L’Australia ha sconfitto l’Aids. Il segreto è semplice

L’Australia ha sconfitto l’Aids.

E’ questo che dimostra la gestione della malattia nel continente grazie all’utilizzo dei farmaci antiretrovirali: è stato infatti raggiunto uno degli obiettivi fissati dall’Onu per il 2030: quello di avere il 90% dei pazienti con il virus soppresso.

Cosa significa?

Che questa percentuale di malati, sottoposta a terapia antiretrovirale non è più contagiosa. In poche parole l’epidemia di Aids non esiste più in Australia: l’Hiv non è più un problema di salute pubblica. La notizia è stata diffusa dall’Australian Federation of Aids Organizations (Afao) e dagli scienziati impegnati nello studio dell’Hiv nel paese. Non si tratta del primo Stato ad aver raggiunto l’obiettivo: la lista dei virtuosi, seppur molto breve, contiene altri nomi.

Come è successo

Come è stato possibile raggiungere questo risultato? Tutto è dovuto ad un impegno costante sul fronte della prevenzione e della cura a partire dagli anni ’90 quando per la prima volta sono stati messi a disposizione dei malati i medicinali antiretrovirali.  Essi sono in grado di bloccare la conclamazione della malattia, ovvero di arrivare all’Aids vero e proprio quando il sistema immunitario è talmente danneggiato da non poter più combattere contro l’infezione.

Prima di questi farmaci almeno mille australiani all’anno morivano per via della patologia: ora grazie alle politiche sanitarie, all’attivismo della comunità gay e delle categorie più a rischio tutto è cambiato. L’HIV è diventato una malattia cronica gestibile e gli unici casi di Aids che ogni tanto si palesano sono di persone che non sapevano di essere malate e quindi non hanno eseguito nessun trattamento.

L’importanza del test

L’Australia ha senza dubbio un numero di sieropositivi più basso rispetto all’Italia o altri Stati perché ha una minore popolazione generale. Questo però non significa che non sia possibile applicare la stessa metodologia di prevenzione basata sul test dell’HIV. E’ stata infatti la capacità di arrivare ad un numero sempre più alto di diagnosi il fondamento del successo della strategia australiana, unita a campagne volte al contenimento dei contagi.

In Italia scarsa diffusione del test

Ma come ha potuto l’Australia raggiungere questo importante obiettivo? «Loro ci sono riusciti anche perché hanno un numero di sieropositivi piuttosto basso, ma soprattutto hanno spinto molto sul “testing”, e una volta individuati gli infetti li hanno messi subito sotto trattamento grazie al fatto che il loro sistema sanitario è universalistico come il nostro – spiega Stefano Vella, direttore del Dipartimento del farmaco dell’Istituto Superiore di Sanità -. Sono pochissimi i Paesi che ci sono riusciti, quasi tutti piccoli e nel nord Europa, come la Danimarca». Per l’Italia l’obiettivo non è ancora raggiunto: «Noi siamo messi bene sul lato delle cure, che sono garantite, mentre per esempio gli Stati Uniti fanno molti test ma poi c’è chi non può permettersi le terapie – aggiunge Vella -. Però in Italia abbiamo ancora un 30% stimato di persone infette che non sanno di avere il virus. Dobbiamo facilitare i test e fare informazione per far capire che l’Aids è una malattia che c’è ancora ma si può curare». Gli obiettivi dell’Unaid (Agenzia dell’Onu contro l’Aids), ricorda Vella, dovrebbero valere per tutto il mondo, dove invece ancora muoiono 1,2 milioni di persone l’anno per la malattia. «Il loro raggiungimento – sottolinea l’esperto, che è anche uno dei curatori delle linee guida dell’Oms sull’Aids – permetterebbe non di eradicare il virus, cosa molto difficile finché non ci sarà un vaccino, ma di tenere sotto controllo l’epidemia, una cosa altrettanto importante».

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