Artrosi della mano: come si manifesta e cosa fare

Che cos’è l’artrosi della mano? Con il termine artrosi si definisce una malattia cronica evolutiva che interessa le articolazioni, la cui base anatomica è rappresentata da un processo degenerativo delle cartilagini che rivestono i capi ossei articolari e che vanno incontro a fenomeni di usura

Forme, segni, sintomi e terapie dell’artrosi della mano

La graduale distruzione della cartilagine determina la diminuzione dello spazio articolare e la reazione del tessuto osseo circostante; ne conseguono quadri clinici variabilmente dominati dal dolore e dalla rigidità, associata talora ad atteggiamenti posturali viziati ed in fase avanzata dalla deformità e dalla impotenza funzionale.

L’artrosi nella mano assume forme diverse in rapporto alla sede, al numero di articolazioni colpite e alle possibili associazioni

Tra le forme più frequenti citiamo l’artrosi trapezio-metacarpale o rizoartrosi e l’artrosi delle articoalzioni interfalangee distali o artrosi di Heberden.

La localizzazione all’articolazione trapezio-metacarpale (Rizoartrosi) rappresenta circa il 10% di tutte le manifestazioni artrosiche dell’apparato locomotore. Interessando la “radice” (rizo) del primo raggio digitale, essa compromette  la cinematica di tutta la catena del pollice, determinando una grave invalidità legata alla progressiva perdita della funzione specifica del 1° raggio digitale: la pinza in opposizione del pollice alla altre dita.

Nelle fasi iniziali il disturbo è spesso rappresentato da una dolenzia incostante ed è possibile proporre un trattamento conservativo basato su alcuni semplici principi: il riposo funzionale, l’economia della articolazione trapezio-metacarpale, l’impiego di agenti fisici e di tutori statici.

Nelle fasi più avanzate è presente dolore costante alla base del pollice, deformità ed importante limitazione funzionale che si configura nell’impossibilità di svitare il tappo di una bottiglia, di sollevare oggetti anche di piccole dimensioni o di girare la chiave in una serratura.

In questa fase si dovrà prendere in considerazione la necessità di un trattamento chirurgico.

Le alternative possibili sono sostanzialmente due: le artroplastiche biologiche e le artroprotesi.

Le artroplastiche biologiche, impiegate ormai da circa 30 anni hanno dato certamente buona prova di sè, consentendoci di trattare migliaia di pazienti con risultati decisamente buoni e duraturi sia sul dolore sia sul ripristino della mobiltà articolare e della forza di presa.

Proposte con diverse varianti di tecnica, le artroplastiche biologiche prevedono fondamentalmente l’asportazione del trapezio (una delle due componenti ossee usurate dal processo artosico) con risoluzione del conflitto doloroso tra esso e la base del I metacarpo e la creazione di una neoarticolazione di sostegno mediante l’impiego di strutture tendinee e capsulari locali, senza impianto di alcun materiale estraneo.

Si tratta certamente di un intervento delicato che va effettuato in strutture ospedaliere specializzate ma che ha il grande vantaggio di azzerare tutte le possibili complicanze legate all’impiego di materiali estranei.

Complicanze queste che da sempre limitano invece in questa sede l’impiego delle artroprotesi, ancora oggi, probabilmente, gravate da un eccessivo numero di complicanze relative alla difficoltà di ottenere un ancoraggio stabile su segmenti ossei così piccoli ed alle possibili reazioni avverse ai materiali protesici.

Potenzialmente tutte le numerose articolazione della mano possono andare incontro ad un processo artrosico determinando: un’ Artrosi Scafo-Trapezio-Trapezoidale, un’ Artrosi Peritrapeziale, un’Artrosi Intercarpica, un’Artrosi Metacarpo-Falangea, un’Artrosi Interfalangea prossimale o di Bouchard.

La forma, però, di gran lunga più frequente è rappresentata dall’Artrosi Interfalangea distale o Artrosi di Heberden: è la forma di artrosi primitiva più diffusa in assoluto, colpisce prevalentemente le donne e generalmente dopo la menopausa è correlata ad un gene autosomico dominante nel sesso femminile e recessivo in quello maschile.

Si manifesta come tumefazione dorsale dura delle articolazioni Interfalangee Distali (in vicinanza delle unghie), con le caratteristiche nodosità osteocartilaginee paraarticolari, deviazioni e deformità con rigonfiamento dei capi articolari.

Determina rigidità in flessione e deviazione laterale delle falangi distali, con dolore a volte intenso a decorso intermittente.

Il disturbo, prevalentemente estetico in fase iniziale, si manifesta funzionalmente con una limitazione funzionale crescente della pinza digitale nelle fasi avanzate sia su base antalgica che in conseguenza delle ingravescenti deformità articolari.

Il trattamento conservativo, nelle forme lievi, si propone come unico scopo la riduzione del dolore con impiego di terapia antinfiammatoria ed antidolorifica medica e fisioterapica.

Nelle forme avanzate, qualora trovi indicazione, si esegue intervento di artrodesi (fusione) in estensione dell’articolazione Interfalangea distale, con risoluzione completa del dolore e correzione dell’inestetismo.

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