La Nigeria non è più area soggetta a rischio Ebola, sconfitto il virus nel paese

L’OMS riporta che da 42 giorni nel paese africano non si hanno più casi di infezioni. “Ebola può essere contenuta”. Il report della dottoressa Anna Caraglia

ROMA – Una nota del ministero della Salute avvisa tutti i servizi sanitari italiani che Ebola non è più presente in Nigeria, nazione che è stata esclusa dall’OMS dalla lista dei paesi affetta dalla malattia.  Quanto avvenuto è un successo che dimostra che Ebola può essere contenuta. La storia di come la Nigeria abbia concluso quella che molti credevano essere potenzialmente l’epidemia di Ebola più esplosiva che si potesse immaginare, vale la pena raccontarla nei dettagli.

Tale storia può aiutare molti altri paesi in via di sviluppo che sono fortemente preoccupati dalla prospettiva di  importare un caso di Ebola e desiderosi di migliorare i loro piani di preparazione. Anche molti paesi ricchi, con

sistemi sanitari eccezionali, possono avere qualcosa da imparare. La storia completa dimostra anche come la Nigeria sia arrivata al successo dell’interruzione della trasmissione di poliovirus selvaggi nel suo vasto e densamente popolato territorio. Come a volte accade, fortunatamente, in sanità pubblica, un successo ne genera altri quando vengono raccolte e applicate le lezioni e le migliori pratiche.

All’inizio di quest’anno, l’OMS ha confermato che la Nigeria ha eradicato la malattia del verme della Guinea, un’altra storia di successo spettacolare. Quando è stata lanciata l’iniziativa di eradicazione, la Nigeria era l’epicentro

di questa malattia, con più di 650.000 casi segnalati ogni anno.

Una malattia che ha scioccato la sanità pubblica in tutto il mondo 

Quando il 23 luglio si è avuta la conferma di laboratorio del primo caso di Ebola del paese, a Lagos, la notizia ha  scosso la sanità pubblica di tutto il mondo. La Nigeria è il paese più popoloso dell’Africa e la potenza economica più recente. Il focolaio di una malattia è anche una polveriera. Il numero di persone che vivono a Lagos – circa 21 milioni – è quasi quanto la popolazione della Guinea, Liberia e Sierra Leone messe insieme.

Lagos, la città più grande dell’Africa, è anche caratterizzata da una vasta popolazione che vive in condizioni di sovraffollamento ed igiene precaria in molte baraccopoli. Migliaia di persone si muovono dentro e fuori da Lagos ogni giorno, costantemente in cerca di lavoro o di mercati per i loro prodotti in una metropoli con frequenti ingorghi di traffico veicolare. “Come può essere effettuata la ricerca dei contatti in queste condizioni?”. Questa è stata la preoccupazione principale sollevata all’inizio, poco dopo l’annuncio del primo caso confermato.

Il Console Generale degli Stati Uniti in Nigeria, Jeffrey Hawkins, ha detto: “L’ultima cosa che nel mondo si vuole sentire sono le 2 parole, ‘Ebola’ e ‘Lagos’ nella stessa frase.” Egli ha fatto notare, che il solo accostamento ha evocato immagini di un” focolaio urbano apocalittico”.

Questo non è mai successo. Con l’aiuto dell’OMS, dei Centri statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie (CDC) e altri, i funzionari della sanità del governo hanno raggiunto il 100% dei contatti noti a Lagos e il 99,8% del secondo focolaio, a Port Harcourt, polo petrolifero della Nigeria. I Governi federali e statali in Nigeria sono stati forniti di notevoli risorse finanziarie e materiali, e personale formato ed esperto.

Sono stati immediatamente costruiti reparti di isolamento, e, sebbene più lentamente, designate strutture per il trattamento di Ebola. Sono stati resi disponibili veicoli e telefoni cellulari, con programmi appositamente adattati,  per il report e le indagini in tempo reale.

A differenza della situazione in Guinea, Liberia e Sierra Leone, tutti i contatti individuati sono stati fisicamente monitorati quotidianamente per 21 giorni. I pochi contatti che hanno tentato di sfuggire al sistema di monitoraggio sono stati tutti diligentemente tracciati, utilizzando squadre speciali di intervento, e fatti tornare all’osservazione sanitaria per completare il periodo di monitoraggio richiesto di 21 giorni.

Il caso “indice”: come tutto è cominciato 

Il virus Ebola è entrato a Lagos il 20 luglio attraverso un viaggiatore liberiano infetto, che è deceduto 5 giorni dopo. All’aeroporto di partenza, era visibilmente molto malato, sdraiato sul pavimento della sala d’attesa in attesa del volo. Ha vomitato durante il volo, all’arrivo e, ancora una volta, in una macchina privata che lo ha trasportato in un ospedale privato. Il responsabile del protocollo che lo ha accompagnato è poi deceduto per Ebola.

