Emergenza Ebola, l'Aeronautica Militare a Malpensa testa le sue strutture

Come funziona il trasporto dei malati di Ebola? Ecco l’esercitazione dell’Aeronautica Militare, ancora una volta esempio di capacità, competenze e coniugazione di mezzi della realtà militare unita a quella sanitaria civile, senza preponderanza di parte

di Luca Tomaiuolo

Malpensa, 12 novembre 2014 ore 12.45. Sotto una fredda pioggia battente atterra il KC-767A dell’Aeronautica Militare partito da Pratica di Mare con a bordo due importanti passeggeri: un malato di ebola e un presunto da contatto.

Le due ambulanze, scortate dai mezzi della Polizia di Stato, arrivano poco prima sull’area del parcheggio, pronte a trasportare i due pazienti al Polo Universitario “Luigi Sacco” di Milano.

Se non fosse per lo stuolo di giornalisti e fotografi in attesa a pochi metri e per la rilassatezza tipica di certe situazioni, l’esercitazione dell’AM potrebbe facilmente essere scambiata per realtà.

Il trasporto “in parallelo” di due soggetti viene effettuato per la prima volta, così come per la prima volta viene usato come vettore aereo il nuovissimo Boeing militare. A bio-contenimento assoluto, permette di raggiungere senza necessità di scalo i Paesi africani, dando all’Aeronautica Militare la possibilità di arrivare con estrema sicurezza e facilità lì dove il supporto medico emergenziale serve maggiormente. Una nuova importante specialità per l’aviazione nazionale, traguardo da leggere con attenzione sotto molti aspetti.

La capacità dual-use, tipica ormai delle nostre Forze Armate, echeggia in maniera netta durante la mattinata. Protocolli operativi standardizzati e ben strutturati tra personale militare e quello a bordo delle ambulanze: lo si nota nelle procedure messe in atto, nella precisa e attenta manovra di trasferimento del malato dalla barella imbarcata a quella a bordo del mezzo su strada, nella sinergia dimostrata durante tutta la durata dell’operazione. Attività di oltre un’ora, durata dettata dalla necessità di testare con attenzione tutti i passaggi.

Il primo a scendere il paziente da contatto, gestito da Malpensa e portato in un vicino ospedale nel reparto malattie infettive per le prime valutazioni mediche.

Il secondo ad essere trasbordato il malato confermato, diretto all’ospedale “Luigi Sacco”. Le differenze sono notevoli, anche nel protocollo impiegato: se il primo scende chiuso in una tuta a biocontenimento (nelle foto è il soggetto con la mascherina verde) in perfetta autonomia, il secondo viene fatto scendere dal portellone laterale all’interno della barella “A.T.I.” (Aircraft Transport Isolator) per mezzo di un ponte idraulico e di un muletto con l’assistenza del personale presente.

A tal proposito sono tre le tipologie di barelle a bio-contenimento in possesso dell’AM: rientrano nei sistemi a “lunga tratta” le due barelle sopracitate e le altrettante “S.T.I” (Stretcher Transit Isolator). A queste si aggiungono le cinque “N-36”, barelle A.T.I. certificate per l’impiego su breve tratta ed a bordo di elicotteri AB 212 ed AW 139; caratteristica fondamentale se pensiamo al pericolo di contagio che arriva dai migranti accolti a bordo delle navi della Marina Militare impegnate nel Mediterraneo.

Sull’ambulanza adibita al trasferimento di quest’ultimo, oltre all’equipaggio in cabina, sono presenza standard un infermiere e un medico infettivologo nel vano sanitario e un medico e anestesista specializzati in rianimazione nel vano tecnico, permettendo di poter coprire con assoluta efficienza tutto il periodo del trasporto.

Ancora una volta, il risultato ottenuto, positivo sotto molteplici aspetti, è sommatoria di capacità, competenze e mezzi della realtà militare unita a quella sanitaria civile, senza preponderanza di parte.

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