Autoinfermieristica: La vita sui mezzi di soccorso intermedi in Lombardia

 Autoinfermieristica, così è chiamato per semplicità un Mezzo di Soccorso Intermedio in Lombardia; dal nome capiamo subito quale sia la figura professionale al centro di questa realtà: l’infermiere. Ho fatto quindi qualche domanda ad un infermiere che lavora proprio su uno di questi mezzi, nella speranza di avere spunti interessanti a proposito del suo mondo. Conosciamo quindi Stefano, giovane professionista a bordo di un MSI.

 

  1. Prima di tutto una piccola presentazione è d’obbligo: chi sei, dove lavori, e come sei arrivato alla scelta di vita che ti ha portato alla professione di infermiere?
    Ciao, mi chiamo Stefano e sono infermiere presso il PS di Legnano e nelle postazioni di MSA e MSI dell’AAT di Varese afferente alla SOREU dei Laghi. Come ho deciso di fare l’infermiere? Si può dire per caso? Tutto è iniziato col servizio civile: vengo assegnato in una sezione della Croce Bianca di Milano, io che del mondo del soccorso non so nulla! Bene, me ne innamoro letteralmente! Finiti i dieci mesi restai con un contratto a tempo determinato durante il quale presi la decisione che mi porterà dove sono: volevo conoscere di più e fare di più e così mi iscrissi al test di infermieristica; tre anni e spicci e circa trenta esami dopo, eccomi qui! Nel frattempo ho proseguito la mia esperienza come soccorritore da volontario.
    Fin da allora salire sui mezzi di soccorso avanzati era l’obiettivo principale, che ho raggiunto nel 2011, a cinque anni dalla laurea.
  2. MSI: Mezzo di Soccorso Intermedio, altrimenti detta Autoinfermieristica; quanto è differente il lavoro dell’infermiere a bordo di un MSI rispetto all’ambiente ospedaliero?
    Il lavoro in MSI rispetto al reparto (il PS nel mio caso) è totalmente diverso per molti aspetti. Il primo è che non ho fisicamente il medico a disposizione, anche se, naturalmente, la centrale è sempre a disposizione e richiedere l’MSA è ovviamente una possibilità presente. In secondo luogo sono l’unico professionista sanitario sulla scena, non ho colleghi con me e questo carica di ulteriori responsabilità. Ma devo dire che i soccorritori sono bravissimi e sulla scena sono utilissimi. Su alcune cose hanno un’esperienza invidiabile. Terza cosa ho libertà dettate da algoritmi che mi portano ad effettuare manovre che in reparto non ho mai effettuato, una su tutte il posizionamento del tubo laringeo su pazienti in ACC. Altra grossa differenza, non da poco, è essere il team leader della scena – proprio per la mancanza del medico – che porta a doversi rapportare in modo molto più diretto con tutti gli attori presenti sulla scena, con parenti e amici (col paziente il rapporto è sempre diretto anche in PS) e con la SOREU.
    Sicuramente dimentico qualcosa, ma così su due piedi queste sono le cose principali che mi vengono in mente.
  3. Quali sono le responsabilità di un infermiere a bordo di un MSI? Insomma, cosa offre questa realtà che si pone tra il Mezzo di Soccorso di Base e il Mezzo di Soccorso Avanzato?
    Sulle responsabilità del fare MSI credo di aver risposto già nella domanda precedente, lo si capisce leggendo tra le righe.
    Responsabilità del servizio, della valutazione della scena e del paziente, somministrazione di farmaci, manovre invasive (come accesso intraosseo e tubo laringeo), corrette comunicazioni con la centrale, e via dicendo.
    Anche per questo nel corso di abilitazione è prevista una lezione tenuta da un avvocato che illustra tutti gli aspetti medico-legali.
  4. Qual è stato il percorso formativo che ti ha permesso di lavorare a bordo di un MSI? Hai qualche consiglio per i tuoi colleghi che volessero fare la tua stessa scelta?
    Il percorso che mi ha portato al MSI ha previsto diversi passaggi. Prima di tutto l’esperienza lavorativa nei reparti di area critica, requisito base per la selezione ed il successivo corso di abilitazione – con relativo esame finale – all’MSA, quindi il corso di ALS ed infine il corso per l’abilitazione al MSI, anche questo con esame finale e con annesso periodo di affiancamento valutativo. Cosa mi sento di dire ai colleghi che vorrebbero intraprendere questa strada? Beh, che serve impegno, studio, voglia di fare e tanti sacrifici , anche in termini di riposi saltati per fare i turni in MSA e MSI, ma che in fondo ne vale la pena perché è un’esperienza che dà tantissimo sia dal punto di vista professionale che umano!
    Preciso che io mi rivolgo principalmente ai colleghi lombardi perché nelle altre realtà non so come funzioni il MSA e il MSI, per quanto riguarda il percorso, i requisiti e lo svolgimento dei turni.
  5. Eccoci alla domanda forse un po’ più spinosa: c’è qualcosa che cambieresti nella realtà del servizio di emergenza-urgenza sanitaria nella tua zona ma anche, più in generale, nel nostro Paese?
    Domanda di riserva?
    Scherzi a parte, io non ho molto da lamentarmi in realtà. Quello che ci vorrebbe, non solo in Lombardia, è una figura professionale presente in tutto il mondo: il paramedico. Con questo non voglio togliere nulla ai soccorritori dipendenti o volontari (anche perché, come ho detto, lo sono stato per dieci anni circa) ma credo che il soccorso extraospedaliero sia una cosa per cui serva formazione continua, studio, tempo, ecc.
    Tutte cose che non possono essere chieste ad un volontario che ha già un lavoro e degli impegni; che diano al dipendente un riconoscimento in termini di contratto, tutela, sicurezza e via dicendo, e che diano al paziente una uniformità in termini di qualità e di servizio reso su tutto il territorio nazionale.
    Con questo non voglio certo dire di eliminare il personale volontario, di cose da fare ce ne sono comunque molte; i volontari potrebbero andare ad affiancare il personale paramedico nel soccorso extraospedaliero. Spero di essere riuscito a trasmettere la mia idea e di non essere stato frainteso, io ho una stima profonda per i soccorritori, siano essi dipendenti o volontari.

 

A margine della piccola intervista Stefano mi chiede se penso che la sua ultima risposta possa essere letta come una provocazione o possa comunque creare scompiglio, specie tra i soccorritori volontari: gli rispondo di no, mi sembra chiaro quanto traspaia la sua stima verso tutti gli operatori che lavorano quotidianamente nel mondo del soccorso; dunque la nostra conversazione finisce con uno sguardo ad un futuro diverso, dove siano riconosciute, tutelate e gratificate le competenze di tutti, senza però perdere di vista l’aspetto principale: la qualità del servizio che viene reso ai cittadini.

 

 

 

Potrebbe piacerti anche