Demenza, l'Intelligenza Artificiale personalizza la cura del paziente: studio Stella Maris, Humanitas e Aoup

Le persone a rischio demenza, in massima parte anziani, possono trovare nell’intelligenza artificiale un valido sostegno nella diagnosi e nell’individuazione di terapie personalizzate.

E’ l’intento che si è prefissato il dr. Paolo Bosco, ricercatore dell’IRCCS Fondazione Stella Maris, che ha ottenuto un finanziamento di 450 mila euro nell’ambito della ricerca finalizzata del ministero della Salute dedicata ai giovani ricercatori.

Lo studio dal titolo: “Identificazione di biomarcatori di neuroinfiammazione e di imaging per mezzo di tecniche di intelligenza artificiale guidate dai dati, al fine di risolvere il problema dell’eterogeneità dei soggetti anziani a rischio di demenza e per disporre adeguate strategie preventive” avrà una durata triennale e oltre all’IRCCS Fondazione Stella Maris (FiRMLAB), coinvolgerà l’Azienda ospedaliero-universitaria pisana (Unità operativa di Neurologia) e l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas (Laboratorio di patologia e patologia cerebrale) di Milano.

Demenza, un processo che richiede anni

La ricerca parte dal presupposto, consolidato nella comunità scientifica, che i processi degenerativi e infiammatori che determinano la demenza, richiedono anni.

Un tempo durante il quale avvengono graduali processi di cambiamento funzionale e alterazioni strutturali del cervello che solo ad un certo momento si manifestano con sintomi cognitivi.

Due le tipologie di condizioni che, secondo la scienza, possono portare le persone a sviluppare una demenza.  Il primo, il declino cognitivo soggettivo – subjective cognitive decline (SCD) – in soggetti che riportano declino cognitivo senza mostrare alterazioni nei risultati dei test di valutazione clinica .

Il secondo, i soggetti con disturbo cognitivo lieve – mild cognitive impairment (MCI) – che mostrano un declino cognitivo superiore a quello che ci si aspetterebbe in soggetti di medesima età e scolarità ma che non rientrano nei criteri definiti in letteratura per la demenza.

I due stati (SCD e MCI) comprendono condizioni estremamente eterogenee tra loro a cui corrispondono velocità differenti nella progressione della malattia e l’insorgenza di tipologie differenti di demenza.

Le cure attuali per la demenza

Sul versante delle terapie, al momento i trattamenti non farmacologici si sono dimostrati i più efficaci nella demenza di Alzheimer, mentre quelli farmacologici hanno mostrato efficacia solo per l’attenuazione dei sintomi.

In particolare alcuni trial (come lo studio FINGER e lo studio Train the Brain, quest’ultimo sviluppato nell’ambito di una consolidata collaborazione con l’Istituto di Neuroscienze del CNR), che prevedevano un training di tipo sia cognitivo che fisico, hanno suggerito che un intervento di questo tipo è effettivamente in grado migliorare il mantenimento delle funzioni cognitive di soggetti ad alto rischio di demenza.

Studio su demenza e intelligenza artificiale: il campione

Lo studio recluterà a Pisa complessivamente 105 soggetti che verranno seguiti  per un anno mezzo, durante il quale saranno valutati dal punto di vista cognitivo con test specifici, verranno sottoposti ad esame di risonanza magnetica cerebrale (all’inizio e alla fine dello studio) e saranno valutati dal punto di vista infiammatorio mediante semplici esami del sangue.

Per approfondire:

Demenza, ipertensione collegata alla mortalità COVID-19 nel morbo di Parkinson

Demenza: indicazioni ISS per caregivers e operatori per assistere i pazienti a casa e nelle strutture socio sanitarie

Fonte dell’articolo:

Sito Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana

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