Pazienti non eterosessuali e personale sanitario: cosa può compromettere l’interazione

Persone non eterosessuali e interazione in ambiente sanitario: il modo in cui il personale sanitario interagisce con le persone che appartengono ad una minoranza sessuale può influire sulla percezione che i pazienti hanno del servizio sanitario e influenzare la loro compliance (aderenza ai trattamenti)

Recentemente, nel 2021, è stata pubblicata una revisione sistematica della letteratura finalizzata a identificare e sintetizzare gli studi che indagano le interazioni tra il personale sanitario e le persone lesbiche, gay e bisessuali (LGB).

Studi esaminati su relazione tra persone non eterosessuali e personale sanitario

In totale sono stati inclusi nella review 20 studi, pubblicati nell’ultimo decennio e condotti nei seguenti Paesi: Usa, Regno Unito, Irlanda, Norvegia, Canada, Brasile, Turchia, Sudafrica e Australia.

Alcune ricerche prese in considerazione esplorano la prospettiva dei pazienti LGB, altre includono anche quella del personale sanitario (infermieri, medici e altri clinici).

Interazione con persona non eterosessuali, dall’analisi tematica sono emerse cinque questioni chiave che possono compromettere l’interazione:

  • la mancanza di conoscenza da parte del personale sanitario dei bisogni specifici della popolazione LGB: “non sapevano come comportarsi”, “ho avuto l’impressione che non fossero in grado di relazionarsi con una coppia gay”- “sento di non essere stato formato abbastanza sui temi LGBT”, “non sapevo come fare le domande”;
  • il grado di apertura (disclosure) rispetto all’orientamento sessuale: “non lo avrei detto se non me lo avessero chiesto”, “è importante sentirsi di poter parlare apertamente del proprio orientamento sessuale”, “il medico dovrebbe saper tutto per poter valutare bene la situazione” – “tutti i pazienti sono uguali, il loro orientamento sessuale non ci riguarda”, “è una responsabilità del paziente decidere di chiarire il suo orientamento sessuale”;
  • il disagio durante l’interazione: “il medico era visibilmente imbarazzato”, “non mi ha guardato negli occhi, era impacciato”;
  • l’eteronormativà: “mi hanno chiesto se avevo una fidanzata/moglie dando per scontato che fossi etero”, “mi hanno domandato se la mia compagna fosse mia sorella, non hanno pensato che fossimo una coppia”;
  • atteggiamenti negativi, pregiudizi e comportamenti discriminatori: “il medico mi ha visitato frettolosamente”, “quando ho detto che ero gay, ha cambiato espressione e mi ha trattato con distacco”.

La ricerca suggerisce che le pratiche nei contesti sanitari possono essere migliorate, da un lato attraverso l’inclusione, durante l’assessment, dell’orientamento sessuale come dato da conoscere di routine, dall’altro con l’introduzione di moduli formativi nei corsi universitari o giornate di formazione per il personale sanitario, allo scopo di colmare l’attuale scarsa conoscenza delle questioni LGBT e ridurre i livelli di eteronormatività, gli atteggiamenti negativi e discriminatori.

Riferimenti

Humphreys, C. (2017), “Implementation guidance fundamental standard for sexual orientation monitoring”, NHS England Equality and Health Inequalities Unit.

McNeill, S.G., McAteer J., Jepson R., (2021), «Interactions between Health Professionals and Lesbian, Gay and Bisexual Patients in Healthcare Settings: A Systematic Review” in Journal of Homosexuality, Jul 22:1-27

Per approfondire:

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Fonte dell’articolo:

Istituto Beck

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