Coronavirus, il racconto dei medici di Bergamo e Lipsia: “Così affrontammo il Covid”

Covid a Bergamo e Lipsia: le testimonianze durante l’incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il suo omologo tedesco Frank Walter Steinmeier

“Li abbiamo curati perche’ potevamo farlo, e’ stato un riflesso naturale“.

Sven Bercker, medico della clinica universitaria di Lipsia, dove e’ stato salvato il 57enne pavese Felice Perani, e’ a a Palazzo Reale durante la visita a Milano di Sergio Mattarella e del suo omologo tedesco Frank Walter Steinmeier.

E racconta dell’aiuto dato all’Italia dalla Germania, che durante l’emergenza sanitaria ha contribuito a salvare la vita a molti pazienti del nostro Paese: “Quando ci sono arrivate le richieste dall’Italia, avevamo appena ampliato i reparti di terapia intensiva”, spiega Bercker.

“Sarebbe stato insopportabile non poter aiutare i pazienti del vostro paese pur avendone la possibilita’“.

COVID A BERGAMO E LIPSIA, I RICORDI E LE EMOZIONI

Le sue parole si intrecciano con i ricordi di Christian Salaroli, l’anestesia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo che ha coordinato i trasferimenti in Germania: “Eravamo nelle condizioni di non poter piu’ seguire gli ammalati critici che necessitavano di ventilazione meccanica.

Anche io sono stato contagiato il 12 marzo, ma avevo una forma leggera della malattia e mi e’ stato chiesto di dare una mano, coordinando i trasporti con la Germania”.

Una collaborazione “fondamentale dal punto di vista logistico” anche per i tedeschi, prosegue Salaroli.

“Abbiamo fornito delle informazioni alla Germania in anticipo visto che in Italia era arrivata prima.

Siamo arrivati a capire presto che non era una malattia respiratoria ma che alterava la coagulazione del sangue provocando queste trombosi” sottolinea il medico bergamasco.

Un grandissimo aiuto “nonostante i chilometri di distanza.

Da quando Perani e’ partito l’ho rivisto oggi per la prima volta.

Ho deciso di mandarlo in Germania, monitorando nei mesi la sua situazione.

Non aveva molte chance di sopravvivere, come tutte le persone che sono state mandate in Germania“.

La cosa piu’ difficile, conclude Salaroli, “e’ stata allontanare dai propri parenti i pazienti, senza sapere se sarebbero tornati”.

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