasi linfatica cronica.

La combinazione di questi due interventi chirurgici porta a risultati importanti, sia in termini funzionali sia estetici, con normalizzazione degli arti superiori e/o inferiori affetti da linfedema.

Per approfondire:

Soccorsi bariatrici. Quanto costano al servizio sanitario?

Fonte dell’articolo:

Gruppo San Donato

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