Aggressioni a soccorritori 118: nuovi casi a Piacenza e Napoli

In Italia a passare da angeli del soccorso a poveri diavoli oggetto di aggressioni ci si mette proprio un attimo. Soprattutto se si opera in seno al 118. 

E nemmeno l’emergenza – coronavirus sembra aver convinto alcune persone dell’inaccettabilità di tali comportamenti.  

Come del resto testimonia perfettamente quanto accaduto alle Misericordie qualche settimana fa a Martina Franca. 

In queste ore, poi, siamo tornati alle aggressioni fisiche ai soccorritori 118, in due episodi distinti e separati da poche ore tra loro. 

AGGRESSIONI A 118 A PIACENZA 

I carabinieri di Rivergaro hanno tratto in arresto un uomo di 39 anni che, in evidente stato di alterazione, ha avvicinato e minacciato i soccorritori di un’ambulanza del 118 della Pubblica Assistenza di Sant’Agata. 

Il motivo? L’uomo pretendeva un numero imprecisato di mascherine. Di fronte al diniego dei volontari ha tentato di aprire la portiera, minacciando, brandendo un bastone e sputando sui vetri dell’ambulanza.  

Di fronte alla concreta possibilità di essere fermato dalle forze dell’ordine il 39enne si è dato alla fuga, che però è durata ben poco: i carabinieri lo hanno bloccato ed arrestato. Dal carcere di Novate dovrà rispondere dei reati contestati di tentata rapina aggravata, minaccia, resistenza a Pubblico Ufficiale ed interruzione di servizio pubblico. 

AGGRESSIONI A 118 A NAPOLI 

Alle 4 del mattino, a Secondigliano, qualche giorno fa si è verificato l’ennesimo caso di violenza, in quell’area. A denunciare il fatto l’associazione Nessuno tocchi Ippocrate. 

Il personale 118 della postazione di Scampia ha risposto ad una chiamata effettuata per una “perdita di conoscenza”, e fin qui tutto nella norma. L’accoglienza all’ambulanza non è stata però delle migliori: ad attenderli, un groppuscolo di persone, una quindicina circa (naturalmente disinteressate ai divieti anti-covid-19), alcune delle quali hanno iniziato a prendere a calci il mezzo 118 per un, a loro dire, eccessivo ritardo. 

Ma non finisce qui: il paziente non si trovava in casa propria, magari in preda al coronavirus, ma in un’auto, e nessuno desiderava alcun trasporto particolare. Parenti e conoscenti volevano semplicemente trovare qualcuno che lo trasportasse al terzo piano di un edificio in prossimità. 

Al diniego del medico e dello staff sono passati agli insulti e alle minacce di morte. Naturalmente l’equipaggio dell’ambulanza ha fatto ciò che doveva: si è allontanato e ha chiamato le forze dell’ordine. 

PER APPROFONDIRE

VIOLENZA AI SOCCORRITORI, LA NOSTRA INTERVISTA AL PROFESSOR MASSIMO PICOZZI 

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