Dissesto: saltare #fuoridalfango ma non #dentroalcemento

Su cosa concentrarsi per mettere in sicurezza il territorio italiano? Dalla riduzione del cemento ai piani di emergenza, ecco alcuni suggerimenti dagli esperti Emanuele Fior e Nicola dall’Olio

“Se l’Italia si Cura, l’Italia è più sicura” recita lo slogan messo a punto dalla presidenza del Consiglio per l’evento #FUORIDALFANGO, che l’11 novembre riunirà a Roma gli stati generali della Protezione Civile e delle amministrazioni per progettare un sistema di supporto e miglioramento adeguato ai cambiamenti climatici che stanno tormentando l’Italia.

Emergency-Live ha voluto porre stavolta l’accento sul tema della prevenzione,parlando con due esperti della tutela del suolo e dell’ambiente. Il NaturalistaEmanuele Fior, laureato proprio in scienze naturali e membro della segreteria di legambiente Parma è uno di questi. Senza nessun preconcetto contro le opere di prevenzione, Fior spiega che “Va fatto quello che si sta facendo in molte situazioni per agire sull’emergenza per mitigare gli effetti che le alluvioni possono creare. Ma troppo spesso si dimenticano le cause di queste alluvioni. E’ sotto agli occhi di tutti che le concentrazioni d’acqua sono aumentate, che le bombe d’acqua cadono sempre più o meno negli stessi territori e che ci sono soluzioni già pronte da mettere in atto.Mancano però sempre le volontà politiche. Un esempio lampante è il territorio parmense. Il parco fluviale del Taro, per esempio, è un caso virtuoso: da circa 20 anni si è consentito al fiume di riprendersi territori in passato negati, e la natura con le sue dinamiche, ha creato spazi sufficienti per rallentare l’acqua e mitigarne la forza. A Parma, la differenza fra i torrenti Taro, Parma e Baganza è visibile a colpo d’occhio”.

NIENTE CEMENTO? NO, NIENTE FOLLIE

Fior spiega ancora meglio il punto di vista di Legambiente con due esempi di cementificazione: uno positivo e l’altro negativo.”Per Legambiente creare una cassa di espansione sul torrente Baganza serve. Ma in passato i 25 milioni di euro disponibili per quest’opera stati usati per costruire un ponte inutile”. Tornando all’esempio del Taro, oggi che il fiume si è preso i suoi spazi si vuole costruire un’autostrada di 9 chilometri che taglia in diagonale l’alveo. Un’idea folle per Fior e Legambiente, che spiega come si stia per “spendere 500 milioni di euro per costruire una autostrada in una zona dove sono stati spesi 500.000 euro per il ripristino ambientale”. Una follia che vede i forti dubbi anche dell’Unione Europea, finanziatrice di progetti ambientali per la tutela del territorio e che oggi si trovano nuove cementificazioni che non fanno che aggravare i problemi di resilienza del nostro territorio. “Salta all’occhio come, dopo una catastrofe, ci sia la decisione nel costruire scatole dove rinchiudere il mostro, che è l’acqua. Ma l’acqua vince sempre, non si può fermare o bloccare l’alveo con il cemento, perché si sottrae spazio al “mostro” che ha necessità di scorrere”. Magari ordinato e mitigato nella sua velocità da spazi golenali appropriati.
PIANI D’EMERGENZA E RIPRISTINO DEL SUOLO

Per capire ancora meglio come il nostro territorio sia stato trasformato e plagiato dal cemento è utile guardare il docu-film “Il suolo Minacciato” del geologo Nicola dall’Olio, politico impegnato da anni nella tutela del territorio e della sostenibilità idrogeologica degli ambienti. “Il tema di Italia Sicura è molto complesso da affrontare, perché oggi c’è la necessità di implementare la cultura della gestione del rischio. Soprattutto per il rischio idrogeologico che sarà crescente negli anni, vista la storia d’uso del nostro territorio, mancano dei progetti forti che aiutino a capire come prevenire e gestire le criticità”. Dall’Olio è di Parma e anche lui ha visto gli effetti devastanti della piena di un piccolo torrente come il Baganza. “Abbiamo visto negli ultimi eventi che si fa fatica a distinguere un’allerta da un allarme o da un preallarme. Soprattutto si fa fatica a capire che anche nell’incertezza e nel rischio si può agire con piani di emergenza. Oggi questi piani in tante amministrazioni mancano o non sono aggiornati, e invece dovrebbero essere applicati automaticamente quando non c’è più tempo per pensare”.

