Spostamento pazienti, ecco la polemica sul Policlinico Umberto I

E’ un caso che farà discutere quello accaduto nei giorni scorsi a Roma, al Policlinico Umberto I di Roma. Secondo la denuncia di una studentessa di infermieristica infatti alcuni malati sarebbero stati spostati dalla propria camera di degenza per fare spazio a un Senatore della Repubblica su “disposizioni del primario”. Per completezza di informazione pubblichiamo sia la lettera della studentessa che la risposta del Policlinico Umberto I di Roma.

Alla cortese attenzione del professor Violi (Policlinico Umberto I, Roma), da una studentessa di Infermieristica – Lettera aperta

Gentile professor Violi,
le rubo qualche istante del suo tempo per raccontarle una breve storia. Sono una studentessa di Infermieristica del primo anno e al mio secondo tirocinio mi sono trovata a lavorare nel suo reparto di Medicina Interna. Una sera, verso le 20, ho notato una certa agitazione da parte del personale. Due pazienti, senza ricevere alcuna spiegazione, sono stati spostati in stanze in cui erano presenti già altri quattro letti, mentre quella in cui si trovavano loro è rimasta vuota. Lo stato di agitazione continuava: apriamo le finestre, spruzziamo un deodorante, il nuovo letto deve essere perfetto. IL nuovo letto. Uno solo.
Io non ho molta esperienza, per questo mi è sembrato naturale chiedere lumi. “Domani arriva il senatore. Deve stare in una stanza singola, disposizioni del primario.” Di primo acchito, non ho capito molto di ciò che mi era stato comunicato. Perché mai il senatore dovrebbe stare in una stanza singola? Con la penuria di letti che abbiamo, tra l’altro? E perché avremmo dovuto scomodare altri due pazienti per permettere a una persona di stare in una stanza singola? Riesce minimamente a percepire la mia incredulità?
Incredulità che non ha fatto che aumentare, notando che al paziente venivano concesse visite a qualsiasi ora, nonché qualsiasi tipo di trattamento di favore. Altre “disposizioni del primario”, immagino. Caro professore, le scrivo per dirle che mi sento profondamente offesa.
Dal momento in cui varca la soglia del reparto, il paziente per me è semplicemente una persona, ovviamente con pari dignità e diritti rispetto a tutte le altre. Cosa mi importa che nella vita faccia lo spazzino, il salumiere, l’insegnante o il senatore? Mi trovo di fronte, sempre e comunque, una PERSONA: spesso spaventata, con mille dubbi e incertezze, turbata, fuori dall’ambiente rassicurante della sua casa. E non è forse questo uno dei doveri dell’infermiere? Far sì che la persona che entra in reparto si senta accolta, rassicurata, ascoltata, al di là di chi è, cosa fa di mestiere o del suo status sociale?
Può anche solo lontanamente immaginare l’umiliazione che ho provato nel comunicare ai due pazienti che occupavano la stanza sgomberata per far posto al senatore che avrebbero dovuto spostarsi? “Voi siete malati di serie B, dovete far spazio al malato di serie A.”
Quel compito ingrato, me lo lasci dire, sarebbe toccato a lei, professore. Non a una studentessa che non riesce a farsi una ragione di episodi del genere. E sì, mi sento offesa. Sento che, rendendomi strumento di questo tipo di ingiustizie, lei ha sminuito la mia professionalità, l’impegno che metto ogni giorno per migliorarmi e diventare una brava infermiera.
Così come, e questo è un mio modesto parere, ha sminuitola professionalità e il duro lavoro della caposala e di tutti gli infermieri che giorno per giorno si impegnano per dare al paziente, ad OGNI paziente, le migliori cure possibili e l’accoglienza di cui parlavo. La prego, per il futuro, di non mettermi più in una situazione tanto imbarazzante e umiliante. La prego, con tutto il cuore, di non lasciarmi con la sensazione amara che “tutti i pazienti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.”
Cordialmente,

R. Cristofani

Replica del Policlinico Umberto I di Roma

Abbiamo letto con grande meraviglia di una mail inviata da una studentessa in scienze infermieristiche che censura un presunto favoritismo, da parte di un insigne primario, nel ricoverare un Senatore della Repubblica. Non capiamo, quale possa essere stato il privilegio accordato al Senatore se non quello del degno riconoscimento, da parte di quest’ultimo, per tutti gli operatori sanitari, di fruire, per sua libera scelta, di prestazioni mediche all’avanguardia da parte di professionisti di eccellenza.
La Direzione tiene a precisare che è la struttura ospedaliera che deve farsi carico e garantire, anche in considerazione delle specifiche patologie, la privacy e la sicurezza di tutti i pazienti ricoverati. In casi particolari è necessaria una attenzione e precauzione per motivazioni assistenziali e non connesse al ruolo. Nessun favoritismo ma il medesimo trattamento anche quando trattasi di personaggi pubblici incaricati di particolari funzioni che scelgono, indipendentemente dal comfort alberghiero, di farsi curare presso il Policlinico. Nessun disagio è stato causato ad alcuno se non il pretesto di una incomprensibile strumentalizzazione e l’Azienda tutelerà la propria immagine e quella dei suoi professionisti in qualsiasi sede non esclusa quella giudiziaria.

 

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