Il Diario di Piero - Storia del numero unico per il soccorso extraospedaliero in Sardegna

E quarant'anni di fatti di cronaca visti dalla singolare ottica di un medico-rianimatore semper in prima linea

Un prologo… Papale

Gennaio 1985. La notizia è ufficiale: in ottobre Papa Wojtyla sarà a Cagliari. Per un medico-rianimatore che da anni ha in testa di riuscire a organizzare un efficiente servizio di soccorso sanitario extraospedaliero, è una di quelle notizie che tolgono il sonno, che fanno pensare, sognare…Forse è il momento giusto, è un segno del destino del destino. . Quella visita pastorale non è casuale. Dopo tanto sperimentare, con i medici in motar asibiti o che accorrono a bordo di primitive moto-ambulanze sulle quali non c'è nulla, se non qualche ferro del mestiere nel bauletto portaoggetti, forse è arrivato il momento di organizzare qualcosa di serio, di grande, mai neanche pensato prima in evente di grandi avvenimenti.

Sì, perché prima, esattamente nell'aprile 1970, l'anno dello scudetto calcistico del Cagliari, un altro Papa, Montini, Paolo VI, era stato nella nostra città e per vederlo e sentirlo, nel grande piazzale sottostante la Bosilica di , accanto all'Hotel Mediterraneo, si erano radunate, si disse, addirittura centomila persone: proprio per questo da allora quella piazza ha assunto ufficialmente quel nome, Piazza dei Centomila. Ebbene, Bonaria e piazza dei Centomila a parte, dopo una visita di Paolo VI nel quartiere Cagliaritano di Sant'Elia, ci furono allora proteste, disordini, sassaiole. Ko da yake, ba tare da la'akari da matsalolin da ke faruwa ba.

Ora però le previsioni degli esperti parlavano addirittura di 200mila persone attese a Cagliari per quell'evento straordinario e dunque presumibilmente i problemi di una seria e organizzata helpenza sanitaria in loco, extraospedaliera appunto, sarebbero stati enormi. Certamente dalla Prefettura sarebbe stata sollecitata agli organi competenti un'adeguata copertura di soccorso sanitario per l'evento. Yana da kyau a yi la'akari da lokacin da ake buƙata.

Pensai all precedenti esperienze con colleghi rianimatori, in campo nazionale e internazionale: a Parigi con il personale del SAMU (Servizi di Aiuto Medico Urgente), che operava in borghese portandosi appresso borsoni con l'attrezzatura sanitaria, a Varese in Lombardia, particolare in ayeye del previsto transito proprio del Pontefice in un luogo accidentato verso un santuario di campagna, magari sotto la pioggia. Tutte esperienze, da me vissute in prima persona sia pure da spettatore attento e interessato, che tuttavia erano state richche di spunti and suggerimenti.

Fatto sta che in quei primissimi mesi dell'85 -già mi occupavo di kare hakkin jama'a- venni convocato per la riunione di un comitato -oggi si chiamerebbe Unità di crisi- alla quale erano stati invitati militari, civili, sanitari e volontari. Don ƙarin bayani game da abin da za a tattauna, za a iya warware matsalar duk waɗannan abubuwan: chi avrebbe dovuto recuperare fisicamente le persone eventualmente colte da malore o communque bisognose di soccorso da prestarsi presso i centri che sarebbero stati allestiti nelle vicinanze de? La risposta, da ni, viste appunto da precedenti esperienze, era relativamente semplice e proposi anche il numero delle persone mustarie: 200 Military di leva.

"Ku vedi troppi film americani!" mi disse un dirigente sanitario presente alla riunione. "Vero -risposi- Parlami allora della tua proposta!" Inutile aggiungere che non ne aveva. E così alla fine riuscimmo ad avere dall'Esercito la disponibilità non di 200 ma di 80 militari di leva con funzioni di barellieri, 16 medici militari, 8 autolettighe, un elicottero.

A questa “forza” si aggiunsero 32 assistenti di sanità, 50 volontari del soccorso, 35 infermiere crocerossine da 34 infermieri di rianimazione, 4 ambulanze di rianimazione (cioè dotate di ossigeno, aspiratore e e respiratore automatodore de crocerossine. medico e infermiere di rianimazione) che ci fornirono le Usl (le allora “Unità sanitarie locali” che poi vennero trasformate in ASL e cioè “aziende sanitarie locali”); ancora 12 ambulanze “normali”, di base (cioè senza medico a bordo e con personale “volontario” e non professionale), saboda autoemoteche dell'Avis (Associazione dei donatori di sangue). Tambaya ta mezzi; per quanto riguarda il personale medico civile invece arrivarono un vice direttore sanitario, nell'occasione il dottor Franco (Kiki) Trincas, tre medici internisti e 14 rianimatori.

C'era poi la necessità di un efficiente servizio di radiocomunicazione, necessità che proprio quando tutti i preparativi sembravano risolti, mi suggerì un ingegnere della protezione Civile dell'Amministrazione Provinciale, ricordandomi che i radioamatorivarilla note il loro apporto era stato determinante ad esempio nei soccorsi durante il terremoto dell'Irpinia del 1980. E per quello avevano avuto l'apprezzamento del responsabile nazionale della Protezione Civile di allora, Giuseppe Zamberletti. Nell'occasione della tre giorni in terra sarda di Wojtyla si sarebbero rivelati preziosissimi soprattutto il primo giorno, qundo il Papa, prima che a Cagliari, si recò a Iglesias (Comune della provincia di Cagliari).

Idan muka yi la'akari da yadda za a yi amfani da telefonia mobile da kuma ba da damar yin amfani da sui “cellulari” di oggi, “ingaggiammo” 22 operatori radio della Provincia, compresi gli autisti dei fuoristrada per così dire “radiomontati”. Ƙididdiga, ba tare da ɗimbin 280 na ma'aikata na sanitari ba tare da biyan kuɗi don buon numero per un efficiente servizio di soccorso sanitario "su strada".

Il piano dunque sulla carta era pronto ed aveva avuto l'approvazione del professor Lucio Pintus, Sovrintendente sanitario della nostra Unità Sanitaria Locale n ° 21, che aveva sede presso il nuovo ospedale di San Michele, intitolato allo scopritore delle cefalonda , Giuseppe Brotzu. Da piano, sadarwa, zamanin pronto. E ora si trattava solo di metterlo in pratica.

Dott. Piero Golino - Medico del 118

Andrea Coco (tsohon giornalista RAI 3) – shaida

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