COVID-19 e negazionisti: la toccante testimonianza di una paziente dell' Ospedale S. Cuore di Negrar

COVID-19, negazionisti in piazza, decessi negli ospedali di tutta l’Italia. Schizofrenia di un paese nel quale il coronavirus non sembra incline a fare distinzioni. Nel marasma generale, vi vogliamo proporre la testimonianza di Suor Antonia Ghisleni, che la rivista della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, L’Infermiere, ha pubblicato.

PAZIENTE COVID-19, “UN TEMPO LUNGO QUATTRO MESI”

Era marzo un malessere mi accompagnava da giorni: raffreddore forte e stanchezza diffusa.

Telefono al mio medico di base e visto che non avevo febbre, né tosse, mi consiglia lo sciroppo per il raffreddore.

Io ero sempre stanca e con poco appetito. In seguito parlo con un’infermiera del mio raffreddore e anche lei mi tranquillizza e intanto passano due settimane in questo stato di malessere.

La settimana seguente ho scariche frequenti con feci nere.

Parlo telefonicamente con il mio medico di base, il quale mi suggerisce di andare al pronto soccorso perché potrebbe essere in corso un’ emorragia allo stomaco.

PAZIENTE COVID-19: “SONO POSITIVA?”. LUI: “SI’, E’ POSITIVA”

11 marzo

Con una signora vado al Pronto Soccorso.

Prima cosa mi provano la febbre:38,5 allora partono gli accertamenti uno dopo l’altro finché dalla TAC emerge una broncopolmonite bilaterale, mi fanno il tampone e mi isolano per febbre.

C’è sempre la febbre. A casa, la provavo, ma non l’avevo mai.

Con molta tristezza in cuore affronto la notte e cerco di dormire.

Al mattino mi sveglio e dalla finestra vedo la cupola del duomo di Villafranca baciato dal sole, luminoso più bello che mai.

Penso a Dio e prego … grande pace inonda il mio cuore.

Verso le 14:30 viene un medico, si siede davanti a me, mi guarda in silenzio.

“Sono positiva?” Lui:”Si è positiva. Se vuole la ricoveriamo qui, abbiamo posti qui sopra”.

Io: “Grazie dottore, a casa ho una suora che vive con me, non posso andare a casa”. Ci siamo lasciati così.

Si fa buio, viene un’infermiera e mi dice alla porta appena appena aperta: “Si vesta che la vengono a prendere, è dimessa e va a casa perché la sua situazione non è tra le più gravi”.

“E’ SERA, ESCO NEL PRONTO SOCCORSO. MI SONO SENTITA UN’APPESTATA”: SUOR ANTONIA GHISLENI, PAZIENTE COVID-19

12 Marzo

È sera, esco nel Pronto Soccorso e vedo persone bloccate perché passavo io positiva al COVID 19. Mi sono sentita un’appestata!

La mia Madre Generale mi è venuta incontro e siamo salite in automobile … non avevo parole, due operatori del Comune di Mozzecane l’avevano chiamata ad Asola (Mantova) perché venisse a prendermi all’Ospedale di Villafranca, in quanto nessuno voleva venirmi a prendere perché positiva.

Mi ha portato a casa a Mozzecane ha acquistato le medicine prescritte per curarmi a casa.

13 Marzo

Ricevo una telefonata: ”Signora Ghisleni Antonia, si prepari che fra 1 ora veniamo a prenderla con l’autoambulanza per portarla in ospedale”.

Verso le 10:30 salgo in ambulanza e mi si dice di mettermi comoda perché il viaggio è lungo.

“Per Villafranca?” dico io. “No no andiamo all’ospedale di Negrar”.

Non ho parlato, ma ero pacificata all’idea di andare in quell’ospedale gestito da Sacerdoti e dedicato al S. Cuore di Gesù.

12:30 sono già in reparto e consegno la documentazione degli interventi fatti in Pronto Soccorso a Villafranca … mi hanno messo la mascherina con l’ossigeno. Non ho memoria chiara di quanto è seguito.

Ricordo certi sogni strani che mi coinvolgevano personalmente … niente di chiaro.

Un mattino gli operatori sanitari andavano ripetendo tra loro : BUONA PASQUA! Mi sono resa conto di essere in ospedale e che Pasqua era il 12 aprile … quindi era passato un mese.

Cosa è capitato in questo mese? Non so nulla per il momento.

Un operatore sanitario mi parla e io cerco di rispondere, ma non riesco a pronunciare una parola, continuo, lui non riesce a leggere i miei labiali.

Mi offre un foglio e una biro perché possa esprimere il mio pensiero, con la mano sinistra cerco di prendere il foglio, ma mi cade dalla mano, mi si mette il foglio su un vassoio e con la biro cerco di scrivere: ho fatto solo uno scarabocchio.

Allibita guardo l’infermiere e dico a me stessa: ”Questo è quanto è rimasto di me”.

Al naso ho il sondino per essere nutrita; al collo un filtro = nasello per espellere catarro dai polmoni e alla trachea una cannula per respirare.

Non posso bere acqua; tutto mi viene introdotto dal sondino.

A deglutire la saliva sento dolore; la tosse mi accompagna costantemente, spesso non riesco a respirare, vengono gli infermieri ad aspirare il catarro e cambiano il nasello.