In ospedale, ha detto al personale che era affetto da malaria e ha negato qualsiasi contatto con un paziente con Ebola. Come si è appreso in seguito, sua sorella era un caso confermato, poi deceduta in Liberia. Il viaggiatore ha visitato sua sorella, mentre era in ospedale e ha partecipato alla tradizionale cerimonia del funerale e alla sepoltura. Poiché la malaria non si trasmette da persona a persona, il personale dell’ospedale non ha adottato precauzioni protettive. Nei giorni successivi, 9 tra medici e infermieri si sono infettati e 4 di loro sono deceduti.

Il secondo focolaio: Port Harcourt 

Il virus è entrato nel polo petrolifero del paese, Port Harcourt, il 1° agosto, quando un contatto stretto del caso indice ha volato lì in cerca di cure da un medico privato. Quel medico ha presentato i sintomi il 10 agosto ed è deceduto di Ebola il 23 agosto. I test di laboratorio hanno confermato il primo caso della città il 27 agosto.

Un’indagine avviata da un team di epidemiologi del Centro nigeriano per il controllo delle malattie (NCDC), del Programma di formazione di Laboratorio e di Epidemiologia della Nigeria e del Ministero della Salute, assistiti dall’OMS, ha rivelato un allarmante numero di persone ad alto rischio e centinaia di persone a rischio molto alto di esposizione.

Anche in questo caso, c’erano tutti gli ingredienti per un focolaio di nuovi casi. Il Dr Rui Vaz, il capo dell’ufficio dell’OMS in Nigeria, ha visitato Rivers State (dove si trova Port Harcourt) per valutare la situazione. Egli ha informato il governatore dello Stato della situazione potenzialmente esplosiva e ha fatto le sue raccomandazioni: “Tutte le risorse necessarie devono essere immediatamente mobilitate per fermare questa epidemia”. Di nuovo l’epidemia non è mai occorsa, fortunatamente, il governatore dello Stato ha ascoltato il consiglio dell’OMS. Oggi, esattamente 42 giorni (due volte il periodo massimo di incubazione della malattia da virus Ebola) dopo l’ultimo contatto con un caso confermato o probabile, la catena di trasmissione è stata spezzata.

L’epidemia in Nigeria è stata sconfitta.

Cosa illustra questa grande notizia? 

In generale, la risposta è semplice: una forte leadership del paese e un efficace coordinamento della risposta. La risposta nigeriana all’epidemia è stata molto aiutata dal rapido utilizzo di una istituzione pubblica nazionale (NCDC) e dall’immediata realizzazione di un Centro Operativo di Emergenza, supportato dal Centro per il controllo e prevenzione all’interno dell’ufficio dell’OMS del paese.

Un’altra risorsa fondamentale è stato il laboratorio di virologia di primo livello del paese, affiliato all’ospedale Teaching dell’università di Lagos. Tale laboratorio è stato aperto e attrezzato per diagnosticare in modo rapido e affidabile i casi di malattia da virus Ebola, che ha assicurato che le misure di contenimento iniziassero prima possibile. Inoltre, la ricerca dei contatti di alta qualità da parte di epidemiologi esperti ha accelerato l’individuazione precoce dei casi e il loro rapido trasferimento ad un reparto di isolamento, diminuendo, quindi, notevolmente le opportunità di ulteriore trasmissione.

Come un virus altamente contagioso è stato fermato sul nascere 

Il dottor Rui Vaz e il team dell’OMS di epidemiologi, medici, operatori logistici e amministratori hanno individuato una serie di lezioni specifiche che possono essere utili ad altri paesi per il primo caso di Ebola importato o alla preparazione dell’evenienza. Essi hanno inoltre attentamente documentato un gran numero di “best practices” per contenere subito un’epidemia di Ebola.

Il fattore più critico è la leadership e l’impegno da parte del capo dello Stato e del Ministro della Salute. La generosa allocazione di fondi governativi e la loro rapida erogazione hanno anche aiutato. Il partenariato con il settore privato è stata un’altra attività che ha portato a notevoli risorse per contribuire a adottare le misure di controllo per arrestare il virus Ebola sul nascere. I funzionari della sanità e del governo hanno pienamente apprezzato l’importanza della comunicazione con la popolazione. Hanno radunato le comunità per sostenere le misure di contenimento.

Campagne di informazione porta a porta e messaggi su radio locali, in dialetti locali, sono stati utilizzati per spiegare il livello di rischio, le misure efficaci di prevenzione personali e le azioni intraprese per il controllo. Da parte sua, il Presidente ha rassicurato una vasta e diversificata popolazione del paese attraverso apparizioni in telegiornali televisivi a livello nazionale.  La gamma completa di possibilità di comunicazione è stata sfruttata – dai media sociali ai mezzi televisivi – attraverso messaggi sulla malattia affidati a stelle del cinema famosi di “Nollywood”.

