Patologie dell’orecchio interno: la sindrome o malattia di Menière

La sindrome di Menière è una malattia del labirinto, ossia dell’orecchio interno, descritta per la prima volta dal medico parigino Prospero Menière nel 1861 e caratterizzata da tre disturbi: abbassamento di udito (ipoacusia), ronzii (acufeni) e crisi di vertigini

Sintomi caratteristici della sindrome di Menière

Il paziente affetto da sindrome di Menière, patologia rara ed estremamente variabile nel suo decorso, presenta disturbi uditivi a carico di un solo orecchio e forti crisi vertiginose.

Queste ultime hanno insorgenza improvvisa e spesso sono accompagnate da nausea, vomito e incapacità a stare in piedi e a camminare, hanno durata variabile da 20 minuti a 6-7 ore e possono ripetersi in maniera irregolare e imprevedibile.

I disturbi uditivi che caratterizzano la malattia – ipoacusia, acufeni e sensazione di orecchio ovattato (fullness) – hanno andamento fluttuante e peggiorano in occasione delle crisi di vertigine.

In fase avanzata le crisi vertiginose si riducono per frequenza e intensità e sono sostituite da una instabilità persistente.

L’udito si stabilizza su una perdita medio-grave su tutte le frequenze.

In alcune donne, i sintomi si legano alla situazione ormonale, per cui possono avere il momento acuto nella fase premestruale o all’inizio della menopausa e diminuire di intensità nel corso di una gravidanza.

Molti pazienti con sindrome di Menière soffrono di cefalea emicranica ed esiste una correlazione tra le due patologie che può manifestarsi con un quadro intermedio noto come emicrania vestibolare o vertigine emicranica.

In rari casi la sindrome può interessare entrambe le orecchie (Menière bilaterale) e in questo casi sembra dovuta a disturbi del sistema immunitario.

Un fattore che può incidere in maniera importante è lo stress, oltre che lo stile di vita e l’alimentazione.

Cause della sindrome di Menière

La sindrome di Menière è dovuta ad un aumento di pressione dell’endolinfa, il liquido contenuto negli spazi del labirinto membranoso dell’orecchio interno.

Ciò che ne consegue è una dilatazione di questi spazi nota come idrope endolinfatica.

I fattori responsabili di questi aumenti di pressione dell’endolinfa sono molteplici e in parte sconosciuti, probabilmente variabili da paziente a paziente.

Diagnosi della sindrome di Menière

Trattandosi di una “malattia di nicchia”, dai disturbi variabili e imprevedibili, è fondamentale per una corretta diagnosi innanzitutto ricostruire la storia clinica del paziente attraverso l’anamnesi.

Alla raccolta minuziosa di informazioni sulle manifestazioni cliniche, si aggiungono esami audiometrici e vestibolari.

Secondo i criteri internazionali, per la diagnosi di certezza della sindrome di Meniere occorre almeno un esame audiometrico con una ipoacusia neurosensoriale monolaterale con caduta sulle basse e medie frequenze.

Nel caso in cui si pensi che i sintomi della sindrome di Menière possano essere collegati a una patologia più rara come il neurinoma del nervo acustico, lo specialista può richiedere una risonanza magnetica con mezzo di contrasto dell’angolo ponto-cerebellare e del condotto uditivo interno.

Cura e terapie per la sindrome di Menière

Nel trattamento della sindrome di Menière, i farmaci vestibolosoppressori vengono impiegati in occasione degli episodi acuti per ridurre le vertigini, la nausea e il vomito.

Per evitare e prevenire le crisi vertiginose, si consiglia una dieta povera di sale ma ricca di acqua e l’impiego di diuretici.

Nei casi resistenti, si propone il trattamento con iniezioni intratimpaniche (nell’orecchio medio attraverso la membrana del timpano) di cortisonici o di gentamicina.

In particolare, la gentamicina intratimpanica a dosaggi ridotti e ripetuti nel tempo in caso di necessità assicura il controllo delle crisi vertiginose nel 90% dei casi, senza significativi effetti collaterali.

In caso di frequenti e invalidanti crisi vertiginose non controllate dai farmaci, in grado di compromettere seriamente la qualità di vita del paziente, può essere necessario ricorrere a trattamenti “ablativi” che eliminano o riducono la funzione del labirinto malato: labirintectomia (asportazione del labirinto), neurectomia (sezione del nervo vestibolare), decompressione del sacco endolinfatico.

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