COVID-19, secondo l'Università di Stanford i raduni di Trump hanno causato 700 morti e 30mila Covid+ / PDF DELLO STUDIO

COVID-19, Trump “vettore” della diffusione del coronavirus? Un lavoro di quattro professori (Bernheim B. Douglas, Buchmann Nina, Freitas-Groff Zach e Otero Sebastián), pubblicato sulla rivista dell’ateneo, ha calcolato in 700 morti e 30mila infezioni la conseguenza di 18 raduni elettorali della campagna per le presidenziali di Donald Trump.

In realtà non è una considerazione di tipo etico, riconducibile ad un qualche biasimo rispetto all’uso della mascherina per combattere la diffusione del coronavirus, ma l’applicazione di un modello statistico per estrapolare i dati poi riportati nelle conclusioni.

COVID-19, il working paper dell’Università di Stanford sui raduni elettorali di Trump

I ricercatori di Stanford, guidati dal professor B. Douglas Bernheim, presidente del dipartimento di economia dell’Università, hanno condotto quella che viene definita analisi di regressione.

Hanno confrontato le 18 contee in cui il signor Trump ha tenuto i raduni con ben 200 contee con demografia simile e curve simili di casi confermati di Covid-19 prima della data del raduno.

Gli eventi si sono svolti dal 20 giugno al 12 settembre; solo i primi due – a Tulsa, Okla., e Phoenix – si sono svolti al coperto.

Il presidente ha tenuto oltre trenta raduni simili, nel periodo in cui lo studio si è concluso, a settembre.

I ricercatori hanno concluso che i casi confermati, nel periodo successivo agli eventi, hanno determinato un balzo di casi confermati di oltre 250 unità ogni 100mila abitanti.

Secondo il loro calcolo statistico, che è articolato ma che produciamo per completezza di informazione nella sua forma integrale in coda all’articolo, i raduni hanno, citando il testuale, “probabilmente portato a più di 700 morti”, che però non necessariamente si sarebbero verificate tra i partecipanti stessi.

Volendola riassumere grossolanamente: se io so che il tasso di contagiosità del coronavirus “senza barriere” (visiera, mascherina e via dicendo) è X e so con quale percentuale esso può essere portato in casa o comunque a soggetti terzi, talvolta fragili (i propri genitori), ne posso ricavare un dato numerico.

Le variabili sono molte di più, ma lo studio è corposo ed esige una certa sintesi.

Il grande dibattito negli USA sugli effetti COVID-19 dei raduni pro Trump

I funzionari della sanità pubblica negli stati e nelle contee in cui il signor Trump ha tenuto dei comizi questa settimana hanno detto nelle interviste di questa settimana che era impossibile collegare particolari infezioni o epidemie ai raduni per diversi motivi: il carico di lavoro è in aumento su tutti i fronti, i partecipanti ai raduni spesso viaggiano da altre località, la ricerca dei contatti non è sempre completa e i tracciatori di contatti non sempre sanno dove sono state le persone infette.

Judd Deere, un portavoce della Casa Bianca, ha liquidato lo studio come “un modello politicamente guidato basato su ipotesi errate e destinato a far vergognare i sostenitori di Trump”.

Lo studio è un “working paper” e non è stato ancora sottoposto a peer review, ha detto il professor Bernheim in un’intervista di sabato.

In tutto il paese, i funzionari statali e locali della sanità pubblica hanno anche molto dibattuto sulla questione se i comizi del signor Trump siano diventati i cosiddetti eventi superspreader.

Con migliaia di persone radunate in ambienti ravvicinati, molte delle quali non indossano maschere, i raduni forniscono un ambiente fertile per la diffusione del virus.

In Minnesota, per esempio, i funzionari statali hanno rintracciato 16 infezioni da coronavirus e due ricoveri ospedalieri a un raduno di Trump il 18 settembre nella città di Bemidji, nella contea di Beltrami.

L’avversario democratico di Trump, Joseph R. Biden Jr., che indossa maschere e incoraggia i suoi sostenitori a farlo, ha tenuto il suo evento di campagna quello stesso giorno a Duluth; il risultato è stato un’infezione da coronavirus, ma nessun ricovero.

Ma Doug Schultz, un portavoce del Minnesota Department of Health, ha detto che la piena estensione della diffusione che era risultata da quei casi era difficile da quantificare, perché molte persone che sviluppano il Covid-19 sono asintomatiche o hanno sintomi lievi e non cercano cure, e anche coloro che risultano positivi potrebbero non rispondere alle richieste di contatto.

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Per approfondire:

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Fonte dell’articolo:

Articolo pubblicato sulla rivista della Stanford University

The New York Times

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