Strategie per la polio “riproposte” per il controllo di Ebola 

Da qualche tempo, con il supporto dedicato ed entusiastico del presidente Goodluck Jonathan, in Nigeria è in corso una delle campagne di eradicazione della poliomielite più innovative del mondo, utilizzando le più recenti tecnologie all’avanguardia quali GPS via satellite al fine di garantire che tutti i bambini effettuino la vaccinazione contro la poliomielite.

Il paese, passato attraverso una stagione ad alta trasmissione con solo 1 solo caso di poliomielite rilevato da un sistema di sorveglianza molto sensibile, è sulla buona strada per interrompere la trasmissione di poliovirus selvaggi nei suoi confini entro la fine di quest’anno.

Quando il primo caso di Ebola è stato confermato nel mese di luglio, le autorità sanitarie immediatamente hanno riproposto le tecnologie per la polio e gli strumenti per la ricerca dei contatti dei casi di Ebola.L’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, sviluppate con la guida del programma poliomielite dell’OMS, ha messo isistemi GPS a supporto per la ricerca dei contatti in tempo reale e la mappatura quotidiana dei collegamenti identificati tra le catene di trasmissione. Questa è una storia di sanità pubblica con un insolito finale, nell’ambito della preparazione di un caso importato, molti paesi avanzati con buoni sistemi sanitari stanno ora studiando le tecnologie “made in Nigeria”, con il supporto dell’OMS, per migliorare le proprie capacità di ricerca di contatti.

La storia ha un altro messaggio molto chiaro, come ha notato la Dr.ssa Margaret Chan, il Direttore Generale dell’OMS. “Se un paese come la Nigeria, ostacolato da gravi problemi di sicurezza, può fare questo – cioè, compiere progressi significativi verso l’interruzione della trasmissione della polio, eradicare la malattia del verme della Guinea e contenere Ebola, tutti contemporaneamente – qualsiasi paese del mondo che ha un caso importato può contenere la trasmissione ad appena una manciata di casi.”Il lavoro investigativo epidemiologico a livello globale dovrebbe eventualmente collegare ogni singolo caso dei 19 casi confermati del paese al contatto diretto o indiretto con quel viaggiatore proveniente dalla Liberia il 20 luglio. In un’altra strategia, leader comunitari religiosi e tradizionali, sono stati impegnati nella fase iniziale e hanno giocato un ruolo fondamentale nel sensibilizzare l’opinione pubblica. Come molte altre, questa strategia ha suscitato successi nel programma poliomielite.

Le campagne di sensibilizzazione che hanno funzionato così bene per l’accettazione della vaccinazione contro la polio sono state altrettanto riproposte per incoraggiare la segnalazione precoce dei sintomi, sostenute dal messaggio che la diagnosi precoce e la terapia di supporto aumentano notevolmente le prospettive di sopravvivenza di un paziente con Ebola. Tutti questi sforzi sono stati sostenuti da esperti di mobilitazione sociale da UNICEF, CDC e Médecins sans Frontières, mentre il personale dell’ufficio dell’OMS Nigeria, dell’Ufficio Regionale per l’Africa e del quartier generale hanno potenziato le indagini sul focolaio, la valutazione dei rischi, la ricerca dei contatti e il trattamento dei casi. Alla fine, la Nigeria ha confermato un totale di 19 casi, di cui 7 deceduti e 12 sopravvissuti, dando al paese un tasso di mortalità invidiabile del 40% – molto inferiore al 70% visto altrove.

Infine, per aiutare a mantenere la fiducia dei cittadini e delle imprese e degli investitori stranieri, il governo ha intrapreso lo screening di tutti i viaggiatori in arrivo e in partenza per via aerea e via mare a Lagos e Rivers State. Il numero medio dei viaggiatori scrinati ogni giorno è stato di oltre 16.000.

La vigilanza rimane alta 

Il Governo e le autorità sanitarie nigeriani, compreso il personale dell’ufficio dell’OMS del paese, sono ben consapevoli che il paese rimarrà vulnerabile a un altro caso importato finché continua la trasmissione intensa in altre parti dell’Africa occidentale. Il sistema di sorveglianza rimane di guardia, ad un livello di allerta. Inoltre, il successo del paese, tra cui il suo basso tasso di mortalità, ha creato un altro problema che richiede un alto livello di allerta. Molte persone disperate dei paesi fortemente colpiti credono che la Nigeria abbia alcuni trattamenti particolarmente buoni – forse anche “magici” – da offrire. Il dottor Vaz dell’OMS e altri vedono come un rischio reale che i pazienti e le loro famiglie provenienti da altrove vadano in Nigeria alla ricerca di un’assistenza di prim’ordine, salvavita.

Sulla base dell’esperienza acquisita con la risposta in 2 Stati interessati, il piano di preparazione e risposta nazionale è stato rivisto e raffinato. Questo piano di risposta rafforzato aumenta ulteriormente la fiducia che la macchina ben oliata della Nigeria ha buone possibilità di fare miracoli e che un altro viaggiatore – per via terrestre, aerea o marittima – trasporti nuovamente il virus Ebola attraverso i suoi confini.

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