La farraginosità delle catene di comando è poi il problema principale su cui fissare l’attenzione durante l’emergenza: “C’è una frammentazione di competenze da migliorare, e c’è un dato su cui lavorare con serietà, per esempio la comunicazione alla popolazione. Si tratta di strumenti preventivi che possono insegnare alla cittadinanza come comportarsi quando arriva un evento dalle potenzialità catastrofiche”.
#FUORIDALFANGO O #DENTROALCEMENTO?
La trappola in cui non cadere però è quello dello sfruttamento di un’iniziativa positiva per aprire nuovi spazi alla cementificazione, un vizio tipicamente italiano che va affrontato. “Non bisogna dire basta cemento, bisogna dire togliamo il cemento. E’ un passaggio da fare, dobbiamo ridare spazio al suolo e togliere cemento laddove non ci deve essere. Si può fare, basta applicare in maniera adeguata il concetto di consumo suolo 0 dell’unione europea. Bisogna imparare la garanzia di invarianza idraulica, non aumentando la quantità di acqua da far confluire nei corsi superficiali. Non stiamo parlando di progetti validi per le Filippine o l’Australia. Stiamo parlando di filosofie già applicate in Germania. Compensare togliendo aree impermeabilizzate si può. In particolare per i corsi d’acqua. E’un modo per ridurre la vulnerabilità di un territorio davanti ad eventi di un certo tipo”.

LEGAMBIENTE: 100 ANNI DI DISSESTO, E SIAMO ANCORA IN GINOCCHIO

In giornata Legambiente ha diramato un comunicato sull’ennesima allerta meteo che rischia di mettere KO parte del paese per un’eccesso di pioggia. “L’Italia è di nuovo in ginocchio per il maltempo, e a Genova dopo l’alluvione di inizio ottobre in queste ore è di nuovo allerta meteo, mentre anche Carrara è in ginocchio e in molti comuni del centro Nord le scuole rimarranno chiuse. Bisogna agire subito! In vista degli Stati generali contro il dissesto idrogeologico convocati domani a Roma dall’unità di missione di Palazzo Chigi Italia Sicura, Ance, Architetti, Geologi e Legambiente tornano con #DissestoItalia, l’inchiesta multimediale sul dissesto idrogeologico realizzata dai giornalisti indipendenti di Next New Media, nei luoghi colpiti dagli ultimi eventi con proposte, approfondimenti e interviste su http://www.dissestoitalia.it/ nella sezione Italia Ferita.

A Genova un abitante su sei vive o lavora in zone alluvionabili e, di fatto, la popolazione convive con il rischio idrogeologico in una situazione di perenne insicurezza. Per proteggere la popolazione serve un programma di manutenzione del territorio e di prevenzione del rischio che fornisca strumenti concreti, fondi per renderli operativi oltre a un’efficace azione di informazione e formazione dei cittadini sulla “convivenza con il rischio”, per sapere cosa fare in caso di frane o alluvioni.

“A Genova è necessario far partire una concreta politica di mitigazione del rischio mettendo in campo anche misure di adattamento agli evidenti effetti dei cambiamenti climatici. Sbloccare le riscorse e far partire gli interventi è il punto di partenza. Oggi per mettere in sicurezza la città occorre mettere in campo soprattutto azioni per la manutenzione del territorio e la riqualificazione dei corsi d’acqua, intervenire sui sistemi di drenaggio delle acque meteoriche, aumentando la capacità di esondazione dei corsi d’acqua e di permeabilità dei suoli urbani o delocalizzare quelle strutture che oggi causano le condizioni di rischio. I Comuni però stanno subendo una crisi finanziaria senza precedenti e la Regione ha a disposizione pochi fondi per attuare una gestione ordinaria del territorio per la prevenzione del rischio. Così a Genova, ancora una volta l’acqua rischia di riprendersi gli spazi che le sono stati sottratti dal cemento e dall’incuria.”

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