Coronavirus, INPS diffonde dati marzo e aprile: Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza +200% di decessi

L’INPS ha diffuso i dati del proprio ufficio di statistica, che sono purtroppo inequivocabili: il coronavirus ha provocato danni incredibili.

 

CORONAVIRUS, LO STUDIO CONDOTTO DALL’INPS:

Tra marzo e aprile “le province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Piacenza presentano tutte una percentuale di decessi superiore al 200%. Quasi tutto il nord-ovest dell’Italia risulta interessato da un incremento dei decessi superiore al 50%”.

Lo Studio, intitolato ‘Analisi della mortalità nel periodo di epidemia da Covid’ snocciola cifre piuttosto chiare: “le regioni che si affacciano sul mare Adriatico – vi si può leggere – presentano incrementi contenuti ma significativi. Nel sud Italia, la Puglia, che è stata la regione interessata dai maggiori rientri dal nord alla vigilia dell’uscita del DPCM del 9 marzo, è quella che evidenzia un maggiore incremento della mortalità“.

Qui il dato provinciale oscilla tra un aumento del 10 e il 30%. La nota analizza “la distribuzione per età e sesso che deriva dalla differenza con la baseline si desume un’età media al decesso di 81,5 (78,5 anni per i maschi e 85,1 per le femmine).

La percentuale di donne è risultata del 44,5% mentre nello stesso periodo riferito alla baseline risulta del 53,8%, a conferma che il virus colpisce maggiormente gli uomini”.

GLI EFFETTI DEL CORONAVIRUS, INPS: “TRA MARZO E APRILE UN AUMENTO DI 47 MILA MORTI”

“Il periodo dal 1° gennaio al 28 febbraio 2020 registra un numero di decessi inferiore di 10.148 rispetto ai 124.662 attesi dalla baseline.

Il periodo dal 1° marzo al 30 aprile 2020 registra un aumento di 46.909 decessi rispetto ai 109.520 attesi.

Il numero di morti dichiarate come Covid-19 nello stesso periodo sono state di 27.938.

A questo punto ci si può chiedere quali sono i motivi di un ulteriore aumento di decessi pari a 18.971?”, spiega l’Inps nella nota statistica.

“Tenuto conto che il numero di decessi è piuttosto stabile nel tempo, con le dovute cautele, possiamo attribuire una gran parte dei maggiori decessi avvenuti negli ultimi due mesi, rispetto a quelli della ‘baseline’ riferita allo stesso periodo, all’epidemia in atto.

La distribuzione territoriale dei decessi strettamente correlata alla propagazione dell’epidemia e la maggiore mortalità registrata degli uomini rispetto alle donne è coerente con l’ipotesi che la sovra-mortalità sia dovuta a un fattore esterno, in assenza del quale una eventuale crescita di decessi dovrebbe registrare delle dimensioni indipendenti sia dal territorio che dal sesso”.

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