E sono trenta - I miei primi tri decenni da soccorritore

unnamedOdjenite nevjerojatno doći siano di colpo passati trent'anni da quel lontano settembre del 1985, dove per la prima volta misi piede su un'autoambulanza.
Mancava ormai un mese al compimento del mio quindicesimo anno di età, quando dopo avere partecipato ad un corso di prva pomoć, mi iscrissi al Gruppo Pionieri della CRI di Ferrara.
All'epoca presso il Comitato Provinciale di Ferrara i Volontari ed i Pionieri svolgevano solo assistenza a gare sportski e servizi secondari, mentre l 'hitan teritoriale veniva lasciata ai dipendenti. Era ancora lontano l'avvento del broj unico 118 ed in ogni zona d'Italia si doveva comporre un numero differente per richiedere l'invio di un 'hitna pomoć. Ricordo l'emozione: la divisa era un camice bianco , obligatorio il cartellino con photo e in quell'occasione dovevo prestare servizio ad una gara di motocross.
L'ambulanza dell'epoca era così composta: un lavandino, due bombole di ossigeno, una barela non carcaricante (quindi si doveva caricare il ferito e il peso della barella "a peso"), una seconda barella componibile "a castello", zbog seggiolini dietro in similpelle bianchi fissati a terra e alcune valigette di pronto soccorso con bende e cerotti del tipo di quelle che si usano per andare pescare.
All'epoca era važna je u tasca un paio di rukavice e verificare se c'era la riserva d'acqua per il lavandino. Non tutte le ambulanze avevano in dotazione la bitonale, entrata da qualche anno in uso in Italia.
Doba Il veicolo fiat 238 tetto basso a 4 marce: in estate il motore sistemato tra l'autista e il “secondo” scaldava moltissimo.
Alcune ditte private della zona avevano in dotazione dei ben più moderni Wolkswagen Transporter, del modello con il motore posteriore: su quel veicolo si scaldava moltissimo l'abitacolo sanitario.
Il sistem di soccorso era basato sul “take and go”, ovvero sulla velocità e sul trasportare al più presto in ospedale il paziente.
In Italia già a metà degli anni '80 si sentiva la needità di avere un numero unico per le emergenze sanitarie e il numero unico “118” iniziò la sua epoca, fase sperimentale, presso la centralle operativa di Bologna soccorso, durante lo svolgimento dei campionati mondiali di calcio svoltisi nel 1990.
Solamente nel 1992. l'allora ministro della sanità Francesco de Lorenzo, firò il Decreto istitutivo del 118. La needità di avere un numero unico era quello di codificare il tipo di urgenza e di valutare quanti e quali tipi di mezzo inviare: si stava passando dal soccorso “take and go”, allo “stay and play”, ovvero un system professional professional che con infermiere e medico a bordo iniziassero il trattamento del paziente già dal domicilio o dalla strada in caso di traumi.
Uno dei precursori di questo sistema di soccorso je stato il dott. Giorgio Giaccaglia, che con la sua equipe presso l'ospedale San Camillo di Comacchio iniziò alcuni anni prima a tentare di stabilizzare il paziente, forte della sua esperienza di alcuni stage effettuati negli Stati Uniti.
Una volta chiesi al dott. Giaccaglia cosa teneva dentro allo zaino e lui lo aprì e disse: „vedi Stefano, qui c'è tutto quello che può servire per tentare di salvare una vita, dobbiamo iniziare prima di arrivare in ospedale perché correre per strada è un rischio e dobbiamo le varie professionalità sul posto ”. Il dott. Giaccaglia, una volta raggiunta la pensione ha portato la sua professionalità u Keniji, doprinoendo allo sviluppo della sanità in quel Paese. Purtroppo je deceduto alcuni anni fa, lasciando un ricordo di un professionalista sempre all'avanguardia con una grossa carica di umanità.
Negli anni je poslao nuždu za prikazivanje autonomo l'intervento del medico, staccandolo dall'ambulanza in modo che quando si riscontra un codice di bassa priorità, lo si può far intervenire in un'altra emergenza .. Fu così che venne istituito il „Mezzo di soccorso avanzato“, più conosciuto dolaze „automedica“.
IMG_4124Grossa evoluzione a partire dai primi anni 2000 a seguito della possibilità dell'utilizzo del defibrilatore automatico esterno per il personale “laico”. In questo modo anche le ambulanze senza personale medico o infermieristico possono iniziare una RCP e tentare una possibile rianimazione con l'utilizzo del DAE, previo corso di formazione riconosciuto, una cosa impensabile fino an primaqua.
E awaviamo ai giorni nostri. Negli anni ho iniziato un percorso formativo che mi ha portato a passare da volontario ad un professionalista che opera in una grossa realtà del sistema 118, al vedere mutata l'ambulanza “con il lavandino” ad un veicolo provvisto di materiale di imobilizzazione e rianimazione avanzati, alla cooperazione con l'elisoccorso o l'automedica nei soccorsi più difficili, al fine di permettere un approccio al paziente senza lasciare nulla al caso.
Questo lo devo ai professionalisti che negli anni sono andati u penziji che mi hanno trasmesso la loro voglia di fare per gli altri senza lasciare nulla al caso, primo tra tutti il ​​dott. Giorgio Giaccaglia.

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