In questa condizione è dura la vita. Tuttavia sento la presenza di Dio, mi affido a Lui, offro la mia sofferenza in riparazione dei miei peccati e per quelli dell’umanità.

Gli raccomando i malati, gli emarginati, le famiglie, i bambini e i giovani non amati o lasciati soli, le vocazioni al matrimonio cristiano, alla vita religiosa e al sacerdozio, gli operatori sanitari che seguono i malati e quelli impegnati nella ricerca del vaccino per COVID 19.

VITA DI UN PAZIENTE COVID-19: PROIBITE LE VISITE, PROBITO TUTTO. L’ESPERIENZA DELLA SOLITUDINE

Proibite le visite. Proibito passare da una Regione all’altra. Ragion per cui le suore della mia famiglia religiosa non possono farmi visita, né portarmi la biancheria pulita.

Nessuno passa a pregare, a portare la Comunione … La solitudine è forte e certe volte pungente, tuttavia dialogo continuamente con Gesù, il Padre, lo Spirito Santo e amichevolmente con gli operatori sanitari di cui vedo solo gli occhi.

Sono tribolata giorno e notte, l’esperienza del dolore fisico si accompagna alla solitudine: non parlo, non riesco a usare il cellulare, sono poco vestita, ho freddo e ho bisogno di tutto per l’igiene personale, non posso deglutire l’acqua, sono a letto tutto il giorno, Come farò a camminare nuovamente?

Non so se in sogno o meno, ma so di aver visto madre Margherita e le ho detto: “Madre, lei sa che Madre Ignazia, (la Fondatrice) grazie al miracolo fatto a Sr. Assunta Zappella, procede verso la Beatificazione. Lei deve compiere un miracolo, così che si possa fare un’unica festa per Lei e per Madre Ignazia. Se vuole compiere un miracolo, ecco mi può guarire.

La Madre si è girata verso di me, si è avvicinata e con la mano destra mi ha accarezzato leggermente sulla guancia sinistra senza quasi toccare la mia pelle.

Ho percepito il passaggio della sua mano e ho visto che si allontanava guardandomi sorridente, mentre portava a sé il braccio destro.

Grande pace ho provato. Il suo gesto poteva dire: “Coraggio vieni con me”.

Oppure: ”si sarai guarita e loderai Dio con la tua vita generosa”.

In un modo o nell’altro ero contenta di questa esperienza.

Il tempo passa, ho grandi difficoltà motorie, non posso comunicare mediante la parola, la tosse catarrosa che mi soffoca giorno e notte, il dolore è diffuso in tutto il corpo, in particolare un pungente dolore accompagnava la deglutizione della saliva, costante il dolore al coccige dove mi sono stati tolti gli ultimi tre anelli della colonna vertebrale.

Nei momenti più dolorosi offro a Dio la mia sofferenza in riparazione dei miei peccati e per quelli del mondo intero, per il dolore innocente, per le famiglie felici e per quelle ferite dalla divisione, per la Chiesa di Gesù Cristo e per i Cristiani … per i bambini abbandonati e per i giovani sbandati, per i politici perché si pongano a servizio del bene comune, per gli operatori sanitari che vivono l’emergenza del servizio all’ammalato con generosità, per i ricercatori perché trovino rimedio a questa pandemia, per il Papa infaticabile testimone di valori umani e cristiani, per i Sacerdoti e Vescovi fedeli a Gesù Cristo e per quelli che hanno deviato, per i religiosi perché cerchino e testimonino con gioia il Regno di Dio.

META’ MAGGIO, PER LA PAZIENTE COVID-19 LA SITUAZIONE INIZIA A CAMBIARE

Metà Maggio

La mia situazione inizia a cambiare: mi tolgono il filtro=nasino che aiuta ad espellere il catarro dai polmoni, significa che si ripristina la funzione naturale dei polmoni.

L’Otorino mi garantisce che il foro alla gola si dovrebbe chiudere da sé, eventualmente: “Lo chiuderemo con un puntino”.

Mi sento molto sollevata, non tossisco più e di notte incomincio a dormire con calma.

Mi tolgono la cannula alla trachea e i punti interni di sutura, e infine il sondino della nutrizione.

SUBITO mi rendo conto che non provo alcun dolore a deglutire saliva o cibo.

Grazie Signore! Inizio una vita normale, ciò significa che vado verso la guarigione!

LA PAZIENTE COVID-19 E L’AMORE DI CHI TEMEVA PER LA SUA SALVEZZA

Inizio a consultare il cellulare ho centinaia di messaggi da persone diverse e da parrocchie diverse.

Mi rendo conto di come siano stati in ansia e come hanno pregato e fatto pregare per me: le suore della mia famiglia religiosa, i miei familiari, persone piccole e grandi della Parrocchia dove vivo attualmente e dalle Parrocchie dove ho prestato il mio servizio pastorale nella Catechesi, nell’insegnamento della Religione Cattolica nella scuola media statale, nell’Oratorio.

Non credevo di essere voluta bene, ho solo cercato di amare chiunque avvicinavo o servivo.

Conservo una grata memoria e riconoscenza per tutto il bene che ho ricevuto all’Ospedale S. Cuore in Negrar.

Per approfondire:

Emergenza COVID-19, grazie a CUAMM Medici con l’Africa a Cremona nuovo triage per l’ospedale

Fonte dell’articolo:

L’Infermiere

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